Accolgo questo premio con felicità e tristezza

10 Maggio 2018

© Hussein Tallal

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Questa è la traduzione del messaggio inviato da Mahmoud Abu Zeid, fotoreporter egiziano in carcere dall’agosto 2013 solo per aver fatto il suo lavoro, alla notizia che l’Unesco gli ha conferito un premio per la libertà di stampa.

Sono seduto accanto al mio compagno di cella, nessun pensiero per la mente. Le solite cose quotidiane, noiose.

A un certo punto la radio dice che il ministro degli Esteri egiziano si è rammaricato perché l’Unesco mi ha dato il premio per la libertà di stampa.

Provo due sentimenti: felicità e tristezza.

Sono felice che l’Unesco abbia avuto fiducia in me, che mi abbia dato il più grande premio al mondo per la libertà di stampa.

E sono triste perché i miei compatrioti, con cui condivido il colore della pelle, siano rammaricati di questo.

Purtroppo, a loro non basta mai. Mi hanno diffamato, degradato, definito un “criminale”, “un terrorista”, “uno al soldo del Qatar” anche se in realtà sono nato e cresciuto in Kuwait.

La mia professione non conosce il terrorismo e il crimine: consiste nel dare voce a chi non ha voce.

Lasciamo che il ministro degli Esteri ripeta quello che dice il ministro dell’Interno.

Alcuni cantano, altri suonano. Va così.

Distorsioni!

 

Ma come?

Non basta la legge a regolare le nostre relazioni e le nostre vite?

Dato che io per la legge sono innocente – e questo è un principio: l’imputato è innocente fino a quando non si dimostra che è colpevole – come mai le autorità mi giudicano prima del processo?

E se alla fine venissi assolto? Oppure il loro è un passo preventivo per influenzare la decisione del tribunale?

Buio.

E ingiustizia!

 

Come può uno stato – o un “quasi stato”, come sostiene il presidente – pretendere che la legge sia rispettata quando è il primo a violarla?

Perché i miei colleghi giornalisti ripetono quello che le autorità dicono di me, anche se un mese fa il Sindacato dei giornalisti mi ha premiato?

Contraddizioni!

 

Voglio ringraziare la direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, che originariamente era una fotografa, e il segretario dell’organizzazione per avermi premiato.

Desidero estendere i ringraziamenti anche all’International Press Institute per avermi candidato al premio.

Così come ringrazio i miei mentori e i miei colleghi che mi sostengono e che credono alla mia innocenza sin dal giorno del mio arresto.

Baci alla mia famiglia, al mio amore e ai miei amici.

Dedico questo premio a Radwa e Gad.

Saluti!