Foto del governo italiano
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Il governo italiano ha annunciato che sono diventati operativi i due Centri per le persone migranti costruiti dall’Italia in Albania, segnando così l’avvio del piano concordato nel Protocollo Italia-Albania firmato nel novembre 2023. Nelle strutture di Shengjin e Gjader verranno vagliate, sul suolo albanese ma sotto giurisdizione italiana ed europea, le richieste di asilo delle persone migranti, e verranno trattenute le persone in attesa di espulsione e rimpatrio, con un’applicazione extraterritoriale della detenzione amministrativa.
FIRMA L’APPELLO “NOI STIAMO CON I RIFUGIATI”
Amnesty International Italia ha ribadito forte preoccupazione riguardo alle possibili violazioni dei diritti umani legate alle misure previste dal Protocollo, in particolare per quanto riguarda il trattenimento generalizzato, la detenzione automatica e le operazioni di ricerca e soccorso in mare, ritenendole una violazione, da parte dell’Italia, dei suoi obblighi internazionali. Tali misure, le cui conseguenze gravano soprattutto su persone razzializzate, si inscrivono nel modello di esternalizzazione alla base delle politiche non solo nazionali, ma anche europee, messe in atto con accordi bilaterali come il Protocollo Italia-Albania, il MoU Ue-Tunisia e Italia-Libia. Già mesi fa Amnesty International Italia aveva segnalato i rischi legati al rispetto dei diritti umani, in un’analisi pubblicata lo scorso gennaio:
L’accordo potrebbe prolungare i tempi di sbarco per le persone soccorse in mare da navi delle autorità italiane, portandole in Albania anziché nei porti più vicini. Questo allungamento dei tempi di navigazione rischia di aumentare le sofferenze dei naufraghi, come conseguenza dei pericolosi viaggi che intraprendono in assenza di canali regolari e sicuri, e potrebbe costituire una violazione degli standard internazionali di ricerca e soccorso, in particolare del dovere di sbarcare le persone nel primo porto sicuro.
Il Protocollo non contiene disposizioni chiare su come verranno identificate le persone vulnerabili, come i minori o le donne in gravidanza, né sul luogo dove avverrà tale identificazione – se a bordo delle navi o a terra. La mancata chiarezza su questi aspetti potrebbe comportare che individui vulnerabili subiscano detenzione automatica e prolungata, in violazione dei loro diritti, secondo le leggi italiane e internazionali.
L’accordo prevede la detenzione automatica di chi viene trasferito in Albania, incluso chi richiede asilo. La detenzione generalizzata, che può durare fino a 18 mesi, è una misura arbitraria e quindi illegale. Secondo il diritto internazionale, la detenzione deve essere un’eccezione, non una norma, e deve essere convalidata dal giudice sulla base di valutazioni individuali, come riportato anche nel report “Libertà e dignità: osservazioni sulla detenzione amministrativa delle persone migranti e richiedenti asilo in Italia”, pubblicato lo scorso luglio da Amnesty International Italia.
Le persone detenute in Albania potrebbero affrontare ostacoli nell’accesso ai ricorsi legali a causa delle difficoltà logistiche e burocratiche legate alla distanza. La mancanza di meccanismi chiari per la liberazione delle persone vincenti nei ricorsi potrebbe prolungare ulteriormente la loro detenzione. Inoltre, la detenzione potrebbe persistere anche dopo la decisione giudiziaria, a causa del tempo necessario per organizzare il trasferimento in Italia.
L’ubicazione dei centri in Albania potrebbe compromettere l’accesso effettivo alle procedure di asilo e all’assistenza legale, riducendo le garanzie per i richiedenti asilo. La distanza tra i centri e le autorità italiane potrebbe inoltre portare a discriminazioni tra chi fa domanda di asilo in Albania e chi in Italia, minando il principio di equità delle procedure di asilo.