Afghanistan, quando fare il giornalista è un atto di coraggio

3 Maggio 2018

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In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, Amnesty International onora la memoria dei 10 giornalisti uccisi a Kabul, capitale dell’Afghanistan, il 30 aprile, il giorno più sanguinoso per la stampa locale dal 2001.

Fare il giornalista in Afghanistan è un atto di coraggio: significa subire minacce, intimidazioni e atti estremi di violenza per il mero fatto di svolgere il proprio lavoro. Proprio quando in molti hanno distolto l’attenzione da quanto accade nel paese, spetta a loro denunciare le ingiustizie e dare voce alle vittime.

Nove dei giornalisti uccisi a Kabul erano accorsi sul luogo di un attentato avvenuto minuti prima. Un secondo attentatore, esibendo un falso tesserino da collega, si è fatto strada verso la folla azionando il detonatore e facendosi esplodere.

Due crimini di guerra nel giro di pochi istanti, seguiti dall’uccisione di un decimo giornalista, Ahmad Shah, corrispondente per il servizio afgano della Bbc, avvenuto nella provincia di Khost.

Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti dell’Afghanistan, dal 2001 almeno 80 operatori dell’informazione hanno perso la vita nello svolgimento del loro lavoro.

Uno dei 10 giornalisti assassinati era il leggendario fotografo dell’Afp Shah Marai. Padre di sei figli, la più piccola dei quali era nata appena due settimane prima, aveva scattato immagini tragiche e toccanti sui luoghi di altri attentati.

Un altro era Yar Mohammad Tokhi, dell’emittente televisiva Tolo TV, fieramente indipendente. Doveva sposarsi 30 giorni dopo.

Mahram Durani, produttrice e conduttrice di radio Salam Watandar, faceva parte della nuova generazione di giornaliste afgane. Ebadullah Hananzai era un altro giornalista radiofonico, presso Radio Azadi, così come Sabawoon Kakar. Ghazi Rasooli lavorava per 1TV e Nowroz Ali Rajabi era un cameraman della stessa emittente. Saleem Talash e il cameraman Ali Saleemi lavoravano a Mashal Tv.

Ogni anno, negli ultimi quattro, oltre 10.000 persone sono state uccise o sono rimaste ferite in attacchi che hanno colpito tutto l’Afghanistan, ma soprattutto la capitale Kabul. In molti casi si è trattato di vigliacchi crimini di guerra commessi dai gruppi di opposizione, anche se pure le forze governative hanno fatto vittime civili.

Nello stesso periodo, diversi paesi europei hanno costretto al rimpatrio forzato migliaia di richiedenti asilo afgani, in violazione del principio di non respingimento. La scorsa settimana, la Turchia ha annunciato l’intenzione di rimpatriare 10.000 afgani nel giro di poche settimane.