Ahmadreza Djalali e la condanna a morte infinita: l’intervista alla moglie Vida

14 Gennaio 2022

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Sono passati quasi sei anni da quando Ahmadreza Djalali è stato incarcerato, sei anni di torture, violenze e soprusi.

In soli 180 cm x 180 cm, Ahmadreza è rimasto per molte settimane in uno spazio angusto, senza finestre, mobili, con sole tre vecchie coperte usate come materasso e riparo dal freddo. Insieme a lui, solo scarafaggi e formiche.

Oggi 14 gennaio Ahmadreza compie 50 anni, l’ennesimo compleanno che passerà da solo. Per l’occasione abbiamo parlato con sua moglie Vida, che ci ha raccontato cosa sta succedendo in questi ultimi mesi.

Vorrei ringraziare Amnesty International e tutti gli italiani e italiane che hanno sostenuto Ahmadreza negli ultimi sei anni. Ad oggi Ahmadreza è ancora nel reparto quattro della prigione di Evin, Teheran.

Da quanto tempo Djalali è in prigione? Rischia l’esecuzione?

È in carcere da cinque anni e nove mesi. Durante questo interminabile periodo, ha trascorso quasi un anno in isolamento. Il rischio di esecuzione è alto e viene spesso minacciato dai funzionari di essere messo a morte se l’Unione europea continua a rifiutare le richieste dell’Iran.

Quali sono le sue condizioni di salute?

Non abbiamo più contatti telefonici con lui da oltre 15 mesi. Abbiamo saputo da contatti informali che la sua condizione di salute, sia fisica che mentale, si è deteriorata ulteriormente. È in pessime condizioni.

Soffre di numerose malattie come anemia, gastrite, calcoli alla cistifellea, paralisi locale. Ha perso più di 20 kg da quando è stato arrestato. Soffre anche di insonnia, ansia, attacchi di panico e grave depressione.

La sua situazione psicologica è peggiorata dopo la morte di sua madre. I funzionari non gli hanno permesso né di parlare né di incontrarla in ospedale, né di salutare le sue esequie.

Come vivete questa situazione?

Io e i bambini pensiamo sempre ad Ahmadreza. Mio ​​figlio piccolo chiede di suo padre ogni giorno. Viviamo dei suoi ricordi e non vediamo l’ora di vederlo di nuovo a casa.

Perché è stato arrestato?

Anni fa, Ahmadreza è stato invitato a un ciclo di conferenze da alcuni centri studi iraniani e una volta attivato in Iran è stato arrestato. Come sappiamo, in precedenza aveva già rifiutato l’offerta degli agenti dell’intelligence iraniana di spiare le infrastrutture europee. Gli ha risposto che “Io sono uno scienziato, non una spia”. Inoltre, ha rifiutato la proposta di tornare in Iran e lavorare al sistema e ai progetti militari.

Ha trascorso sette mesi in isolamento, subendo gravi torture, per convincerlo a confessare ciò che gli investigatori dell’intelligence avevano fabbricato. È stato condannato a morte dopo due udienze in un processo iniquo che in totale è durato solo due ore e mezzo! Nessun avvocato, nessun documento e nessun confronto. Tutto era segreto e insolitamente immediato.

Ahmadreza ha riportato numerose prove documentali sulla sua innocenza, ma tutte ignorate dal “giudice dell’esecuzione” Salavati. Il suo nome è presente in molti rapporti che accertano le violazioni dei diritti umani dell’Iran, perché ritenuto responsabile, insieme ad altri giudici, di aver condotto processi iniqui e ingiusti.

Il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, gli esperti e il gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria hanno ufficialmente sostenuto l’innocenza di Ahmadreza e hanno chiesto al governo iraniano di rilasciarlo immediatamente. Anche Amnesty International, il parlamento dell’UE e altre personalità giuridiche hanno sottolineato l’innocenza di Ahmadreza e hanno chiesto il suo rilascio immediato.

Come hai fatto a vivere questi cinque anni lontani da tuo marito?

È il momento più difficile della mia vita e dei miei figli, quasi sei anni senza Ahmadreza. Siamo sottoposti a forti pressioni psicologiche, fisiche e persino economiche. Non abbiamo una vita normale: solo tristezza, non riusciamo a goderci la vita e pensiamo continuamente alla sua situazione in carcere.

Personalmente, soffro di molteplici problemi fisici e mentali da sei anni a causa dell’enorme pressione mentale e sociale.

Come vivono questa situazione i vostri figli?

Ai bambini manca molto il padre. Mio figlio piccolo è sempre depresso, ha un rendimento scolastico basso e ha perso un anno di scuola a causa di alcuni disturbi mentali, conseguenza della situazione che si trova a vivere da ormai troppi anni.

Qual è il ruolo dell’Italia in tutto questo?

Voglio ricordare che Ahmadreza è residente in Italia e studioso dell’Università del Piemonte Orientale dal 2012. Ahmadreza era idoneo e aveva deciso di diventare cittadino italiano. Dopo il suo arresto, il comune di Novara lo ha nominato “cittadino di Novara”.

Il parlamento dell’Ue ha presentato una mozione e ha approvato all’unanimità una risoluzione sul “caso di Ahmadreza Djalali in Iran” in cui chiedeva a tutti i paesi e alle autorità europee di agire per il suo rilascio, chiedendo persino sanzioni contro le entità iraniane coinvolte nel suo arresto e detenzione.

Nonostante le richieste dei nostri figli, insieme a numerosi attivisti ed enti italiani per i diritti umani, in particolare università, studiosi, politici, senatori e Amnesty International, purtroppo il governo italiano non ha risposto alla nostra richiesta di aiuto di salvare e liberare Ahmadreza, di agire diplomaticamente e dargli la cittadinanza italiana. L’ambasciatore italiano a Teheran non ha accettato di incontrare l’avvocato e la famiglia di Ahmadreza, nonostante la sua grave situazione.

Chiediamo al governo italiano di agire per far rilasciare Ahmadreza il prima possibile. L’Italia ha un buon rapporto con l’Iran e può certamente aiutare Ahmadreza.

Le nostre richieste 

Fin dal primo giorno, abbiamo chiesto alle autorità iraniane di rilasciare immediatamente Ahmadreza Djalali, lanciando un appello che ha raggiunto oltre 240.000 firme. In più occasioni, siamo scesi in piazza con attivisti e attiviste di tutta Italia per chiedere la sua liberazione.

Ahmadreza è innocente e deve essere liberato immediatamente, perché questo incubo non duri un giorno di più.