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Le autorità algerine hanno lanciato un discriminatorio giro di vite che nel corso delle ultime tre settimane ha determinato l’arresto e l’espulsione forzata verso il Niger e il Mali di oltre 2.000 migranti provenienti da vari paesi dell’Africa subsahariana, tra cui oltre 300 minori almeno 25 dei quali non accompagnati.
La campagna repressiva è scattata il 22 settembre, quando la polizia e la gendarmeria hanno iniziato a effettuare arresti ad Algeri e nei suoi sobborghi. Gli arresti sono stati eseguiti sulla base del profilo razziale, senza cercare di verificare attraverso passaporti e altri documenti se i migranti avessero diritto di stare nel paese. Alcune delle persone poi espulse erano migranti irregolari, altri avevano dei regolari permessi di soggiorno.
“Non esiste alcuna giustificazione per rastrellare ed espellere centinaia di persone sulla base del colore della loro pelle o del loro presunto paese di origine: si tratta di un caso eclatante di profilazione razziale“, ha dichiarato in una nota ufficiale Heba Morayef, direttrice delle ricerche sull’Africa del Nord di Amnesty International.
L’ultima ondata di arresti ed espulsioni ha avuto luogo poche settimane dopo che, ad agosto, un migliaio di persone, per lo più nigerine, erano state espulse in Niger. Altri arresti erano avvenuti nelle prime settimane di settembre. Ancora prima, a luglio, il ministro degli Affari esteri algerino aveva dichiarato che il massiccio afflusso di migranti in Algeria era gestito dalla criminalità organizzata mentre il capo del Gabinetto della presidenza della Repubblica aveva additato i migranti come responsabili di reati e di traffici illeciti, tra cui quello di droga.
“Il numero degli arresti arbitrari e delle espulsioni sommarie e di massa delle ultime settimane rivela l’atteggiamento profondamente discriminatorio delle autorità algerine nei confronti dei migranti provenienti dai paesi dell’Africa subsahariana. Gli arresti e le espulsioni devono cessare immediatamente“, ha proseguito Morayef.
A livello di opinione pubblica, proliferano sui social media i commenti xenofobi secondo i quali i migranti diffondono l’Hiv e portano via il lavoro agli algerini. A settembre, il ministro dei Trasporti ha emesso un’ordinanza – poi ritirata – per impedire ai migranti irregolari di usare i mezzi pubblici.
Le autorità di Algeri non hanno fornito alcuna motivazione per i recenti arresti. Il 20 ottobre il ministro della Giustizia ha fatto sapere che “l’Algeria non ha chiuso le porte ai migranti stranieri” ma sta lavorando per “proteggere i confini e la sicurezza del paese“.
Dopo aver esaminato filmati e raccolto testimonianze, siamo riusciti a ricostruire cosa è accaduto alle persone arrestate ed espulse. I nostri ricercatori hanno anche intervistato alcuni dei migranti dopo l’arresto e l’espulsione nonché personale di organizzazioni umanitarie locali e internazionali in Algeria, Niger e Mali.
Tre persone hanno denunciato di essere state picchiate al momento dell’arresto e una volta in stato di detenzione e di essere state private delle cure mediche.
Centinaia di migranti arrestati il 22 settembre sono stati trattenuti dalla gendarmeria in un campo della Croce rossa algerina situato a Zeralda, 30 chilometri fuori da Algeri. Per due notti i migranti sono stati costretti a dormire sul pavimento senza materassi né coperte e sono stati alimentati a pane e margarina senza ricevere acqua e senza poter parlare con le rappresentanze consolari.
Sempre il 22 settembre, l’International Rescue Committee del Niger ha denunciato l’arrivo nel paese, esattamente ad Agadez, di oltre 600 migranti tra cui cittadini del Niger, della Guinea, del Burkina Faso e del Benin: tra loro, 100 donne e 200 minori.
Il 28 settembre oltre 350 migranti sono stati trasferiti di notte in un campo della gendarmeria di Tamanrasset, nell’Algeria meridionale. In seguito sono stati portati nella città di confine di In Guezzam e da lì portati dalle forze di sicurezza algerine ad Assamaka, sul lato nigerino della frontiera. Il loro viaggio è terminato ad Agadez.
Secondo l’ufficio nigerino dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, al 30 settembre ad Assamaka erano arrivati 357 migranti originari di Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Burkina Faso, Nigeria, Niger, Liberia, Camerun e Sierra Leone.
In una seconda ondata di arresti, il 2 ottobre, sono stati coinvolti oltre 500 migranti, per lo più impiegati nel settore delle costruzioni. Dopo essere stati trattenuti a Zeralda per tre giorni, sono stati trasferiti a Tamanrasset e poi a In Guezzam: circa 100 sono stati obbligati ad attraversare il confine e hanno camminato sei ore nel deserto prima di arrivare ad Assamaka, mentre altri sono stati abbandonati dalle autorità algerine sul lato nigerino della frontiera.
Arresti ed espulsioni sono proseguiti nelle ultime due settimane ad Algeri e a Blida: altri 500 migranti sono stati portati a Tamanrasset il 13 ottobre. L’International Rescue Committee del Niger ha segnalato ad Amnesty International l’arrivo di oltre 200 persone il 15 ottobre, di oltre 300 il 18 ottobre (tra cui oltre 90 minori, alcuni dei quali non accompagnati), e di 450 il 22 ottobre. Ulteriori 500 migranti dovrebbero arrivare ad Agadez il 25 ottobre.
Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati almeno due persone hanno presentato domanda d’asilo in Niger dopo l’espulsione dall’Algeria.
Fonti locali hanno riferito che gli arresti proseguono e che centinaia di persone sono trattenute nel campo di Zeralda in attesa di essere trasferite a Tamanrasset.
Le organizzazioni della società civile del Mali hanno fatto sapere che le autorità algerine hanno espulso migranti anche verso quel paese, soprattutto attraverso il passaggio di frontiera tra il villaggio di In Khalil (in Mali) e la città di Bordj Badji Mokhtar (nell’Algeria sudorientale). Non è chiaro il loro numero anche se nelle ultime due settimane è stato segnalato l’arrivo di almeno 100 persone di nazionalità diverse, bambini compresi. Alcune presentavano sintomi di disidratazione.
Sulla base degli standard internazionali, nessuno può essere sottoposto a espulsione forzata verso un paese senza avere l’opportunità di contestare il provvedimento d’espulsione. Inoltre, nessuno deve essere rinviato in un paese dove potrebbe correre il rischio di subire gravi violazioni dei diritti umani.
“Invece di calpestare i diritti dei migranti ed eseguire espulsioni di massa, le autorità algerine dovrebbero cercare di contrastare la discriminazione razziale e i discorsi d’odio contro le persone provenienti dall’Africa subsahariana e promuovere riforme di legge in favore del diritto dei migranti di rimanere nel paese“, ha aggiunto Morayef.
Dal 22 settembre, una quindicina di rifugiati e richiedenti asilo che figuravano tra gli arrestati sono stati rilasciati dopo l’intervento dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati.
L’Algeria è stato parte della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei componenti delle loro famiglie, che vieta le espulsioni collettive dei lavoratori migranti e delle loro famiglie a prescindere dal loro status e prevede che ogni caso di espulsione sia esaminato individualmente. Le espulsioni di massa di cittadini stranieri sono proibite anche dall’articolo 12 della Carta dell’Unione africana dei diritti umani e dei popoli, ratificata dall’Algeria.
Non è la prima volta che l’Algeria effettua espulsioni di massa senza un giusto processo. Nel dicembre 2016, secondo Human Rights Watch, oltre 1400 migranti subsahariani erano stati arrestati e diverse centinaia di loro successivamente espulsi verso il Niger. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, tra di loro c’erano almeno sette richiedenti asilo della Repubblica democratica del Congo. Le autorità algerine avevano giustificato le espulsioni citando l’accordo di cooperazione bilaterale firmato due anni prima col Niger.
Dal 2014, secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni, l’Algeria ha rimpatriato oltre 18.000 nigerini verso il loro paese.
Le espulsioni di massa senza giusto processo violano sia gli standard internazionali che la legge 08-11 approvata dal parlamento algerino nel 2008.
Sebbene sia uno stato parte della Convenzione delle Nazioni Unite sullo status di rifugiato, l’Algeria continua a essere priva di una legge sull’asilo e offre insufficiente protezione ai rifugiati e ai richiedenti asilo registrati dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati presenti nel paese. In Algeria manca anche un quadro legale di riferimento per i lavoratori migranti e la stessa legge 08-11 considera l’immigrazione irregolare come un reato punibile con un massimo di cinque anni di carcere.