Arabia Saudita, esecuzione di massa di 81 prigionieri

15 Marzo 2022

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L’esecuzione di 81 prigionieri, avvenuta il 13 marzo, rappresenta un allarmante aumento dell’uso della pena di morte in Arabia Saudita, dove dall’inizio del 2022 le condanne a morte eseguite sono state già 92.

In Arabia Saudita c’erano già state esecuzioni di massa, ma sempre di dimensioni inferiori: 39 nel 2019 e 47 nel 2016, tra cui il noto sceicco sciita Nimr al-Nimr.

Secondo quanto riferito dal ministero dell’Interno, le 81 persone messe a morte – 73 sauditi e otto stranieri – erano state condannate per un’ampia serie di reati, tra cui omicidio, rapina a mano armata, traffico di armi, terrorismo, “danno al tessuto sociale e alla coesione nazionale” e “partecipazione e incitamento alla partecipazione a sit-in e proteste”.

“Queste esecuzioni sono tanto più allarmanti se si considera il sistema giudiziario saudita, che consente di emettere condanne a morte a seguito di processi gravemente irregolari e basati su ‘confessioni’ estorte con la tortura”, ha dichiarato Lynn Maalouf, vicedirettrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International.

Secondo le informazioni in possesso di Amnesty International, due degli 81 prigionieri messi a morte erano stati condannati per aver preso parte a proteste violente contro il governo.

Uno di loro era Mohammad al-Shakouri, condannato a morte dal Tribunale penale speciale – l’organo giudiziario che si occupa dei casi di terrorismo – il 21 febbraio 2021. Dopo l’arresto non aveva mai potuto incontrare un avvocato. In tribunale, aveva denunciato di essere stato torturato a tal punto da aver perso la maggior parte dei denti.

Secondo Amnesty International, almeno altre 30 persone sono in attesa dell’esecuzione dopo condanne emesse al termine di processi iniqui.

Tra loro c’è Abdullah al-Huwaiti, quattordicenne all’epoca del reato, già condannato a morte con pena poi commutata ai sensi di un decreto reale del 2020 e nuovamente processato e condannato a morte per omicidio e rapina a mano armata.

Alla fine di marzo riprenderà il processo nei confronti dell’accademico Hassan al-Maliki, che deve rispondere di 14 imputazioni tra cui “offesa alle autorità”, “offesa all’alto consiglio degli eruditi”, “interviste a quotidiani occidentali e altri organi d’informazione ostili”, “scrittura di numerosi libri e di documenti di ricerca e loro pubblicazione fuori dal Regno” e “possesso di 348 libri non autorizzati dalle autorità competenti”.