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“Per ben cinque volte gruppi di attivisti sostenuti dal governo mi hanno picchiato brutalmente in strada. Ho dovuto lasciare tutto per avere una vita normale“
Soldado Kowalisidi è un attivista trans e intersessuale che ora vive in Ucraina. In Siberia ha dovuto subire violenze e pressioni esclusivamente per le sue scelte sentimentali.
Nel 2016 si è lasciato tutto alle spalle, compresa la sua casa, a causa delle persecuzioni che quotidianamente viveva come transessuale in Russia e ha deciso di provare ad avere una vita normale in Ucraina.
Gli attacchi contro le persone Lgbti in Russia sono fin troppo comuni, uno degli esempi più recenti è il rapimento e la tortura di molti omosessuali nella Repubblica cecena.
E anche Soldado non ha fatto eccezione subendo numerosi attacchi che lo hanno costretto a lasciare tutto: famiglia, affetti, lavoro.
“In Russia, un paese ben noto per le sue politiche anti-Lgbt, il mio attivismo ha avuto le sue sfortunate conseguenze. Cinque volte sono stato brutalmente picchiato per strada. Durante uno di questi pestaggi un agente di polizia ha guardato la scena ma non ha fatto nulla per fermare l’aggressore. Quando ho provato a presentare una denuncia alla polizia, l’hanno respinta, rivolgendomi frasi come ‘Ti fa bene’“.
Soldado continua il suo attivismo in Ucraina, trovando il tempo anche per fare volontariato per Amnesty International. Qui ha incontrato e sposato il suo compagno e ha creato una casa felice.
Ma il governo ucraino ora respinge la sua richiesta di asilo e minaccia di riportarlo in Russia: sembra che i suoi problemi non siano finiti.
“Qui ho trovato famiglia, amici e alleati. Cerco di offrire qui le mie conoscenze sull’Unione Europea, la mia capacità di parlare sette lingue e l’esperienza nella formazione ai diritti umani. Voglio usare le mie risorse per far crescere Ucraina. Voglio costruire una vita e un futuro qui“, spiega Soldado.
“Sfortunatamente, non la vede allo stesso modo il Servizio Migrazione dell’Ucraina. A novembre, mi è stato negato lo status di rifugiato e ora sto facendo appello al tribunale. Secondo il servizio di migrazione, non sarei in pericolo se dovessi tornare in Russia. Non mi credono. Il solo pensiero mi provoca un attacco di panico”.
In Russia come in Indonesia, le persecuzioni verso le persone Lgbti sono all’ordine del giorno.
Il 27 gennaio 2018, ad Aceh, 12 donne transgender sono state arbitrariamente arrestate, umiliate pubblicamente e picchiate.
Attualmente è in corso un’indagine interna da parte della polizia regionale di Aceh per verificare la cattiva condotta del capo della polizia della zona nord di Aceh.
Firma ora l’appello per chiedere alle autorità indonesiane di assicurare un’indagine indipendente, imparziale ed efficiente affinché i colpevoli siano portati davanti alla giustizia e assicurare alle vittime un risarcimento totale e una effettiva protezione.