Cina, la comunità internazionale condanni le atrocità nello Xinjiang

11 Ottobre 2021

Tempo di lettura stimato: 4'

Forte del sostegno di 323.832 persone di 184 stati – tra cui l’Italia – e territori che hanno sottoscritto la sua petizione globale, Amnesty International ha sollecitato, con una lettera aperta alle Nazioni Unite, la comunità internazionale a condannare fermamente le gravi violazioni dei diritti umani in corso nella Regione autonoma uigura dello Xinjiang.

La petizione, chiusa al termine di una campagna lanciata da Amnesty International nel giugno 2021, chiedeva alle autorità della Cina di rilasciare le centinaia di migliaia di donne e uomini di religione musulmana sottoposti a detenzioni arbitrarie, torture e persecuzioni nei campi d’internamento di massa dello Xinjiang.

La campagna ha messo in luce la situazione di 60 persone detenute nei “centri per la trasformazione attraverso l’istruzione”, veri e propri campi d’internamento, o condannate a lunghe pene detentive: una piccolissima parte delle centinaia di migliaia, forse un milione e anche più, di persone che le autorità cinesi hanno arrestato col pretesto di combattere il “terrorismo”.

Amnesty International ha intervistato decine di familiari dei detenuti e ottenuto di recente nuove testimonianze di detenzioni nei campi d’internamento.

Tra queste, quelle riferite a Sadir Ali, arrestato nel 2018 e condannato a 20 anni di carcere per aver digiunato durante il mese sacro di Ramadan, e di Sajidugul ed Erkin Ayup, rispettivamente sorella e fratello, condannati a 12 e 14 anni di carcere per “incitamento al terrorismo”.

Il governo cinese ha manifestato totale indisponibilità a riconoscere la realtà dei campi d’internamento, denunciata nel rapporto pubblicato da Amnesty International nel giugno 2021. Secondo l’organizzazione per i diritti umani l’imprigionamento di massa, la tortura e la persecuzione di uiguri, kazachi e appartenenti ad altre minoranze etniche musulmane nello Xinjiang costituiscono crimini contro l’umanità.

Gli organismi delle Nazioni Unite e gli stati membri sono stati lenti nel rispondere a queste denunce. La sessione annuale del Consiglio Onu dei diritti umani è terminata senza un’azione formale sulle violazioni dei diritti umani in corso nello Xinjiang.

Per questo, Amnesty International sollecita gli stati membri delle Nazioni Unite a unirsi in una ferma condanna e a dar luogo a un robusto meccanismo d’indagine internazionale e indipendente per accertare tutte le responsabilità.

“Nonostante le sempre più numerose prove, emerse negli ultimi quattro anni, di violazioni dei diritti umani e di crimini di diritto internazionale, le Nazioni Unite e i suoi stati membri non hanno chiamato la Cina a rendere conto delle sue azioni. La comunità internazionale deve rendersi conto che la distopica realtà dei campi d’internamento per i musulmani nello Xinjiang non si risolverà da sola. È stato perso già troppo tempo”, ha dichiarato Agnes Callamard, segretaria generale di Amnesty International.