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Amnesty International ha sollecitato le autorità cinesi a rilasciare l’attivista Zhang Zhan, condannata a quattro anni di carcere nel dicembre 2020 per aver indagato sullo scoppio della pandemia da Covid-19 nella città di Wuhan.
Zhan è in sciopero della fame dal giugno 2020. Nei mesi successivi è stata alimentata a forza e tenuta incatenata affinché non potesse rimuovere la sonda per l’alimentazione.
Al processo, non potendo stare in piedi per la debolezza, è arrivata su una sedia a rotelle. Il 31 luglio, a causa della gravità delle sue condizioni di salute, è stata ricoverata in ospedale ma poi rimandata in carcere, dove ha proseguito la protesta. Rischia la morte se non riceverà cure mediche urgenti.
Ex avvocata poi cittadina-giornalista, nel febbraio 2020 Zhan si era recata a Wuhan per indagare sullo scoppio della pandemia. Aveva poi denunciato sui social media le autorità che avevano arrestato reporter indipendenti e avevano intimidito le famiglie dei pazienti contagiati affinché rimanessero in silenzio.
Scomparsa a Wuhan nel maggio 2020, era riapparsa in carcere il mese dopo a Shanghai, incriminata per aver “seminato discordia e causato problemi”.
Dalla fine del processo, Zhan non può parlare con l’avvocato né incontrare i familiari, con i quali le sono concessi rari contatti telefonici sotto sorveglianza.
Il 30 ottobre suo fratello ha scritto su Twitter: “Non credo che vivrà molto a lungo. Se non ce la farà a superare l’inverno, spero che il mondo la ricorderà per ciò che è stata”.