Tempo di lettura stimato: 6'
A oltre 60 anni dalla proclamazione del divieto internazionale di tortura e a più di 40 anni dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, questa atroce pratica resta diffusa in numerosi paesi e, particolare aberrante, strumenti atti a torturare vengono ancora pubblicamente offerti sul mercato e commerciati in tutto il mondo.
Nelle scintillanti fiere delle armi e dei prodotti di sicurezza, i governi esibiscono ai loro stand oggetti il cui unico scopo è di causare dolore e paura.
Negli ultimi anni, il divieto europeo di esportazione ha reso più difficile commercializzarli ma non esiste ancora a livello internazionale il consenso necessario per metterli al bando.
Questa settimana l’Assemblea generale delle Nazioni Unite metterà ai voti una risoluzione per porre fine al commercio di strumenti di tortura. Amnesty International auspica che sia adottata e che vengano rafforzati i blandi controlli che finora hanno permesso a tale commercio di prosperare.
Ecco cinque strumenti di tortura da vietare immediatamente.
Sono utilizzate per “controllare” i detenuti in Sudafrica e in alcuni stati degli Usa. Mediante elettrodi collocati vicino ai reni, rilasciano scariche ad alto voltaggio causando dolori atroci. Spesso sono fatte indossare per parecchie ore al giorno, con la minaccia di essere attivate a distanza. Possono causare debolezza muscolare, minzione e defecazione involontarie, aritmie cardiache, collassi e piaghe sulla pelle.
Vengono prodotte negli Usa, a Singapore, in Cina e in altri paesi. Fornitori sono stati individuati in India e in Israele.
Anche in questo caso, sono prodotti che rilasciano potenti scariche elettriche premendo semplicemente un pulsante. In caso di uso ripetuto, soprattutto sulle parti sensibili del corpo, possono procurare enormi dolori senza lasciare tracce fisiche permanenti. Per questo sono tra gli strumenti preferiti di tortura, tanto che Amnesty International ne ha documentato l’uso in ogni parte del mondo.
Sono prodotti e ampiamente usati in Cina. Un’azienda russa ha commercianti e rappresentanti in Bielorussia, Kazakistan, Ucraina, Uzbekistan, Iran, Israele, Arabia Saudita, Sudafrica e Vietnam. Omega Research ne ha rinvenuto la produzione in diverse aziende che hanno sede nell’Unione europea.
Sono usati in molti paesi, tra cui Kirghizistan, Filippine, Russia e Cina. Tre anni fa, Amnesty International ha raccolto testimonianze di migranti e rifugiati colpiti coi manganelli elettrici all’arrivo in Italia, per costringerli a rilasciare le impronte digitali nelle stazioni di polizia.
Si tratta di manganelli o bastoni dotati di punte acuminate in plastica o metallo che non hanno altro scopo se non infliggere intenzionalmente dolore e sofferenza. Alcuni modelli hanno le punte sparse su tutto il prodotto, altri solo sulla punta.
Il principale produttore di questo strumento di tortura è la Cina.
L’Unione europea ha emesso un divieto, valido per tutti gli stati membri, di importare, esportare o promuovere questi prodotti. Ma ciò nonostante, nel 2017 erano in vendita a Parigi, presso una fiera delle armi, insieme ad altri prodotti illegali.
A usarli sono soprattutto le forze di polizia in Cambogia, Nepal e Thailandia.
Si tratta di strumenti di costrizione che stringono il collo. Alcuni modelli bloccano insieme il collo e i polsi. Sono degradanti e pericolosi e producono molto dolore. La pressione esercitata sul collo può causare soffocamento o danni alla gola.
Le ricerche di Amnesty International e di Omega Research hanno individuato almeno un produttore in Cina, che è il paese che li usa maggiormente.
In queste sedie i detenuti sono bloccati da manette o altri strumenti di costrizione ai polsi, alle spalle, al petto, alle anche, ai gomiti, alle cosce o alla vita.
Sono spesso usate per compiere altre torture, come pestaggi e alimentazione forzata. Se una persona viene lasciata incustodita per lunghi periodi di tempo, questa rischia gravi ferite se non la morte.
Non vi è alcun legittimo uso che le forze di polizia possano rivendicare. Lo stesso risultato, rendere inoffensiva una persona impedendone i movimenti, può essere ottenuto con strumenti meno dannosi.
Di nuovo, la Cina è tra i principali produttori e utilizzatori ma le sedie di contenzione sono prodotte anche negli Usa e ne è stato documentato l’uso nel centro di detenzione di Guantánamo Bay.
Sono usate ancora nelle prigioni per adulti dell’Australia, mentre ne è stato sospeso l’uso nelle carceri minorili dopo che nel 2016 avevano fatto il giro del mondo le sconvolgenti immagini di un minorenne incappucciato e bloccato a una sedia di contenzione nei Territori del Nord.