Con Maysoon e Marjan, accusate di essere scafiste

Illustrazione di Gianluca Costantini

Mentre ricorre il secondo anniversario della morte di Mahsa Jina Amini e della nascita del movimento “Donna Vita Libertà”, due donne iraniane scappate dalla brutale repressione delle autorità stanno affrontando una nuova persecuzione in Italia.

Le chiamano “scafiste”, ma la loro è una storia esemplare di quanto possa essere sommaria l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare.

Maysoon Majidi

Archivio privato

Maysoon Majidi è una regista e attrice curda-iraniana di 28 anni. Dopo aver perso il lavoro a causa del suo impegno sociale, politico e culturale, nel 2023 ha lasciato l’Iran per sfuggire alla soffocante repressione portata avanti dalle autorità. L’ultimo giorno dell’anno Maysoon è approdata sulle coste calabresi lasciandosi alle spalle arresti e detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, torture, violenze, assassinii. Non avrebbe potuto immaginare di piombare subito in un altro incubo: l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare ai sensi dell’art. 12 del Testo Unico sull’immigrazione.

Da luglio Maysoon si trova nel carcere di Reggio Calabria. Si è sempre dichiarata innocente e a maggio scorso ha intrapreso uno sciopero della fame per protestare contro le accuse. La ventisettenne si è rivolta anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In quella lettera Maysoon racconta le sue speranze infrante, ma anche la speranza di ritornare libera:

“Sono venuta in Europa con la speranza di trovare una nuova casa e una nuova vita in una Nazione in cui diritti umani, libertà e dignità dell’individuo hanno valore. Vi prego di non lasciarmi sola. La vostra azione può fare la differenza tra la speranza e la disperazione, tra la libertà e la prigionia.”

 

Marjan Jamali

In una situazione molto simile si trova Marjan Jamali, 29 anni, soccorsa insieme a un altro centinaio di persone dalle autorità italiane a fine ottobre al largo delle coste calabresi.

Archivio privato

Era fuggita con il figlio di otto anni dalla violenza del compagno e dall’oppressione delle autorità iraniane, ma dopo soli due giorni dall’arrivo a Roccella Jonica, il 26 ottobre 2023, Marjan è stata arrestata con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, a seguito delle dubbie dichiarazioni rese da tre uomini iracheni – poi spariti – che si trovavano con lei sulla barca. Questi ultimi sarebbero stati responsabili di un tentativo di stupro nei suoi confronti, per fortuna sventato grazie a un connazionale.

Dopo mesi di carcere e di disperazione, lo scorso maggio a Marjan sono stati concessi gli arresti domiciliari e ha così potuto riabbracciare il figlio. Ora si trova a Camini ospite della cooperativa “Jungi Mundu” in attesa del processo.

 

 

 

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La lettera appello

Amnesty International Italia ha lanciato una lettera appello per fare pressione affinché la normativa italiana in tema di immigrazione venga urgentemente riformata.