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Amnesty International ha sollecitato le autorità egiziane a indagare in tempi rapidi e in modo approfondito e indipendente sulla sparizione forzata per quasi due anni di un neonato e della sua giovane madre e su quella ancora in corso del marito e padre.
Il 9 marzo 2019 uomini dell’Agenzia per la sicurezza nazional – i servizi segreti civili egiziani – arrestarono la docente universitaria Manar Adel Abu el-Naga, 27anni, suo marito Omar Abdelhamid Abu el-Naga, a sua volta 27enne e il piccolo al-Baraa, che all’epoca aveva nove mesi.
Il 20 febbraio 2021, dopo quasi due anni di disperate ricerche e una sentenza del luglio 2019 di un tribunale amministrativo che aveva invano intimato al ministero dell’Interno di fornire informazioni, Manar Adel Abu el-Naga è comparsa di fronte alla Procura suprema per la sicurezza dello stato (la procura che indaga su casi riguardanti la sicurezza nazionale) per essere interrogata sulle accuse di “appartenenza a un gruppo terrorista” e “finanziamento di un gruppo terrorista”, accuse che ha negato.
Come sempre nei casi di sparizione forzata documentati da Amnesty International, la data dell’arresto è stata falsificata e la detenuta ha ricevuto pressioni perché dicesse in Procura che era stata fermata due giorni prima. E come di consueto, sono stati disposti 15 giorni di detenzione preventiva.
Manar Adel Abu el-Naga è stata così trasferita alla prigione femminile di Qanater e da allora nessun familiare è in contatto con lei. Amnesty International chiede che sia rilasciata immediatamente e senza condizioni.
Il piccolo al-Baraa, che ora ha quasi tre anni, è stato affidato ai nonni materni, che non vedeva da quasi due anni. Chi lo ha visto, racconta che il bambino è angosciato, soffre di ansia da separazione e ha bisogno di un’urgente riabilitazione fisica e psicologica. Ha l’aspetto di un bambino che ha passato lunghi periodi senza poter essere adeguatamente lavato e continua a chiedere di “ritornare nella stanza”, ossia nel luogo dove era sottoposto con la madre a sparizione forzata.
Sulla sua pagina Facebook lo zio ha descritto l’impatto devastante che la sparizione forzata ha avuto sulla salute mentale di al-Baraa: “Un bambino che non conosce i suoi parenti e ha paura di loro, abituato solo a vedere persone in uniforme”.
“Le autorità egiziane sono note per far sparire e torturare chi sospettano che le stia criticando o si stia loro opponendo. Ma sequestrare una giovane madre col suo neonato, confinarli per 23 mesi in una stanza senza contatti col mondo e senza protezione della legge supera ogni limite di brutalità”, ha dichiarato Philip Luther, direttore delle ricerche di Amnesty International su Medio Oriente e Africa del Nord.
Il padre del bambino, Omar Abdelhamid Abu el-Naga, continua a essere sottoposto a sparizione forzata, cosa che alimenta timori sulle sue condizioni fisiche e sulla sua stessa vita. Amnesty International ha chiesto alle autorità egiziane di fornire immediatamente informazioni su di lui.