Giappone: tre nuove esecuzioni dopo un’interruzione di quasi due anni

21 Dicembre 2021

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Alla notizia della messa a morte per impiccagione di tre persone la mattina del 21 dicembre in Giappone, Chiara Sangiorgio, esperta di pena di morte di Amnesty International, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“La recente nomina del primo ministro Fumio Kishida avrebbe potuto portare dei progressi sui diritti umani. Ma dopo un’interruzione di due anni, questa decisione segna un’opportunità mancata nell’intraprendere la strada, a lungo attesa, dell’abolizione della pena di morte in Giappone.

Più di 100 paesi nel mondo hanno completamente abolito la pena di morte, e due terzi del totale l’hanno abbandonata nella legge o nella pratica (de facto). Ricorrendo a questa pena crudele e inumana, il Giappone continua a ignorare questa tendenza. È ormai il tempo di stabilire una moratoria su tutte le esecuzioni come primo fondamentale passo”.

Ulteriori informazioni

Le tre impiccagioni di oggiYasutaka Fujishiro, Mitsunori Onogawa e Tomoaki Takanezawa – sono le prime esecuzioni in Giappone dal 2019 e sono anche le prime sotto il primo ministro Fumio Kishida, in carica da ottobre.

Il Giappone fa parte dei pochi paesi che negli ultimi anni ha messo regolarmente a morte delle persone. Amnesty International ha registrato 483 esecuzioni in 18 paesi con l’esclusione della Cina, il dato più basso registrato in almeno un decennio.

Le esecuzioni in Giappone sono avvolte dal mistero: i prigionieri vengono informati solo poche ore prima dell’esecuzione, a volte addirittura non vi è preavviso e le famiglie vengono a sapere dell’esecuzione solo dopo che ha avuto luogo.

Amnesty International ha chiesto a più riprese al Giappone una moratoria ufficiale immediata su tutte le esecuzioni come primo passo verso l’abolizione totale.

Yasutaka Fujishiro aveva ucciso sette suoi parenti nel 2004, Mitsunori Onogawa e Tomoaki Takanezawa erano stati riconosciuti colpevoli di due omicidi nel 2003.

Fujishiro soffriva di un disturbo di personalità ma la corte ha stabilito che poteva essere considerato responsabile delle sue azioni.

Onogawa aveva presentato un secondo ricorso per ottenere un nuovo processo ma quando è stato messo a morte la richiesta ancora non aveva ricevuto risposta.

Takanezawa aveva ritirato un appello presentato dal suo avvocato alla corte suprema. L’avvocato aveva chiesto alla corte di sospendere il ritiro ma la sua richiesta era stata respinta.

L’ultima persona messa a morte in Giappone, nel dicembre 2019, era stato un cittadino cinese riconosciuto colpevole di quattro omicidi.

Amnesty International si oppone alla pena di morte in ogni caso, senza eccezioni, indipendentemente dalla natura e dalle circostanze del reato, la colpevolezza o l’innocenza o altre caratteristiche della persona condannata o dal metodo utilizzato dallo stato per portare a termine l’esecuzione.