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A pochi mesi dalla presentazione dei dati emersi dal secondo Barometro dell’odio, ha preso il via la terza edizione del progetto, il cui focus verterà su genere, identità di genere e orientamento sessuale.
Stando ai dati emersi dal secondo Barometro dell’odio, presentato nel luglio 2019, il tema dei diritti delle donne scatena discorsi d’odio nel 4,2% dei casi, immediatamente dopo i temi relativi a immigrazione e minoranze religiose.
In un caso su tre (oltre il 30%), il tema genera contenuti offensivi e/o discriminatori anche gravi, pur se non costituenti discorso d’odio.
Nelle discussioni online monitorate è stato, inoltre, notato che quasi uno su due commenti e/o risposte degli utenti ai post o tweet sul tema, è offensivo o discriminatorio, con molti degli attacchi di natura sessista.
La nuova edizione del Barometro dell’odio ha come oggetto del monitoraggio i contenuti pubblicati sulle piattaforme social Facebook e Twitter relativi a un campione di personaggi influenti nel panorama nazionale.
Novità di questa terza edizione è l’inclusione, accanto ai politici di spicco dei vari schieramenti politici del panorama italiano, di personaggi del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport, per studiare, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, l’odio online basato su genere, identità di genere e orientamento sessuale.
La rilevazione che durerà quattro settimane e si servirà, come nelle precedenti edizioni, dell’utilizzo di algoritmi per la raccolta dei dati e dell’impegno degli attivisti del territorio, coinvolti nella valutazione dei contenuti e supportati da esperti nell’ambito di hate speech, sarà presentata all’inizio del 2020.
I dati raccolti sono funzionali a un’analisi interdisciplinare volta a contribuire alla riflessione sul fenomeno dell’odio online e allo sviluppo di risposte e strumenti adeguati anche sotto il profilo legislativo.
Diffuso, ma selettivo. Spesso aizzato da un linguaggio al limite dell’incitamento all’odio e alla violenza. Queste le caratteristiche dell’odio online che ha pervaso la campagna elettorale 2019 per il Parlamento europeo.
Più di 1 contenuto su 10 (il 11,5%) dei 100.000 post, tweet e commenti valutati nell’ambito di questo monitoraggio è risultato essere offensivo e/o discriminatorio o hate speech. Limitandoci al solo hate speech incontriamo circa 1 caso ogni 100 contenuti.
Per approfondire consulta il rapporto.
Dall’8 febbraio al 2 marzo 2018, per la prima volta 600 attivisti hanno monitorato i profili social – Facebook e Twitter – di tutti i candidati ai collegi uninominali di Camera e Senato delle coalizioni di Centrosinistra, Centrodestra, del Movimento 5 Stelle e di Liberi e uguali; dei candidati presidenti delle regioni Lazio e Lombardia e dei leader.