Diffuso, perché coinvolge innumerevoli utenti della rete, in qualità di vittime o di perpetratori.
Liquido, perché si propaga con forza in modo rapido e a ampio raggio, difficile da contenere.
Pericoloso, perché il suo sdoganamento è al tempo stesso causa e effetto di un processo di cambiamento culturale che conduce a manifestazioni di discriminazione e intolleranza offline.
Così è l’odio sul web oggi.
Le parole d’odio in rete, il cosiddetto hate speech online, rappresentano un fenomeno esteso e trasversale: colpiscono i più vulnerabili sulla base delle origini, della religione, del genere e dell’identità di genere, dell’orientamento sessuale, delle condizioni socio-economiche, dell’aspetto. A volte sono incitate da politici e personaggi influenti, in altri casi la scintilla è innescata da notizie o fake news.
Quando il livello di odio è già saturo, non c’è neppure bisogno di qualcuno o qualcosa che dia il là alla violenza verbale online.
A un problema così complesso, corrispondono soluzioni altrettanto articolate.
Per questo abbiamo deciso di dare il nostro contribuito per sostenere la battaglia contro l’odio online e promuovere l’inclusione agendo su più campi:
Queste iniziative, combinate tra loro, possono favorire il cambiamento al quale aspiriamo: una rete dove tutti possano esprimere se stessi e le proprie opinioni senza subire abusi.
Anche l’applicazione di strumenti e dispositivi legali adeguati è indispensabile per raggiungere questo scenario: un aspetto essenziale al quale stiamo lavorando costantemente.
Leggi anche la nostra guida per contrastare l’odio online.
Alle piattaforme dei social media chiediamo:
Agli stati membri e alle istituzioni dell’Unione europea chiediamo:
Alle autorità italiane, in aggiunta a quanto sopra, chiediamo:
Il Barometro dell’odio 2023-24 – Delegittimare il dissenso ha come focus il diritto di protesta: come sono raccontate sui social media le azioni di protesta e chi le compie? I risultati dell’analisi svolta confermano la presenza di toni e messaggi che delegittimano e criminalizzano le manifestazioni di dissenso e le persone attiviste. Le pagine di movimenti e organizzazioni ricevono un’incidenza di commenti che configurano hate speech maggiore di quella dei politici.
Dopo anni in cui i livelli di discriminazione e odio rilevati sui social media da Amnesty International restavano su livelli stabili, quest’anno registriamo un aumento dell’incidenza di contenuti offensivi, discriminatori o che incitano all’odio, con questi ultimi in particolare che arrivano a triplicare la propria presenza percentuale.
Per i risultati completi visita la pagina dedicata.
Barometro dell’odio 2018 – Elezioni politiche
Barometro dell’odio 2019 – Elezioni europee
Barometro dell’odio 2020 – Sessismo da tastiera
Barometro dell’odio 2021 – Intolleranza pandemica
Barometro dell’odio 2022 – Senza cittadinanza
A mio avviso la scuola da sempre è l’istituzione per eccellenza che ha il compito di combattere ogni tipo di discriminazione o forma di odio
Nadia, studentessa, 18 anni.
Negli ultimi anni il discorso d’odio, in particolare online, è diventato un fenomeno molto diffuso e preoccupante anche tra i più giovani, che sono sempre più esposti ai rischi ed ai pericoli della rete.
Secondo la ricerca EU Kids Online 2020, il web è un luogo frequentato quotidianamente da oltre l’84 % dei giovani italiani tra i 9 ed i 17 anni di età.
Il rischio maggiore è di essere esposti ad un contenuto offensivo generato da un altro utente della rete. Il 51% dei giovani tra gli 11 ed i 17 anni è stato esposto ad un contenuto negativo generato da un altro utente, di cui il 31% a messaggi di odio.
Tra ragazzi e ragazze l’odio si trasforma spesso in bullismo con più del 50% degli 11-17enni che ne è vittima. Il 19,8% in modo ripetuto nel mese e, tra questi, il 9,1% (cioè più di 360mila ragazzi) con cadenza settimanale, è stato infatti oggetto di qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze.
È per questo che lavoriamo a materiali e azioni educative volte a prevenire e contrastare il discorso d’odio online tra i più giovani e con alcune categorie di professionisti come:
Le nostre risorse educative:
La Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio è uno spazio promosso, a partire dal 2018, da Amnesty International Italia, per il confronto costante e costruttivo di esperti delle organizzazioni della società civile, del mondo accademico e delle istituzioni che ha per obiettivo lo studio del fenomeno dell’hate speech online e l’individuazione di risposte efficaci che contrastino discriminazione e intolleranza e favoriscano l’inclusione.
A partire da maggio 2018 gli attori della Rete si incontrano periodicamente per individuare analisi e interventi sui quali lavorare insieme, mettendo in rete esperienze di eccellenza: osservazione e tecnologie, comunicazione, attivismo, educazione sono i principali ambiti sui quali i membri del network conducono un dialogo continuo. La Rete nazionale per il contrasto ai linguaggi e ai fenomeni d’odio si pone come interlocutore corale con le istituzioni sul tema dell’hate speech online.
La Rete ha un sito web dove pubblica articoli, ricerche e approfondimenti: www.retecontrolodio.org.
Fanno parte della Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio: Action Aid, Applied Psychology Measurement Lab. (Laboratorio di ricerca sulla Misurazione in Psicologia Applicata, Dipartimento di Scienze Umane, Università di Verona), ARCI, Articolo 3, ASGI, Associazione Carta di Roma, Avvocatura per i diritti LGBTI-Rete Lenford, Centro cooperazione internazionale di Trento, Consiglio Nazionale Forense, Cestudir (Centro Studi sui Diritti Umani del Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Cà Foscari Venezia), COSPE, CRID (Centro di ricerca interdipartimentale su Discriminazioni e vulnerabilità dell’Università di Modena e Reggio Emilia), Emergency Italia, Federazione Nazionale Stampa Italiana – Comitato pari opportunità, Fondazione Bruno Kessler, Fondazione Langer, Fondazione Pangea, Osservatorio interuniversitario degli studi di genere, GiULiA, Istituto per le Tecnologie Didattiche – Consiglio nazionale delle ricerche, Lunaria, MediaVox, No Hate Speech Movement, Osservatorio di Pavia, Osservatorio Solomon, RISSC (Research centre on security and crime), Unione Sindacale Giornalisti RAI – Comitato pari opportunità), Vox Diritti. Ne fanno parte, inoltre, a titolo individuale, ricercatori delle Università di Bologna, Firenze, Milano, Milano Bicocca, Padova, Trento, Reading (UK).
I nostri progetti per il contrasto all’odio e la promozione dell’inclusione, si sommano alle numerose altre attività che abbiamo intrapreso a livello internazionale e da varie sezioni nazionali.
Piattaforme IT e diritti umani
Nel rapporto “Surveillance Giants: How the business-model of Google and Facebook threatens Human Rights“, abbiamo denunciato l’impatto che i modelli strategici delle piattaforme IT, con particolare riferimento alla raccolta dei dati degli utenti e alla loro profilazione, hanno sui diritti umani.
La proposta di contenuti, basata su dati forniti dagli utenti stessi, è elaborata con l’obiettivo di mantenere elevati i livelli di coinvolgimento, attraverso algoritmi che privilegiano ciò che genera più interesse e click; poiché questo spesso corrisponde a contenuti sensazionalisti e/o polarizzanti, il risultato è che le piattaforme amplificano contenuti di questa tipologia.
Un secondo elemento rilevante, per esempio, è quello della potenziale discriminazione a cui le piattaforme (così come chi su di essere sponsorizza servizi e prodotti) possono esporre gli utenti. L’offerta di servizi e prodotti diversi a diversi segmenti di pubblico può diventare un fattore di discriminazione laddove i contenuti sono direttamente riconducibili ai diritti sociali, economici e culturali delle persone; anche l’accesso a questa tipologia di contenuti, infatti, può essere promossa in via esclusiva o prevalente tra gli utenti che riflettono determinate caratteristiche.
Altre analisi e ricerche
Tra gli studi e le ricerche prodotti da Amnesty International: