Diffuso, perché coinvolge innumerevoli utenti della rete, in qualità di vittime o di perpetratori.
Liquido, perché si propaga con forza in modo rapido e a ampio raggio, difficile da contenere.
Pericoloso, perché il suo sdoganamento è al tempo stesso causa e effetto di un processo di cambiamento culturale che conduce a manifestazioni di discriminazione e intolleranza offline.
Così è l’odio sul web oggi.
Le parole d’odio in rete, il cosiddetto hate speech online, rappresentano un fenomeno esteso e trasversale: colpiscono i più vulnerabili sulla base delle origini, della religione, del genere e dell’identità di genere, dell’orientamento sessuale, delle condizioni socio-economiche, dell’aspetto. A volte sono incitate da politici e personaggi influenti, in altri casi la scintilla è innescata da notizie o fake news.
Quando il livello di odio è già saturo, non c’è neppure bisogno di qualcuno o qualcosa che dia il là alla violenza verbale online.
A un problema così complesso, corrispondono soluzioni altrettanto articolate.
Per questo abbiamo deciso di dare il nostro contribuito per sostenere la battaglia contro l’odio online e promuovere l’inclusione agendo su più campi:
Queste iniziative, combinate tra loro, possono favorire il cambiamento al quale aspiriamo: una rete dove tutti possano esprimere se stessi e le proprie opinioni senza subire abusi.
Anche l’applicazione di strumenti e dispositivi legali adeguati è indispensabile per raggiungere questo scenario: un aspetto essenziale al quale stiamo lavorando costantemente.
Leggi anche la nostra guida per contrastare l’odio online.
Alle piattaforme dei social media chiediamo:
Agli stati membri e alle istituzioni dell’Unione europea chiediamo:
Alle autorità italiane, in aggiunta a quanto sopra, chiediamo:
Con la terza edizione del Barometro dell’odio, monitoraggio dei social media realizzato con il contributo degli attivisti, abbiamo deciso di soffermarci sull’odio di genere.
In “Sessismo da tastiera” abbiamo osservato i contenuti Facebook e Twitter (feed e menzioni) associati a 20 influencer, 10 donne e 10 uomini, noti nel panorama italiano e appartenenti a mondi diversi: politica, informazione, spettacolo, sport. L’obiettivo? Scoprire quanto e come le donne sono attaccate.
Abbiamo scoperto che il l’odio di genere online si manifesta in modi diversi: attraverso una maggiore propensione agli attacchi verso le donne, per mezzo delle polemiche e dell’aggressività scatenate dal tema “donne e diritti di genere” e, infine, con il ricorso a un linguaggio e a messaggi esplicitamente sessisti nelle parole rivolte alle donne.
Per i risultati e la metodologia clicca qui.
A mio avviso la scuola da sempre è l’istituzione per eccellenza che ha il compito di combattere ogni tipo di discriminazione o forma di odio
Nadia, studentessa, 18 anni.
Negli ultimi anni il discorso d’odio, in particolare online, è diventato un fenomeno molto diffuso e preoccupante anche tra i più giovani, che sono sempre più esposti ai rischi ed ai pericoli della rete.
Secondo la ricerca EU Kids Online 2020, il web è un luogo frequentato quotidianamente da oltre l’84 % dei giovani italiani tra i 9 ed i 17 anni di età.
Il rischio maggiore è di essere esposti ad un contenuto offensivo generato da un altro utente della rete. Il 51% dei giovani tra gli 11 ed i 17 anni è stato esposto ad un contenuto negativo generato da un altro utente, di cui il 31% a messaggi di odio.
Tra ragazzi e ragazze l’odio si trasforma spesso in bullismo con più del 50% degli 11-17enni che ne è vittima. Il 19,8% in modo ripetuto nel mese e, tra questi, il 9,1% (cioè più di 360mila ragazzi) con cadenza settimanale, è stato infatti oggetto di qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze.
È per questo che lavoriamo a materiali e azioni educative volte a prevenire e contrastare il discorso d’odio online tra i più giovani e con alcune categorie di professionisti come:
Le nostre risorse educative:
La Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio è uno spazio per il confronto costante e costruttivo di esperti delle organizzazioni della società civile, del mondo accademico e delle istituzioni che ha per obiettivo lo studio del fenomeno dell’hate speech online e l’individuazione di risposte efficaci che contrastino discriminazione e intolleranza e favoriscano l’inclusione.
A partire da maggio 2018 gli attori della Rete si incontrano periodicamente per individuare analisi e interventi sui quali lavorare insieme, mettendo in rete esperienze di eccellenza: osservazione e tecnologie, comunicazione, attivismo, educazione sono i principali ambiti sui quali i membri del network conducono un dialogo continuo. La Rete nazionale per il contrasto ai linguaggi e ai fenomeni d’odio si pone come interlocutore corale con le istituzioni sul tema dell’hate speech online.
Partecipano alle attività della Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio: Action Aid, ARCI, ASGI, Associazione Carta di Roma, Consiglio Nazionale Forense, COSPE, Fondazione Bruno Kessler, GiULiA, Lunaria, No Hate Speech Movement, OSCAD, Osservatorio di Pavia, Rete Lenford, UNAR, Vox Diritti e a titolo individuale ricercatori delle Università di Bologna, Firenze, Milano, Padova, Trento, Reading (UK), Verona e del CNR.
“HateSick – I viaggi di Alter” è un videogioco punta e clicca che parla ai più giovani di odio in rete, discriminazione e intolleranza in modo non didascalico.
Fruibile gratuitamente online, HateSick narra le vicende di Alter, navigatore spaziale che finisce in un mondo distopico dove tutto è grigio e uniforme e chiunque si distingue dalla massa è emarginato.
Nel tentativo di tornare a casa, Alter conoscerà i personaggi che animano questo pianeta e proverà ad aiutarli.
Per saperne di più clicca qui.
I nostri progetti per il contrasto all’odio e la promozione dell’inclusione, si sommano alle numerose altre attività che abbiamo intrapreso a livello internazionale e da varie sezioni nazionali.
Piattaforme IT e diritti umani
Nel rapporto “Surveillance Giants: How the business-model of Google and Facebook threatens Human Rights“, abbiamo denunciato l’impatto che i modelli strategici delle piattaforme IT, con particolare riferimento alla raccolta dei dati degli utenti e alla loro profilazione, hanno sui diritti umani.
La proposta di contenuti, basata su dati forniti dagli utenti stessi, è elaborata con l’obiettivo di mantenere elevati i livelli di coinvolgimento, attraverso algoritmi che privilegiano ciò che genera più interesse e click; poiché questo spesso corrisponde a contenuti sensazionalisti e/o polarizzanti, il risultato è che le piattaforme amplificano contenuti di questa tipologia.
Un secondo elemento rilevante, per esempio, è quello della potenziale discriminazione a cui le piattaforme (così come chi su di essere sponsorizza servizi e prodotti) possono esporre gli utenti. L’offerta di servizi e prodotti diversi a diversi segmenti di pubblico può diventare un fattore di discriminazione laddove i contenuti sono direttamente riconducibili ai diritti sociali, economici e culturali delle persone; anche l’accesso a questa tipologia di contenuti, infatti, può essere promossa in via esclusiva o prevalente tra gli utenti che riflettono determinate caratteristiche.
Altre analisi e ricerche
Tra gli studi e le ricerche prodotti da Amnesty International:
I risultati del primo Barometro dell’odio, realizzato in occasione delle elezioni politiche del 2018, ci hanno spinto a studiare degli strumenti e una metodologia che consentissero di ampliare l’osservazione del fenomeno dell’hate speech online continuando a fornire alle persone la possibilità di essere protagoniste.
L’utilizzo di algoritmi elaborati ad hoc, in combinazione con la partecipazione degli attivisti nel ruolo di “valutatori” dei contenuti, hanno consentito nelle sei settimane che hanno preceduto l’appuntamento alle urne per la nomina del nuovo Parlamento europeo di raccogliere e esaminare i post Facebook e i tweet dei candidati, così come i commenti e le risposte degli utenti.
Questo ci ha permesso di analizzare le possibili correlazioni tra il linguaggio e i messaggi dei politici e le reazioni e i sentimenti di chi li segue.
Per i risultati e la metodologia clicca qui.
In occasione delle elezioni politiche del 2018 abbiamo sviluppato uno strumento innovativo per la misurazione del discorso d’odio in rete propagato dai politici sotto campagna elettorale: il Barometro dell’odio.
Questa analisi, basata sull’aggregazione di dati quantitativi e qualitativi che indicano la gravità dell’hate speech e ne individuano i bersagli principali, si è differenziata dagli altri lavori di osservazione e analisi sullo stesso tema grazie a un importante elemento di novità: il coinvolgimento di persone.
A rendere possibile la raccolta e la segnalazione dei contenuti offensivi e/o discriminatori, infatti, 600 attivisti distribuiti su tutto il territorio nazionale che hanno monitorato in modo continuato, per 3 settimane, i profilo Facebook e Twitter dei candidati.
Per i risultati e la metodologia clicca qui.