The sensor from a cluster bomb submunition. On 6 January 2016, cluster munitions were used on densely populated areas in the capital, Sana'a. The Saudi Arabia-led coalition has used cluster munitions, which are inherently indiscriminate, multiple times on civilian areas in the governorates of Sad’a and Hajjah.
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Al termine di una missione di ricerca di 10 giorni nelle province di Sa’da, Hajjab e Sana’a, Amnesty International ha denunciato che i bambini e le loro famiglie che, dopo un anno di conflitto, tornano a casa nel nord dello Yemen rischiano fortemente di morire o di riportare gravi ferite a causa di migliaia di bombe a grappolo inesplose.
C’è urgente bisogno di assistenza internazionale per sminare i terreni e i paesi in grado di esercitare influenza devono sollecitare le forze della coalizione a guida saudita a fermare l’uso delle bombe a grappolo, armi di per sé indiscriminate e proibite dal diritto internazionale.
‘Anche con la fine delle ostilità, la vita dei civili, compresi i bambini, e i loro mezzi di sussistenza continuano a essere in pericolo. Al rientro in quelli che ormai sono dei veri e propri campi minati, non potranno vivere in condizioni di sicurezza fino a quando le zone intorno alle loro abitazioni e i campi non saranno ispezionati e ripuliti dalle bombe a grappolo e da altri ordigni inesplosi’ – ha dichiarato Lama Fakih, senior crisis advisor di Amnesty International.
Nella sua ultima missione di ricerca nel nord dello Yemen, Amnesty International ha riscontrato prove dell’uso, da parte della coalizione a guida saudita, di bombe a grappolo di fabbricazione statunitense, britannica e brasiliana. L’uso di queste armi è vietato dalla Convenzione sulle bombe a grappolo, che il Regno Unito è vincolato a rispettare.
Amnesty International ha intervistato 30 persone, tra cui sopravvissuti a bombe a grappolo e altri ordigni inesplosi, così come loro familiari, testimoni oculari, esperti di sminamento, attivisti e soccorritori.
L’organizzazione ha documentato 10 nuovi casi in cui, tra luglio 2015 e aprile 2016, 16 civili sono stati uccisi o feriti da bombe a grappolo. Tra le vittime, anche nove bambini due dei quali rimasti uccisi. Le esplosioni si sono verificate giorni, settimane o anche mesi dopo il lancio delle bombe a grappolo da parte della coalizione a guida saudita. Col cessate-il-fuoco raggiunto nel marzo 2016, nelle province di Hajjah e Sa’da i civili hanno iniziato a tornare a casa. Ma operatori addetti allo sminamento, residenti e soccorritori hanno dichiarato ad Amnesty International che i civili continuano a saltare in aria quando entrano in contatto con ordigni inesplosi. Il fenomeno è in particolare aumento lungo il confine tra Arabia Saudita e Yemen, nelle zone di Midi, Haradh, Hayran, Bakil al-Mir e Mustabah (provincia di Hajjah) e di al-Safra, Razih, Shada e Baqim (provincia di Sa’da).
Molti civili, compresi i bambini, sono dunque alla mercé di ordigni potenzialmente mortali senza rendersi conto della loro presenza o dei rischi che pongono. Per di più, recenti inondazioni hanno trasportato questi ordigni in zone dove la loro presenza non era attesa.
Finora la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha ufficialmente confermato di aver usato bombe a grappolo. Tuttavia, in un’intervista rilasciata alla Cnn l’11 gennaio 2016, il generale Ahmed al-Asiri, portavoce della coalizione, nel negarlo complessivamente ha ammesso l’uso di bombe a grappolo CBU-105 nel corso dell’attacco contro un obiettivo militare, nell’aprile 2015. Le popolazioni civili invocano a gran voce la necessità di aiuto per sminare i loro terreni.
Riconoscendo il grave rischio che la presenza di ordigni inesplosi costituisce per la popolazione civile, nell’aprile 2016 il Centro d’azione sulle mine dello Yemen (Yemac, l’unica agenzia di sminamento presente nel paese) ha iniziato a rintracciare e far esplodere ordigni nelle province di Sa’da e Hajjah, nonostante la formazione inadeguata e lo scarso equipaggiamento a disposizione. Il numero esatto di ordigni inesplosi da eliminare non è ancora chiaro. Nelle prime tre settimane di lavoro nelle due province, lo Yemac ha eliminato almeno 418 sub-munizioni da bombe a grappolo, 810 resti di fusi e di pezzi d’artiglieria, 51 mortai e oltre 70 missili.
Purtroppo, il 26 aprile lo Yemac ha dovuto interrompere drammaticamente le sue attività a seguito della morte di tre suoi operatori (Mohammed Ahmed Ali Al Sharafi, Mustafa Abdullah Saleh Al Harazi e Hussein Abdo Mohssien Al Salami), uccisi dai resti di una bomba a grappolo ad Hayran, nella provincia di Hajjah.
Il direttore dello Yemac, Ahmed Yahya Alawi, ha riferito ad Amnesty International che le attività del Centro sono sospese mentre sono in corso indagini sulla morte dei suoi uomini. Egli ritiene che l’episodio sia stato causato dalla negligenza di uno dei tre operatori nel rimuovere un ordigno inesploso vicino ai suoi due colleghi. Alawi ha criticato l’assenza di formazione adeguata e ha definito inefficaci e obsolete le attrezzature a disposizione:
‘La coalizione ha usato vari tipi di bombe a grappolo ma noi abbiamo dimestichezza solo con quattro di essi. Siamo rimasti sorpresi da queste nuove versioni. Sono più sensibili, è difficile farle esplodere ma metterle da parte inesplose è pericoloso. Abbiamo bisogno di formatori provenienti dai paesi che quelle bombe le producono e di migliore tecnologia per distruggerle’.
‘I paesi donatori devono agire con urgenza e sostenere l’azione a livello locale per individuare in condizioni di sicurezza, marcare e ripulire le aree in cui si trovano gli ordigni inesplosi e spiegare alle comunità di quei territori come, nel frattempo, evitare pericoli. Se non verrà fatto, sarà una bomba a orologeria per i civili, compresi i bambini’ – ha commentato Fakih.
I bambini, infatti, sono particolarmente esposti al rischio di raccogliere sub-munizioni inesplose o di entrarci in contatto, scambiandole per giochi a causa della forma e della piccola dimensione. Alcune somigliano a palline, altre a bibite in lattina.
Nel gennaio 2016, un 13enne ha raccolto una sub-munizione nei pressi di una fontana del villaggio agricolo di Noug’a, nella provincia di Sa’da, a 20-25 chilometri dal confine con l’Arabia Saudita.
La sub-munizione era verde e sembrava ‘una piccola palla’: questa descrizione coincide con le sub-munizioni contenute nella bomba a grappolo BLU-63 di fabbricazione statunitense.
Il ragazzo, che è rimasto in ospedale per due mesi e ha dovuto subire un’operazione chirurgica all’addome, ha detto ad Amnesty International che nei pressi della fontana vi erano altri ordigni di quel genere. Il 1° marzo ‘Walid’ (la cui vera identità è celata per motivi di sicurezza), un 11enne della stessa zona, ha perso tre dita della mano destra e ha riportato la rottura della mascella sinistra, oltre a ferite al petto e alle gambe. Suo fratello ‘Samih’, di otto anni, è rimasto ucciso.
I due fratelli, secondo il racconto del più grande, stavano portando al pascolo le capre in una vallata quando hanno notato quei piccoli oggetti. Ci hanno girato intorno e giocato per diverse ore fino a quando uno è esploso. Sulla base del racconto di ‘Walid’, si tratterebbe di sub-munizioni ‘ZP39’ DPICM la cui presenza nel nord dello Yemen era stata già documentata da Human Rights Watch nel maggio 2015.
Il 16 aprile, in un villaggio della provincia di Hajjah a 10 chilometri dal confine saudita, un ragazzo di 12 anni è morto e suo fratello di nove è rimasto ferito giocando con un ordigno trovato mentre stavano portando al pascolo le capre. Questo è il racconto del fratello sopravvissuto:
‘Ho raccolto la bomba e l’ho data a mio fratello in modo che ne avessimo una a testa. Lui le ha fatte sbattere e sono esplose. Io sono finito a diversi metri di distanza. Due o tre giorni prima, con un amico avevamo raccolto delle bombe in una busta di plastica e le avevamo nascoste sotto gli alberi. Avevano un nastro bianco’.
Il ragazzo 12enne è rimasto ucciso sul colpo. Lo hanno ritrovato con l’addome aperto e le braccia mozzate. Il padre, che ha altri 13 bambini, ha raccontato che la loro famiglia era tornata nella zona solo di recente. Ora non trovano più spazio per portare al pascolo le capre:
‘Qui vicino le bombe sono persino appese sugli alberi’.’L’elevato numero di sub-munizioni usato dalla coalizione a guida saudita e l’alta percentuale di mancata esplosione non solo hanno ucciso e ferito persone ma hanno anche danneggiato gravemente i mezzi di sussistenza e trasformato i terreni in campi minati, rendendo difficile il pascolo così come i raccolti di banane, mango e pomodori’ – ha sottolineato Fakih.
Dal 25 marzo 2015, quando è iniziata la campagna aerea della coalizione a guida saudita, Amnesty International ha documentato l’uso di sei tipi di bombe a grappolo nello Yemen: uso confermato da altre fonti credibili, come Human Rights Watch.
L’ultima missione di Amnesty International ha potuto confermare per la prima volta l’uso di bombe a grappolo britanniche BL-755, fabbricate negli anni Settanta dalla Hunting Engineering Ltd. Questo tipo di bomba a grappolo, progettato per essere sganciato dai jet britannici Tornado, contiene 147 sub-munizioni in grado di penetrare per 25 centimetri in veicoli blindati e che rilasciano oltre 2000 frammenti che diventano armi anti-persona. Depositi di BL-755 si trovano in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti.
I ricercatori di Amnesty International hanno visto una bomba a grappolo BL-755 nel deposito in cui lo Yemac raccoglieva gli ordigni inesplosi rinvenuti. La bomba non era esplosa e le sub-munizioni contenute in cinque delle sette sezioni originarie non si erano disperse né avevano detonato. Si tratta del primo uso confermato di bombe a grappolo made in UK dall’adozione, nel 2008, della Convenzione contro le bombe a grappolo, nella cui stesura e nei cui negoziati il governo di Londra aveva svolto un ruolo da protagonista. La Convenzione, sottoscritta da oltre 100 paesi, vieta l’uso, la produzione e lo stoccaggio delle bombe a grappolo.
Altri tipi di bombe a grappolo identificati dalla missione di ricerca di Amnesty International comprendono la brasiliana Avibras Astros e la statunitense CBU-105, con contenitori di sub-minuzioni BLU-108/B. Nell’agosto 2013 il dipartimento della Difesa Usa aveva siglato un contratto del valore di 641 milioni di dollari per la fornitura di 1300 bombe a grappolo CBU-105 all’Arabia Saudita.
La sub-munizione BLU-108/B, prodotta da Textron Defense System, viene rilasciata dalla bomba a grappolo che la contiene. Durante la lenta discesa sostenuta da un paracadute, si avvia un veloce movimento rotatorio durante il quale, grazie all’aiuto di sensori ottici multimodali, le munizioni vengono dirette contro una serie di bersagli. La sub-munizione, dotata di un potente propellente, può perforare un veicolo blindato incendiandolo, mentre i frammenti vanno a colpire oggetti e persone.
La presenza di numerosi ordigni inesplosi contraddice quanto affermato dalla US Security Defense Cooperation Agency, secondo la quale meno dell’1 per cento degli ordigni non esplode ‘nell’ambiente operativo in cui operano’. Il governo statunitense vieta la vendita o il trasferimento di bombe a grappolo che abbiano una percentuale di malfunzionamento superiore all’1 per cento.
‘Senza un’azione congiunta per sollecitare la coalizione a guida saudita a cessare l’uso delle bombe a grappolo e l’immediata assistenza internazionale alle operazioni di sminamento, le bombe a grappolo e gli altri ordigni inesplosi costituiranno per anni un lascito mortale per lo Yemen, minacciando la vita dei civili e mandando a rotoli l’economia locale’ – ha dichiarato Fakih.
L’Arabia Saudita e gli altri stati membri della coalizione dovranno facilitare la bonifica delle aree in cui si trovano ordigni inesplosi. Gli stati in grado di farlo dovranno fornire tutta l’assistenza tecnica, finanziaria e materiale per rendere possibile la demarcazione delle aree e la rimozione o distruzione delle sub-munizioni e di altri ordigni inesplosi. Le vittime e le loro famiglie dovranno ricevere assistenza fisica e psicologica così come avere a disposizione programmi di riabilitazione e istruzioni per evitare i pericoli.
Gli stati membri della coalizione a guida saudita dovranno immediatamente fornire alle Nazioni Unite le esatte coordinate degli attacchi con bombe a grappolo, comprese mappe, date e informazioni sul tipo e sulla quantità di armi usate, in modo tale da poter facilitare la bonifica e informare le popolazioni locali sui pericoli ancora presenti.
Gli stati che forniscono armi alla coalizione a guida saudita e i singoli stati che ne fanno parte dovranno immediatamente cessare i trasferimenti e l’uso delle bombe a grappolo ed eliminare tutti gli stock ancora a disposizione.
Da anni, Amnesty International e altre organizzazioni chiedono a tutti gli stati di porre immediatamente fine all’uso, alla produzione, ai trasferimenti e allo stoccaggio di bombe a grappolo e di aderire alla Convenzione del 2008.
Gli altri due stati che, col Regno Unito, hanno prodotto bombe a grappolo usate dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita nel conflitto yemenita, ossia Usa e Brasile, non fanno parte della Convenzione contro le bombe a grappolo. Non ne è parte neanche lo Yemen, anche se il 19 maggio suoi diplomatici hanno dichiarato che stanno considerando di aderirvi, dato l’alto livello di contaminazione da bombe a grappolo nel paese.Né l’Arabia Saudita né gli stati membri della coalizione a guida saudita hanno aderito alla Convenzione. Tuttavia, sulla base del diritto internazionale umanitario consuetudinario, agli stati membri di questa coalizione è fatto divieto di usare armi di per sé indiscriminate, che pongono inevitabili minacce per la vita dei civili.Dal febbraio 2016, Amnesty International sta chiedendo a tutti gli stati di assicurare che nessuna delle parti coinvolte nel conflitto yemenita riceva, direttamente o indirettamente, armi, munizioni, equipaggiamento o tecnologia militare da usare nel conflitto fino a quando le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario non saranno cessate. Amnesty International chiede inoltre a tutti gli stati di appoggiare la richiesta di un’indagine indipendente, imparziale e internazionale, sulle violazioni commesse da tutte le parti coinvolte nel conflitto.