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In reazione alla grandissima preoccupazione per la sorte dell’attivista egiziano-britannico Alaa Abd el Fattah, che da aprile è in sciopero della fame in carcere e ha iniziato a rifiutare l’acqua il 6 novembre, Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
“Le autorità egiziane hanno crudelmente e ostinatamente rifiutato di scarcerare Alaa o persino di condividere con la sua famiglia qualsiasi informazione sulle sue condizioni o su dove si trovi. Sua madre ha passato gli ultimi tre giorni all’ingresso della prigione di Wadi al-Natrun nella speranza di ricevere una lettera da lui. Alaa è ora detenuto in isolamento, dopo che le autorità gli hanno negato l’accesso alla famiglia e al mondo esterno. Questa situazione accresce in maniera allarmante il rischio di sparizione forzata, di torture e altri maltrattamenti”.
“Alaa è un prigioniero di coscienza, non avrebbe proprio dovuto essere arrestato. Eppure, ora, rischia di morire in custodia mentre la sua famiglia attende disperatamente notizie. Mentre l’attenzione del mondo è concentrata sulla scintillante località di Sharm el-Sheikh per la Cop27, la difficile situazione di Alaa e della sua famiglia ha rivelato la spaventosa realtà delle violazioni dei diritti umani in Egitto e il totale disprezzo delle autorità per la vita umana e i per i loro obblighi di diritto internazionale”.
“I leader mondiali e i delegati che si trovano in Egitto per la Cop27 devono fare tutto ciò che è in loro potere per fare pressione sulle autorità affinché scarcerino immediatamente Alaa e per dichiarare pubblicamente che si aspettano una scarcerazione incondizionata. Le autorità egiziane devono garantire ad Alaa un’assistenza sanitaria adeguata in linea con l’etica medica, in una struttura scelta dalla sua famiglia e circondato dai suoi familiari e dalle persone a lui care. Mentre Alaa rischia la tortura e persino la morte, la comunità internazionale non può continuare con questa inazione, che lascerebbe una profonda macchia reputazionale e renderebbe evidente il costo di non mettere i diritti umani al centro della diplomazia”.
Ulteriori informazioni
Alaa Abd el Fattah ha trascorso la maggior parte degli ultimi nove anni privato illegalmente della libertà. L’ultimo arresto è avvenuto nel settembre 2019. Da quando ha acquisito la cittadinanza britannica, nel dicembre 2021, non gli è stato permesso di incontrare i funzionari consolari.
Il 20 dicembre 2021, Alaa, l’avvocato per i diritti umani Mohamed Baker e il blogger Mohamed Radwan “Oxygen” sono stati condannati, sulla base di accuse false, a pene tra i quattro e i cinque anni di carcere dopo un processo gravemente iniquo, in rappresaglia per il loro attivismo e il loro lavoro per i diritti umani.
Tutti e tre sono prigionieri di coscienza, presi di mira esclusivamente per il loro attivismo pacifico. Fanno parte delle migliaia di persone arbitrariamente detenute in Egitto per motivi politici.
Amnesty International ha costantemente documentato le sue preoccupazioni per la negazione di un’adeguata assistenza sanitaria in carcere e le interferenze da parte del personale carcerario e dei funzionari di sicurezza nelle cure e nelle scelte mediche, che hanno comportato ritardi o persino il rifiuto di trasferire in ospedale malati in condizioni critiche.
Amnesty International in passato ha espresso preoccupazione per l’indipendenza, nelle carceri egiziane, del personale medico, che riferisce al ministero degli Interni. Ci sono pertanto forti ragioni per credere che le decisioni sulla salute di Alaa non saranno prese da professionisti medici indipendenti, in conformità con l’etica medica e liberi da coercizione o interferenze da parte delle autorità.