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Amnesty International e Human Rights Watch hanno auspicato che l’indipendenza del Sud Sudan, che sarà proclamata il 9 luglio, sia caratterizzata da passi avanti importanti sul piano dei diritti umani, tra cui una moratoria sulle esecuzioni, il rilascio di tutte le persone la cui continua prigionia sia ingiustificata e la ratifica della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne.
Sono enormi le sfide che attendono il Sud Sudan, una regione sconvolta dalle conseguenze di una lunga guerra civile e da una grave disoccupazione. Ma il governo può e deve, secondo le due organizzazioni che hanno presentato un’Agenda per i diritti umani nel Sud Sudan, prendere sei provvedimenti nel breve periodo per assicurare la protezione, il rispetto e la promozione dei diritti delle sue cittadine e dei suoi cittadini.
‘Il Sud Sudan deve celebrare la sua nascita mostrando un fermo impegno verso i diritti umani di tutti, in particolare delle donne e dei bambini’ – ha dichiarato Daniel Bekele, direttore per l’Africa di Human Rights Watch. ‘Se adotterà i provvedimenti che abbiamo indicato nell’Agenda, la leadership del nuovo paese invierà un segnale forte a un popolo che ha sofferto decenni di violazioni dei diritti umani’.
La semi-autonoma regione del Sud Sudan ha ottenuto l’indipendenza e sarà il 54° stato del continente africano a seguito del referendum sull’autodeterminazione svolto a gennaio ai sensi dell’Accordo complessivo di pace del 2005, che pose fine a 22 anni di guerra civile.
Una grande priorità è quella di assicurare che soldati, agenti di polizia e appartenenti ad altri organismi di sicurezza siano chiamati a rispondere del loro operato. Dopo il referendum di gennaio, gli scontri tra le forze governative dell’Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla) e i gruppi armati di opposizione sono aumentati d’intensità e i soldati hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni illegali di civili, saccheggi e distruzioni di proprietà private.
Anche la polizia si è resa responsabile di violazioni quotidiane, tra cui arresti arbitrari e imprigionamenti.
‘Il governo deve dimostrare che vuole impegnarsi a combattere la cultura dell’impunità che si fa crescente tra le sue forze di sicurezza. Deve garantire che i soldati, i loro ufficiali e gli agenti di polizia conoscano i loro obblighi e siano chiamati a rispondere delle violazioni dei diritti umani commesse’ – ha aggiunto Bekele.
Amnesty International e Human Rights Watch hanno sollecitato inoltre azioni per promuovere la libertà d’espressione, di associazione e di riunione. Nel corso delle elezioni nazionali dell’aprile 2010, le forze di sicurezza meridionali si resero protagoniste di intimidazioni, arresti e imprigionamenti di persone sospettate di opporsi al Movimento di liberazione popolare del Sudan (Mpla), tra cui giornalisti e militanti di formazioni politiche.
‘Il rispetto della libertà d’espressione, di associazione e di riunione è essenziale per il neonato stato’ – ha commentato Erwin van der Borght, direttore per l’Africa di Amnesty International. ‘Il governo deve dichiarare pubblicamente l’impegno a rispettare queste libertà fondamentali e a cessare di arrestare arbitrariamente i giornalisti’.
Le due organizzazioni hanno anche sollecitato, data la cronica debolezza del sistema giudiziario, la proclamazione di una moratoria sulle esecuzioni, in vista dell’abolizione della pena capitale e della commutazione di tutte le condanne a morte.
La debolezza del sistema giudiziario, insieme alla precarietà delle procedure per il mantenimento dell’ordine, contribuiscono alle detenzioni arbitrarie e ai lunghi periodi di carcerazione preventiva. I bambini sono spesso detenuti e processati insieme agli adulti e vi sono casi di persone con malattia mentale trattenute in prigione senza alcun motivo e senza ricevere cure mediche.
‘La moratoria sulle esecuzioni è una priorità immediata, specialmente in un paese in cui non possono essere garantiti i più alti standard relativi al giusto processo’ – ha sottolineato van der Borght.
Per rimediare alle carenze del sistema giudiziario, il nuovo governo dovrebbe riesaminare i casi di tutte le persone che si trovano in carcere, per determinare la necessità e la legalità della loro detenzione.
Se è previsto che il Sud Sudan sia vincolato, tramite successione, ai trattati internazionali ratificati dal governo del Sudan, la nuova nazione dovrebbe ratificare ulteriori strumenti del diritto internazionale, tra cui la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale e la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti.
Amnesty International e Human Rights Watch hanno infine chiesto ai leader del Sud Sudan di dichiarare ‘tolleranza zero’ nei confronti dei matrimoni forzati e precoci e della violenza di genere. Il governo dovrebbe sviluppare immediatamente una strategia nazionale su questi due temi, che includa una formazione intensiva per i leader tradizionali che applicano leggi basate su consuetudini.
Ulteriori informazioni:
http://www.hrw.org/en/africa/sudan