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La procuratrice del Tribunale penale internazionale (Tpi) indaghi sul ruolo avuto dai dirigenti delle aziende europee produttrici e dai responsabili delle autorizzazioni di forniture di armi nelle violazioni del diritto internazionale umanitario avvenute in Yemen, che potrebbero costituire crimini di guerra.
È quanto ha chiesto oggi Amnesty International, unendosi alla richiesta ufficiale trasmessa al Tpi dal Centro europeo per i diritti umani e costituzionali.
Il Centro europeo per i diritti umani e costituzionali, affiancato da cinque Ong, ha trasmesso all’ufficio della procuratrice del Tpi un documento di 300 pagine chiedendo di indagare se a carico di funzionari di alto rango sia delle aziende che dei governi europei potrebbe concretizzarsi una responsabilità penale per l’invio di armi usate dagli stati membri della Coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati arabi uniti (Coalizione) per compiere possibili crimini di guerra in Yemen.
La richiesta di indagini riguarda 26 attacchi aerei che hanno causato uccisioni o ferimenti illegali di civili e danni o distruzioni di scuole, ospedali e altri obiettivi protetti.
“Un’indagine del Tpi sarebbe un passo avanti di portata storica per chiamare i dirigenti delle aziende produttrici di armi a rendere conto delle loro decisioni basate sul profitto. La realtà odierna è che chiunque sia coinvolto nella vendita di armi alla Coalizione, compresi dirigenti d’azienda e funzionari di governo, ha una parte di responsabilità rispetto a come quelle armi vengono usate“, ha dichiarato Patrick Wilcken, ricercatore di Amnesty International sul controllo delle armi.
“La procuratrice del Tpi potrebbe trasmettere un messaggio chiaro: gli attori economici saranno chiamati a rendere conto quando sono coinvolti nei più gravi crimini di diritto internazionale“, ha aggiunto Wilcken.
Nonostante le montagne di prove sulle gravi violazioni dei diritti umani commesse in quasi cinque anni di conflitto in Yemen, diversi stati europei continuano a esportare armi verso la Coalizione, che le usa per bombardare scuole, case e ospedali, in flagrante violazione del Trattato internazionale sul commercio di armi, della legislazione europea e delle stesse norme nazionali.
I governi sono responsabili dell’autorizzazione a esportare e molte aziende che producono armi usano questo argomento per sollevarsi dalle responsabilità. In realtà, l’approvazione governativa non assolve i dirigenti delle aziende dagli obblighi di rispettare i diritti umani nell’ambito delle loro attività commerciali, tra cui quello di non esportare armi che potrebbero essere usate per compiere crimini di diritto internazionale.
Questa scusa appare particolarmente debole quando i governi che autorizzano le esportazioni sono criticati per la decisione di inviare armi che potrebbero essere usate per compiere crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani.
“Qualsiasi dirigente di un’azienda può aprire un quotidiano e comprendere che la valutazione dei rischi rispetto ai diritti umani fatta da alcuni governi europei si è rivelata catastrofica“, ha sottolineato Wilcken.
“I dirigenti delle aziende hanno avuto molto tempo a disposizione e pieno accesso a una gran mole di informazioni sui terribili eventi in corso in Yemen per valutare cosa decidere in merito alle forniture di armi alla Coalizione. Nascondersi dietro un carente processo decisionale dei governi non è sufficiente dato che ora potrebbero risponderne sul piano penale di fronte a un organo di giustizia internazionale“, ha commentato Wilcken.
La documentazione trasmessa al Tpi dal Centro europeo per i diritti umani e costituzionali riguarda il ruolo svolto dalle seguenti aziende: Airbus Defence e Space S.A. (Spagna), Airbus Defence e Space GmbH (Germania), BAE Systems Plc. (Regno Unito), Dassault Aviation S.A. (Francia), Leonardo S.p.A. (Italia), MBDA UK Ltd. (Regno Unito), MBDA France S.A.S. (Francia), Raytheon Systems Ltd. (Regno Unito), Thales France (Francia) e Rheinmetall AG (Germania) tramite la controllata RWM Italia S.p.A. (Italia).
Ulteriori informazioni
Il Centro europeo per i diritti umani e costituzionali e le Ong partner (Mwatana for Human Rights, Amnesty International, Campaign Against Arms Trade, Centre Delàs e Rete Disarmo) chiedono all’ufficio della procura del Tpi di indagare sulle responsabilità dei dirigenti di alto livello delle aziende, così come sui funzionari governativi di alto grado competenti per le autorizzazioni alle esportazioni, circa la loro possibile complicità in crimini di diritto internazionale.
La documentazione trasmessa dal Centro europeo per i diritti umani e costituzionali si concentra sulle aziende dei cinque principali esportatori europei di armi alla Coalizione: Spagna, Germania, Francia, Italia e Regno Unito. Contiene specifiche informazioni su 26 attacchi aerei che hanno colpito centri residenziali, scuole, ospedali, un museo e siti dichiarati patrimonio dell’umanità e che potrebbero costituire crimini di guerra ai sensi dello Statuto di Roma del Tpi.
Il Tpi può esercitare la sua giurisdizione penale su genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi in ogni territorio sottoposto alla giurisdizione di uno stato parte (come sono tutti gli stati membri dell’Unione europea) dello Statuto di Roma o su suoi cittadini, ovunque tali crimini siano commessi.