Italia, quando la quarantena non salva la vita: 11 donne uccise in nove settimane

11 Maggio 2020

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Era ciò su cui Amnesty International Italia aveva pubblicamente espresso timore ed è quello che è successo. La convivenza forzata dovuta alla quarantena e al contenimento ha fatto esplodere i femminicidi. Una misura fondamentale per rallentare la diffusione della pandemia da Covid-19, per molte donne e ragazze negli ultimi due mesi ha significato, e ancora significa, intrappolarle con partner o familiari aggressivi.

Molte donne e ragazze si ritrovano chiuse in casa con uomini che sono violenti già nella vita quotidiana. La pandemia e l’isolamento forzato non hanno fatto altro che esacerbare una situazione terribile di partenza.

Mettiamo in chiaro le cose: Susy (8 maggio), Marisa (5 maggio), Alessandra (19 aprile), Maria Angela (16 aprile), Viviana (6 aprile), Gina (2 aprile), Lorena (31 marzo), Rossella (19 marzo), Bruna (13 marzo), Barbara (10 marzo), Larisa (4 marzo) non sono morte a causa del coronavirus o in quelli che qualcuno ha definito “drammi da convivenza forzata”: sono state uccise da uomini che rifiutano l’idea che le donne possano prendere decisioni autonomamente, in particolare sulle loro relazioni.

Quello che abbiamo registrato negli ultimi due mesi è la conferma di quanto abbiamo sempre sostenuto: in Italia la violenza di genere e il femminicidio sono fenomeni strutturali, non occasionali. In questo periodo hanno trovato una situazione ancora più favorevole.

Certo, è necessario lavorare per cambiare una mentalità maschilista che continua a sostenere una gerarchia di ruoli che vede la donna subordinata nella relazione. Ma intanto oggi, subito, chiediamo che siano adottati tutti i provvedimenti necessari per fuggire da uomini violenti, favorendo le modalità di denuncia e mettendo a disposizione luoghi sicuri per le donne che intendono denunciare la violenza e che si trovano in situazione di pericolo.