Kuwait, no alla pena di morte per i blasfemi!

15 Maggio 2012

Tempo di lettura stimato: 2'

Amnesty International ha sollecitato l’emiro del Kuwait, lo sceicco Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al Sabah a respingere la legge, approvata dal parlamento, che introduce la pena di morte per il reato di blasfemia in flagrante violazione del diritto internazionale.

Se la legge entrasse in vigore, un musulmano che attraverso qualsiasi mezzo d’espressione, insultasse Allah, i suoi profeti, i suoi messaggeri, le moglie del profeta Maometto o il Corano, verrebbe condannato a morte salvo pentimento; in questo caso, il reo verrebbe condannato a cinque anni di carcere o a una multa equivalente a 36.000 dollari. I recidivi riceverebbero automaticamente la pena di morte. I non musulmani che infrangessero la legge verrebbero condannato a 10 anni di carcere, stessa pena cui andrebbero incontro coloro che ‘si definiscono nuovi profeti o messaggeri di Allah’.

Attualmente, l’art. 111 del codice penale del Kuwait punisce la diffamazione della religione con una pena massima di un anno di carcere e una multa.

La nuova legge è stata rapidamente approvata dopo l’arresto di Hamad al-Naqi, un cittadino kuwaitiano appartenente alla minoranza sciita, arrestato ad aprile con l’accusa di aver insultato il profeta Maometto su Twitter. Al-Naqi, che si trova in detenzione preventiva, nega ogni addebito sostenendo che il suo account su Twitter è stato attaccato da hacker.

Anche se al-Naqi risulterà l’autore effettivo dei tweet in questione, Amnesty International ne chiederà la liberazione in quanto prigioniero di coscienza, detenuto solo per aver esercitato in forma pacifica il suo diritto alla libertà d’espressione.

Attivati contro la pena di morte, iscriviti alla Rete!