La paura più grande

6 Giugno 2018

© Jarek Godlewski

Tempo di lettura stimato: 5'

di Fotis Filippou, Direttore delle campagne sull’Europa di Amnesty International

Essere dimenticato. Chi è ingiustamente in carcere lo dice: quella di essere dimenticato è una delle peggiori paure in cella.

Il terrore che, alla fine, nessuno si preoccuperà più per quello che ti capiterà. Un’ansia strisciante che languirai in cella mentre il mondo esterno lentamente si dimenticherà della tua stessa esistenza.

Questi pensieri sono passati per la mente anche del presidente onorario di Amnesty International Turchia, Taner Kılıç. Oggi, 6 giugno, è trascorso un anno da quando questo avvocato per i diritti umani è stato privato della sua libertà, anche se non ha fatto nulla di sbagliato.

Ma in questo incubo, Taner ha tratto forza dal sostegno di ogni parte del mondo: “Anche se una persona in carcere può temere che sarà dimenticato persino dalle persone più vicine, proprio come un ‘prigioniero dimenticato’, la mia situazione è l’opposto. Oltre alla mia famiglia e ai miei amici, sono diventato famoso e sono osservato dal mondo intero grazie ad Amnesty International“.

L’inizio di Amnesty International

Le parole di Taner ci riportano indietro alle origini del movimento di Amnesty International.

Poco meno di 60 anni fa, il 28 maggio 1961, il quotidiano britannico “The Observer“, pubblicò un articolo intitolato “I prigionieri dimenticati“. Peter Benenson, l’autore, a sua volta avvocato, aveva avuto un’idea semplice: se molte persone avessero considerato l’ingiustizia un fatto personale e avessero scritto ai governi che trattavano i prigionieri in modo crudele e ingiusto, avrebbero dato luogo a un cambiamento in meglio.

Benenson fondò Amnesty International coniando l’espressione “prigionieri di coscienza“: ancora oggi, sono le persone imprigionate solo per le loro opinioni o per ciò in cui credono.

Oltre a Taner, ce ne sono molti altri

Purtroppo il nostro collega e amico Taner è solo uno dei molti prigionieri di coscienza nella storia della Turchia. Per decenni, le attiviste e gli attivisti di Amnesty International hanno preso parte a campagne e dato speranze alle tante persone ingiustamente finite in carcere nel paese.

Nel 1961 l’ex presidente Bayar ringraziò dal carcere Amnesty International per la campagna che aveva lanciato per ottenere il suo rilascio.

Nel 1971 il professor Mümtaz Soysal scrisse questi versi dal carcere, dopo aver appreso che le attiviste e gli attivisti di Amnesty International, da ogni parte del mondo, stavano chiedendo il suo rilascio:

Tra poco cadrà la notte e chiuderanno le porte delle celle.
Non mi sento solo,
Io sono con l’umanità intera e l’umanità intera è con me.

Un clima di paura

Dopo il fallito colpo di stato del luglio 2016, le autorità turche hanno intenzionalmente usato il perdurante stato d’emergenza come scusa per spazzare via la società civile. Difensori dei diritti umani, giornalisti, sindacalisti, avvocati e altri attori della società civile vivono sotto un costante clima di paura, non sapendo se saranno i prossimi alle cui porte qualcuno busserà nottetempo a causa di un tweet, di un articolo, di un discorso o meramente per il loro lavoro.

Per coloro che sono in carcere, un giorno in più dietro le sbarre è un giorno in più di ingiustizia.

Noi ad Amnesty International non ci stanchiamo mai di chiedere il loro rilascio. Continuiamo a parlare della Turchia e a sostenere quelle brave persone che sul terreno lottano per difendere i diritti umani nel paese. Lo faremo fino a quando Taner non uscirà dalla prigione e potrà finalmente riabbracciare in libertà sua moglie e le sue figlie.

Fino a quel momento ti chiediamo di continuare a tenere alto il suo morale inviandogli messaggi di solidarietà. Perché, come dice Taner, “le vostre lettere e il vostro sostegno mi danno forza“.

Continuiamo a dimostrare a Taner e alle altre persone ingiustamente in carcere in Turchia, che non saranno mai “prigionieri dimenticati”.