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Amnesty International ha dichiarato che il vergognoso ritiro, ufficiale dal 1° luglio dopo l’annuncio fatto tre mesi prima, dalla Convenzione di Istanbul aumenterà i rischi di subire violenza per milioni di donne e ragazze in Turchia.
La decisione del presidente Erdoğan – condannata in tutto il mondo e particolarmente in Turchia, dove solo lo scorso anno sono state assassinate almeno 300 donne – di abbandonare lo storico trattato sulla prevenzione e sul contrasto della violenza contro le donne e della violenza domestica sarà ricordata nella storia come la prima volta in cui uno stato membro del Consiglio d’Europa si è ritirato da una convenzione internazionale sui diritti umani.
“Allo scoccare della mezzanotte, la Turchia ha voltato le spalle alla protezione delle donne, inviando uno sconsiderato e pericoloso messaggio a chi compie violenza contro di loro: potranno continuare a farlo con impunità”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
Il trattato, aperto alla firma degli stati membri del Consiglio d’Europa nel maggio 2011 proprio a Istanbul, contiene una struttura giuridica per proteggere le donne dalla violenza e promuove l’uguaglianza di genere attraverso atti legislativi, istruzione e sensibilizzazione. I quattro principi fondamentali (prevenzione, protezione, procedimenti penali e politiche integrate) forniscono un quadro di riferimento per contrastare la violenza di genere.
Attraverso la sua ratifica e la sua attuazione, la Convenzione di Istanbul ha favorito importanti progressi, tra cui l’istituzione in Finlandia di linee telefoniche attive 24 ore su 24 per le donne che subiscono violenza domestica e l’introduzione, a partire dal 2018, di leggi sullo stupro basate sul criterio del consenso in Islanda, Svezia, Grecia, Croazia, Malta, Danimarca e Slovenia.
La Convenzione di Istanbul è ampiamente considerata uno strumento fondamentale per contrastare gli enormi tassi di violenza contro le donne in Europa. Nel giugno 2021 il Liechtenstein è diventato il 34° stato membro del Consiglio d’Europa su 47 ad averla ratificata.
Tuttavia, in molte parti d’Europa la Convenzione è sotto attacco e vari governi la usano per diffondere informazioni false e demonizzare l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne e delle persone Lgbti. Le pretestuose motivazioni addotte dalle autorità turche per giustificare il ritiro, ossia che la Convenzione è una minaccia ai “valori della famiglia” e “normalizza l’omosessualità”, sono state fatte proprie da vari governi, tra cui quelli di Polonia e Ungheria.
Il ritiro della Turchia dalla Convenzione è uno sviluppo estremamente preoccupante anche perché avviene in un periodo di erosione dei diritti nel paese. Il 26 giugno la polizia anti-sommossa ha usato forza eccessiva contro i partecipanti al Pride di Istanbul, scesi in strada nonostante l’evento fosse stato vietato per il sesto anno consecutivo. Centinaia di manifestanti sono stati colpiti dai gas lacrimogeni e dai proiettili di plastica. Sono state arrestate almeno 47 persone, tra cui due minorenni e un giornalista dell’Agenzia France Presse che ha subito maltrattamenti e torture da parte della polizia mentre era bloccato a terra con un ginocchio sul collo.
“La Turchia ha rimandato indietro le lancette dell’orologio di 10 anni rispetto ai diritti delle donne e ha stabilito un terrificante precedente. Ma questa deplorevole decisione è diventata un punto di solta per le attiviste di tutto il mondo, determinate con noi a resistere a ulteriori assalti ai diritti umani”, ha concluso Callamard.
Ulteriori informazioni
La Convenzione di Istanbul è stata firmata e ratificata da 34 dei 47 stati membri del Consiglio d’Europa. Azerbaigian e Russia sono gli unici due stati membri a non averla neanche firmata, mentre la scorsa settimana Ucraina e Regno Unito si sono impegnati a ratificarla. Il Messico, che ha uno status di stato osservatore all’interno del Consiglio d’Europa, ha espresso l’intenzione di far parte della Convenzione.