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Le donne dirette in Europa sono particolarmente esposte al rischio di subire violenza fisica, verbale e molestie sessuali da parte dei trafficanti. Questa e altre preoccupazioni sono state raccolte grazie a un lavoro di ricerca presentato con una nota ufficiale e che ha coinvolto oltre 100 donne e ragazze che dal marzo 2017 vivono in campi e altre strutture nella capitale Atene, nei suoi dintorni e sulle isole greche.
Il report “Voglio decidere del mio futuro: dalla Grecia, le voci delle donne che hanno perso le radici“, descrive i viaggi pericolosi affrontati da donne e ragazze e i rischi cui vanno incontro quando arrivano sulle isole o sulla terraferma della Grecia.
“Quando i governi europei hanno chiuso le porte ai rifugiati, noi donne siamo finite sempre più nelle grinfie dei trafficanti. Non possiamo chiamare la polizia o chiedere aiuto a qualcun altro perché siamo ‘illegali’, e i trafficanti ne approfittano”, ha raccontato una rifugiata siriana.
Ma l’incubo non cessa quando raggiungono le coste europee.
“Ogni giorno va peggio. Il campo è stracolmo…”, ha riferito una donna del campo di Moria, a Lesbo, attrezzato per 3.100 persone e che attualmente ne ospita due volte e mezzo di più.
La mancanza di chiavi per chiudere le porte e la poca luce rendono pericolose attività del tutto normali e quotidiane come andare in bagno, fare la doccia o persino camminare fuori dalle tende di sera.
“Le porte delle stanze delle docce non si chiudono e gli uomini entrano mentre sei dentro. Nei bagni manca la luce. Quando è notte, mi faccio accompagnare da mia sorella o urino in un secchio”, ha denunciato una donna del campo di Vathy, sull’isola di Samo.
“Ci sentiamo totalmente dimenticate. Alcune di noi sono nei campi da due anni e non è cambiato nulla. Non riesco neanche a parlare dei miei problemi perché nessuno parla la mia lingua…”, ha denunciato una yazida irachena che si trova a Skaramagas, nei pressi di Atene.
Tanto nei campi quanto nelle strutture situate nelle aree urbane, la mancanza di informazioni sufficienti e di interpreti donne pongono grandi ostacoli all’accesso a servizi essenziali, come l’aiuto legale o l’assistenza ai centri per la salute sessuale e riproduttiva.
Tuttavia, nonostante queste improbe sfide, le rifugiate in Grecia stanno lavorando per cambiare le cose: si uniscono per dare vita a iniziative di vitale importanza, come la creazione di spazi nelle aree urbane dove le donne e le ragazze possono incontrarsi e accedere a determinati servizi, la ricostituzione di reti sociali e la condivisione di competenze ed esperienze per creare una vita migliore per loro e per le loro famiglie.
Sulla base delle nostre ricerche abbiamo raccolto dieci richieste volte a migliorare la protezione delle donne rifugiate in Grecia e a difendere i loro diritti.
“Il miserabile rifiuto dei governi europei di aprire percorsi legali e sicuri per i rifugiati in fuga dalla guerra sta aumentando i rischi di terribili violenze per le donne e le ragazze in Grecia”, ha dichiarato dall’isola di Lesbo Kumi Naidoo, il segretario generale di Amnesty International.
“Eppure nonostante la difficoltà e gli ostacoli, queste donne stanno trovando la forza di parlare. Coloro che hanno potere di prendere decisioni devono ascoltare le loro voci e dare seguito alle loro parole. In questi tempi di #MeToo e #TimesUp, siamo orgogliosi di essere accanto alle nostre sorelle sradicate in Grecia e di dire loro ‘Vi vediamo, vi ascoltiamo, vi crediamo e lotteremo con voi!’”.
Sulla terraferma greca circa 45.500 migranti e rifugiati vivono in strutture di accoglienza temporanee nelle aree urbane oppure nei campi.
Oltre il 60% dei migranti e dei rifugiati arrivati in Grecia nel 2018 sono donne e bambini. A causa dell’accordo tra Unione europea e Turchia del marzo 2016, queste persone sono intrappolate e devono sopportare condizioni terribili.
Il sovraffollamento è arrivato a un picco di crisi: oltre 15.500 migranti e rifugiati vivono nelle isole in cinque campi che potrebbero contenerne solo 6.400.
Nel 2018 tre campi che erano stati chiusi perché giudicati inabitabili sono stati riaperti a causa della mancanza di altre strutture, senza che le condizioni fossero state migliorate.
Migliaia di persone, molte delle quali con bisogni particolari come i disabili e i bambini, dormono in tende allestite intorno ai campi. La mancanza di servizi igienico-sanitari, le insufficienti forniture di acqua potabile, l’accumulo di rifiuti e la presenza di topi anche di grosse dimensioni sono comuni in tutti i campi.