Legge sulla tortura: si rischia l’approvazione di un testo impresentabile

16 Maggio 2017

Amnesty International Italia

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Il Senato si avvia ad approvare una legge sulla tortura internazionalmente impresentabile”. Durissima la nota stampa diffusa da Amnesty International Italia e Antigone a commento dei lavori in corso di approvazione della legge a Palazzo Madama.

Il nuovo appello delle associazioni pone l’accento su come la proposta di legge definisca il reato di tortura “in evidente contrasto con quanto imposto dalla Convenzione internazionale contro la tortura, che ormai solo in apparenza quella legge ha lo scopo di attuare”.

Nonostante avessimo già indicato le condizioni necessarie all’approvazione di una legge che aspettiamo dal 1989, anno in cui l’Italia ha ratificato la Convenzione, il testo in discussione “insiste nel limitare la tortura ai soli comportamenti ripetuti nel tempo (un’ipotesi ripudiata solo qualche anno fa dall’intero arco costituzionale) e a circoscrivere in modo inaccettabile l’ipotesi della tortura mentale è assurdo per chiunque abbia un minimo di conoscenza del fenomeno della tortura nel mondo contemporaneo. A questi limiti si accompagna la confusione di una definizione che pare scritta apposta per renderne difficile l’applicazione”.

“È davvero triste – conclude la nota – che il parlamento stia perdendo un’occasione storica di porre in qualche modo rimedio a 28 anni di inerzia sul tema“.

Perché è necessario introdurre il reato di tortura

L’assenza, nel codice penale italiano, di un reato specifico comporta che gli accusati di tortura o di trattamenti inumani siano incriminati per altri reati generici, sanzionati con pene lievi e soggetti a termini di prescrizione brevi.

Nel programma di riforme dell’Agenda in 10 punti che abbiamo presentato nel 2013, in occasione delle elezioni politiche in Italia, abbiamo rinnovato il nostro impegno per l’introduzione del reato di tortura in Italia. In questi anni abbiamo tenuto alta l’attenzione sulla necessità adempiere a un obbligo internazionale previsto dall’art. 4 della Convenzione delle Nazioni Unite del 1984, che l’Italia ha ratificato nel 1989. Per maggiori informazioni clicca qui.