Libano: il governo rilasci con urgenza altri detenuti per prevenire la diffusione del Covid-19

23 Aprile 2020

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Nell’ambito delle misure di contenimento e prevenzione della diffusione del Covid-19, le autorità libanesi devono dare priorità al rilascio di detenuti che hanno scontato le proprie condanne e accelerare l’esame dei casi di coloro che si trovano in regime di detenzione preventiva.

Nonostante il governo abbia adottato una serie di misure, tra le quali alcune scarcerazioni, sono migliaia le persone che restano in carcere in attesa di processo, o, in alcuni casi, anche a pena scontata.

Nelle ultime settimane, nel clima di crescente preoccupazione legato alla pandemia, ci sono state rivolte all’interno delle carceri e sono stati organizzati dei sit-in di protesta dei familiari all’esterno degli istituti penitenziari e delle stazioni di polizia per chiedere l’immediato rilascio dei detenuti.

Le carceri libanesi sono piene di persone che semplicemente non dovrebbero trovarsi lì. Tra queste, centinaia restano dentro perché i magistrati non esaminano il caso in tempi ragionevoli, o perché non sono in grado di pagare le ammende o ottenere un’ordinanza di scarcerazione“, ha detto Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International.

La risposta delle autorità al Covid-19 rappresenta un’opportunità per affrontare questa ingiustizia e non deve essere più rinviata. Per coloro che restano in detenzione o in carcere, il governo libanese deve fornire uno standard sanitario che soddisfi le esigenze individuali di ciascuna persona e garantisca la massima protezione possibile contro la diffusione del Covid-19“, ha aggiunto Lynn Maalouf.

Chiediamo alle autorità libanesi di rilasciare i detenuti che hanno finito di scontare la propria condanna e coloro che stanno scontando una condanna o sono trattenuti per accuse che non costituiscono reati internazionalmente riconosciuti.

L’organizzazione chiede altresì alle autorità libanesi di prendere seriamente in considerazione il rilascio o l’adozione di misure non detentive per tutti coloro che sono in carcere in attesa di processo, oltre ai detenuti che sono maggiormente a rischio a causa dell’età o di patologie pregresse, indipendentemente dall’accusa per la quale sono stati arrestati o condannati.

Il rilascio delle persone detenute

Nell’ambito delle misure governative per il contenimento della diffusione del Covid-19, il 6 aprile il ministro dell’Interno ha annunciato il rilascio di oltre 600 persone che si trovavano in regime di detenzione preventiva. Secondo l’organizzazione non governativa Agenda legale, nel 2018 la densità della popolazione carceraria era del 130 per cento, dovuta soprattutto alle prolungate custodie cautelari. La situazione all’interno degli istituti penitenziari resta preoccupante con un costante sovraffollamento e condizioni di vita inadeguate, senza contare le condizioni sanitarie critiche in cui versano centinaia di detenuti. I detenuti sono esposti a maggiori rischi relativi al Covid-19, non potendo far altro che vivere a stretto contatto con gli altri, spesso senza possibilità di accesso ad adeguate misure preventive.

Il 17 marzo, il governo ha presentato una proposta di legge al parlamento concepita in linea di principio per dispensare i detenuti che avevano finito di scontare la propria pena dal pagamento delle ammende e per garantire loro il rilascio, lasciando intendere che sarebbero oltre 100 i detenuti in questa situazione. Tuttavia, la proposta di legge non è stata inclusa nell’agenda parlamentare della sessione legislativa, di tre giorni, di questa settimana. L’esistenza di questa proposta di legge indica che ci sono almeno centinaia di detenuti che hanno scontato la propria condanna ma restano ancora in carcere.

Doummar El-Mokdad, membro del Comitato delle famiglie dei detenuti del Libano ha dichiarato di essere a conoscenza di persone in custodia cautelare trattenute per periodi di tempo prolungati: “I detenuti restano senza processo. Alcuni si trovano in carcere dagli avvenimenti di Nahr El Bared del 2007 e sono da 13 anni senza processo. Sono ostaggi, non detenuti“.

Il 2 aprile, il primo ministro Hassan Diab ha annunciato l’intenzione di scarcerare un numero stimato di 3000 detenuti, circa la metà della popolazione carceraria regolare, e una settimana dopo il ministro dell’Interno Mohammed Fahmi ha confermato la liberazione di 606 persone che si trovavano in detenzione preventiva.

Doummar El-Mokdad ha aggiunto: “Per i detenuti e le loro famiglie, il Libano è un vero e proprio inferno. Le nostre carceri non sono fatte per gli esseri umani. Le foto e i video inviati dai detenuti dimostrano che le loro condizioni restano deprecabili“.

Le preoccupazioni dei familiari

I familiari intervistati da noi temono per la salute dei detenuti, soprattutto in ragione delle visite che diventano sempre più difficili a causa delle restrizioni imposte per la pandemia.

Secondo Omar Nashabe, ex consulente del ministero dell’Interno, l’amministrazione della prigione centrale di Roumieh ha fornito un elenco di 700 detenuti che presentano patologie pregresse, molti dei quali con problemi respiratori e altre malattie che li espongono a rischi maggiori relativi al Covid-19. El-Mokdad ci ha riferito che a Roumieh sono circa 120 le persone detenute che condividono lo stesso bagno e 70 dormono in ogni corridoio. Nella prigione di Zahle, si calcola siano 820 le persone detenute in un edificio dalla capacità di 300.

Il marito di Heba Al-Mawla, Ali, finora ha scontato sette anni di una condanna a 13 per vendita di stupefacenti. Heba, che ha due figli, non è riuscita a fargli visita nelle ultime tre settimane perché, a causa dell’interruzione del suo lavoro di tassista, non ha denaro disponibile.

Ha raccontato: “Ali mi ha detto che hanno riunito i detenuti e hanno spruzzato su di loro acqua e disinfettante. Questa è una misura valida per proteggerli dal coronavirus? O semplicemente un altro modo per offenderli? Quando condannano qualcuno a trascorrere così tanto tempo in carcere, stanno condannando anche la madre, la moglie e i figli. Il nostro paese è pieno di ingiustizie“.