Manifesta oggi per i diritti di domani: una campagna condivisa

5 Luglio 2024

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L’intensificarsi delle azioni contro il cambiamento climatico, in Europa, ha innalzato il livello della repressione nei confronti delle proteste, sia a livello individuale che collettivo. A dirlo è Michel Forst, Relatore speciale sui difensori dell’ambiente per la convenzione di Aarhus. Ma non è solo chi manifesta per il clima e l’ambiente a essere ostacolato, attaccato e criminalizzato ma, più in generale, chi scende in strada, chi esprime il proprio dissenso, anche attraverso azioni pacifiche di disobbedienza civile, deve affrontare la repressione dei governi.

In Italia, nell’ultimo anno e mezzo, diversi sono stati i provvedimenti adottati che puntano a scoraggiare l’attivismo e la partecipazione alle proteste, ad esempio il cosiddetto “decreto legge rave party”, convertito in legge a fine dicembre 2022, che nella sua prima formulazione si prestava a un’interpretazione estensiva e quindi applicabile anche a raduni diversi, come le manifestazioni non violente; oppure la legge n. 6 del 22 gennaio 2024 che, pur senza dichiararlo esplicitamente, intende punire non solo con le pene già previste dal codice penale, ma anche con sanzioni amministrative, forme di attivismo che prendono di mira beni culturali o paesaggistici per atti di protesta pacifica. Nell’ultimo anno, inoltre, stiamo assistendo all’utilizzo dei “fogli di via” che, agendo sulla libertà di movimento della persona, impatta direttamente sul funzionamento e sulle attività di alcuni movimenti di protesta e sulla libertà di movimento di chi manifesta. Infine, Amnesty International ha raccolto numerose segnalazioni di persone che hanno preso parte a mobilitazioni pacifiche e che sono state vittime o testimoni di un uso della forza da parte delle forze di polizia, non sempre necessaria e non sempre in linea con gli standard internazionali.

E i media? Pur svolgendo un ruolo fondamentale, in alcuni casi contribuiscono a diffondere la retorica dei governi, che presenta coloro che protestano come criminali e non come manifestanti pacifici, senza fornire alcuna analisi delle ragioni. Concentrandosi sul disagio che una protesta può causare, piuttosto che sui motivi, contribuiscono a diffondere l’idea che queste azioni siano illegittime e inutili. Per rimettere al centro il valore della protesta, che è motore del cambiamento, e restituire la giusta dignità a chi promuove, organizza e partecipa, anche attraverso azioni di disobbedienza civile, Amnesty International lancia la campagna Manifesta oggi per i diritti di domani, realizzata in collaborazione con Baobab, Extintion rebellion, Fridays for future, Greenpeace, Lucha y siesta, No Tav, Non una di meno e Unione sindacale di base.

Manifesta oggi per i diritti di domani intende ricordare l’importanza dei diritti acquisiti nel passato grazie alle manifestazioni e alle altre forme di protesta, da quelle studentesche per chiedere maggiori finanziamenti alla scuola pubblica, al primo global pride, passando a quelle per il diritto al divorzio e all’aborto, fino ai grandi scioperi sindacali degli anni Settanta, che hanno reso possibile lo Statuto dei lavoratori. Strumento fondamentale della campagna è la petizione rivolta alla presidente del Consiglio e al ministro dell’Interno, per garantire la tutela del diritto di protesta e l’introduzione dei codici identificativi per le forze di polizia.

 

Articolo a cura di di Laura Renzi, ufficio campagne, per il numero 3 del trimestrale I Amnesty.

Scarica il n. 3 – Luglio 2024