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Mercoledì 13 novembre la maggioranza di governo ha presentato in Commissione affari costituzionali a Montecitorio una serie di emendamenti al cosiddetto “decreto flussi” (D.L. n. 145/2024). Ancora una volta, tali emendamenti intervengono pericolosamente sulla normativa in materia di migrazione e asilo. La proposta arriva subito dopo l’ingresso in Italia di sette richiedenti asilo di nazionalità egiziana e bengalese, trattenuti per nove giorni su una nave della marina militare italiana e successivamente in centri di detenzione in Albania.
È il diciassettesimo intervento del governo su questa materia in due anni, con misure che ignorano le reali necessità di ingresso, tutela e accoglienza delle persone migranti. Tali misure minano i principi costituzionali e del diritto internazionale, causando gravi violazioni dei diritti fondamentali e producendo effetti contrari agli interessi del paese.
Le organizzazioni del Tavolo asilo e immigrazione (Tai) esprimono forte preoccupazione per alcuni emendamenti che aggravano ulteriormente la criminalizzazione del fenomeno migratorio e la negazione del diritto d’asilo. Tra questi, il trasferimento della competenza sulle convalide dei trattenimenti dei richiedenti asilo dalle sezioni specializzate dei tribunali ordinari alla corte d’appello, che sovraccaricherà le corti, già in affanno, senza benefici per le persone coinvolte o per il sistema. L’Unione delle camere penali italiane ha definito questa misura “irrazionale e pericolosa”, volta esclusivamente a cercare un giudice “non politicizzato”, senza basi concrete per ipotizzare decisioni diverse.
Preoccupano anche due emendamenti che colpiscono il sistema di accoglienza già frammentato e precario: uno limita il diritto all’accoglienza per chi presenta domanda d’asilo oltre 90 giorni dall’ingresso, l’altro discrimina tra chi arriva via mare e chi via terra, nonostante i ritardi sistematici nelle questure per chi entra via terra.
Inaccettabile è inoltre l’emendamento che rende segrete le informazioni sull’equipaggiamento fornito a stati terzi per il controllo delle frontiere. Classificare tali dati impedirebbe alla società civile di monitorare responsabilità in episodi di intercettazioni e respingimenti, consolidando un sistema di impunità per violazioni gravi commesse da paesi come Tunisia e Libia, dove le autorità sono responsabili di violenze, torture e abusi.
Il decreto, con i nuovi emendamenti, rischia di essere approvato entro il 25 novembre.
Facciamo appello al governo e a tutte le forze politiche in Parlamento affinché si ponga fine a questo approccio strumentale che alimenta ingiustizie e discriminazioni. L’Italia ha altre priorità che non si risolvono attaccando i diritti dei richiedenti asilo e negando i principi del diritto internazionale e della Costituzione.