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Ziad Abu Ein, ministro dell’Autorità nazionale palestinese, direttore di un comitato che si oppone al muro e agli insediamenti israeliani in Cisgiordania, è morto il 10 dicembre a seguito dell’intervento delle forze di sicurezza israeliane nel villaggio di Turmus’ayya, dov’era in corso una protesta contro la confisca delle terre.
Le fotografie diffuse online mostrano i militari israeliani stringere Ziad Abu Ein alla gola. In seguito, è stato dichiarato che il ministro palestinese era stato colpito al petto da un candelotto lacrimogeno mentre altre fonti hanno sostenuto che abbia avuto problemi respiratori dopo aver inalato il gas e altre ancora che sia stato picchiato dai militari israeliani.
Amnesty International teme che la morte di Ziad Abu Ein possa essere causata dalla forza eccessiva e arbitraria usata dalle forze di sicurezza israeliane.
Poco prima di morire, Ziad Abu Ein aveva detto ai giornalisti che la protesta era pacifica: ‘Siamo venuti a piantare alberi sulla terra palestinese, e loro ci hanno attaccato dall’inizio. Nessuno ha tirato una sola pietra’.
‘Questa tragedia poteva essere evitata. Le forze di sicurezza israeliane sono note in negativo per il modo in cui rispondono alle proteste e hanno fatto frequentemente ricorso a una forza eccessiva e non necessaria contro chi manifesta in Cisgiordania, causando numerose uccisioni illegali. E continuano a farlo con impunità’ – ha dichiarato Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
‘Occorre un’indagine indipendente e imparziale sulla morte di Ziad Abu Ein. Questo episodio spiega ulteriormente quanto sia necessario che i militari israeliani che usano forza eccessiva, non necessaria e persino letale durante le proteste siano chiamati a rispondere del loro operato’ – ha concluso Luther.