Missione navale in Libia: il via libera del parlamento

2 Agosto 2017

David Ramos/Getty Images

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Il parlamento italiano ha votato in favore dell’invio di navi da guerra nelle acque libiche con l’obiettivo di assistere la Guardia costiera della Libia a intercettare migranti e rifugiati e a riportarli a terra.

Oggi le autorità italiane hanno dimostrato che considerano più importante tenere migranti e rifugiati alla larga dalle loro coste piuttosto che proteggere le loro vite e la loro incolumità – ha commentato in una nota ufficiale Gauri Van Gulik, vicedirettrice di Amnesty International per l’Europa –. Facilitare l’intercettamento e il ritorno in Libia di migranti e rifugiati significherà destinarli ai centri di detenzione del paese, dove quasi certamente saranno esposti al rischio di subire torture, stupri e anche di essere uccisi. Il voto di oggi potrebbe rendere le autorità italiane complici di quest’orrore“.

Secondo il piano del governo, fino a sei navi potrebbero essere impiegate per collaborare con la Guardia costiera libica nell’intercettamento e nel ritorno di migranti e rifugiati in Libia, dove affronterebbero terribili violazioni dei diritti umani. Il personale militare italiano potrebbe essere autorizzato a usare la forza nei confronti di scafisti e trafficanti e, di conseguenza, migranti e rifugiati potrebbero essere colpiti dal fuoco incrociato.

L’Italia – ha commentato Van Gulik –, insieme agli altri stati membri dell’Unione europea, dovrebbe dedicarsi ad aumentare le operazioni di ricerca e soccorso. Invece, ha scelto di abdicare alle sue responsabilità e di mettere in pericolo le stesse persone che afferma di voler salvare, fornendo addirittura copertura e sostegno militare alla Guardia costiera libica, il cui operato violento e incosciente è stato più volte documentato, anche da Amnesty International.

“L’Italia, inoltre, col sostegno dell’Unione europea, ha introdotto ostacoli alla capacità delle Ong di salvare persone in mare, dimostrando come il suo approccio complessivo sia errato”.

“Questa non è la risposta alla crisi umanitaria in atto nel Mediterraneo centrale, bensì la ricetta per altre sofferenze. Ogni forma di cooperazione con le autorità libiche dovrebbe dare priorità a monitorare il loro comportamento in tema di violazioni dei diritti umani e ad accertare le responsabilità per quelle commesse. Dovrebbe inoltre essere condizionata a un verificabile impegno delle autorità libiche a migliorare le condizioni dei rifugiati e dei migranti in Libia”.