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Mercoledì 11 dicembre una delegazione di Myanmar interviene all’Aja, presso la Corte di giustizia internazionale, per rispondere dell’accusa di aver violato la Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio.
“Ci sono prove schiaccianti che le forze armate di Myanmar abbiano commesso crimini di diritto internazionale e altre gravi violazioni dei diritti umani contro i rohingya – ha dichiarato in una nota ufficiale Nicholas Bequelin, direttore di Amnesty International per l’Asia –. Ciò nonostante le autorità di Myanmar, compresa la stessa Aung San Suu Kyi, continuano a respingere, negare o minimizzare queste accuse. L’esercito di Myanmar finora è riuscito a evadere la giustizia e continua a commettere violazioni contro altri gruppi etnici del paese“.
La denuncia nei confronti di Myanmar è stata presentata l’11 novembre 2019 dal Gambia, che ha chiesto alla Corte, in attesa della sua pronuncia, di ordinare a Myanmar di adottare “misure provvisorie per proteggere i diritti del gruppo rohingya e impedire ogni azione che possa equivalere o contribuire al reato di genocidio“.
La delegazione di Myanmar sarà guidata da Aung San Suu Kyi, consigliera di stato e capo di stato di fatto.
“Se Aung San Suu Kyi è seria quando dice di voler servire il popolo di Myanmar, allora deve stare al fianco delle vittime e dei sopravvissuti nel perseguimento della giustizia, della verità e della riparazione. Non dovrebbe proteggere coloro che sono sospettati di azioni criminali“, ha concluso Bequelin.