Myanmar: Meta deve risarcire i rohingya per aver contribuito alla pulizia etnica

25 Agosto 2023

Maung Sawyeddollah

Tempo di lettura stimato: 6'

Meta deve immediatamente risarcire i rohingya per il ruolo avuto da Facebook nella pulizia etnica di questa minoranza perseguitata. Lo ha dichiarato Amnesty International in occasione del sesto anniversario della brutale operazione delle forze armate di Myanmar durante la quale donne e bambine rohingya vennero stuprate, interi villaggi furono dati alle fiamme e migliaia di persone vennero uccise.

Gli algoritmi di Facebook e la spietata ricerca di profitti da parte di Meta crearono una cassa di risonanza che contribuì a fomentare l’odio contro i rohingya e a creare le condizioni che costrinsero il gruppo etnico a una fuga di massa da Myanmar.

“Sono passati sei anni da quando Meta contribuì alle terribili atrocità perpetrate contro i rohingya. Nonostante sia stato uno dei più clamorosi casi di coinvolgimento di una piattaforma social in una crisi dei diritti umani, i rohingya stanno ancora attendendo riparazioni da Meta”, ha dichiarato Pat de Brún, direttore del programma Big Teach Accountability di Amnesty International.

“Le nostre indagini hanno stabilito chiaramente che i pericolosi algoritmi di Facebook, che sono programmati per favorire il ‘coinvolgimento’ e profitti aziendali a tutti i costi, hanno attivamente alimentato le fiamme dell’odio e contribuito alla violenza di massa e allo sfollamento forzato verso il Bangladesh di oltre la metà della popolazione rohingya”, ha aggiunto Pat de Brún.

“È giunto il momento che Meta affronti le sue responsabilità risarcendo i rohingya e modificando le sue politiche imprenditoriali affinché ciò non accada più”, ha sottolineato Pat de Brún.

Per pura coincidenza, il 25 agosto segna un importante passo avanti per chiamare Big Tech a rendere conto dell’impatto sui diritti umani delle sue attività, con l’entrata in vigore del Digital Service Act per le principali piattaforme social all’interno dell’Unione europea. Il Digital Service Act è un’importante legislazione in favore dei diritti nell’era digitale che potrebbe avere effetti anche oltre l’Unione europea.

Un appello personale a Meta e a Mark Zuckerberg

Amnesty International e Al Jazeera hanno pubblicato una drammatica testimonianza di Maung Sawyeddollah, un rifugiato rohingya costretto a lasciare il suo villaggio in Myanmar quando era adolescente. Attraversò villaggi incendiati e campi pieni di cadaveri prima di arrivare in Bangladesh, dove vive attualmente nel più grande campo rifugiati del mondo, quello di Cox’s Bazar, che ospita circa un milione di persone.

Da bambino, prima che si scatenasse l’odio grazie all’aiuto di Facebook, Maung e i suoi amici in maggioranza musulmani rohingya giocavano felici con i loro coetanei in maggioranza buddisti rakhine del villaggio accanto. Poi, quando arrivò l’esercito, cambiò tutto.

Vorrei incontrare Mark Zuckerberg e il suo staff e chiedere se avrebbero voglia di passare una o due notti nel campo rifugiati. Ecco cosa gli direi: ‘Non vedete il ruolo che avete avuto nella nostra sofferenza? Vi abbiamo chiesto ripetutamente di aiutarci a migliorare la situazione ma avete ignorato le nostre suppliche. Provate qualcosa per noi? O si tratta solo di dati e di dollari?’”

Ulteriori informazioni

L’anno scorso Amnesty International ha pubblicato un rapporto sul ruolo di Meta nelle atrocità commesse nel 2017 dalle forze armate di Myanmar contro i rohingya. Il rapporto ha rivelato che già nel 2012 studi interni di Facebook avevano indicato che Meta sapeva che i suoi algoritmi avrebbero potuto causare enormi danni nel mondo reale. Una ricerca della stessa Meta nel 2016 aveva riconosciuto che “il nostro sistema di raccomandazioni [ossia, di contenuti suggeriti] accresce il problema” dell’estremismo.

Nell’agosto 2017 le forze armate di Myanmar avviarono una brutale campagna di pulizia etnica contro la popolazione musulmana di etnia rohingya dello stato di Rakhine. Uccisero centinaia di persone, anche molto piccole, stuprarono donne e ragazze, torturarono uomini e ragazzi nei centri di detenzione e diedero alle fiamme centinaia di villaggi. La violenza costrinse 700.000 persone, oltre la metà della popolazione residente nello stato di Rakhine all’inizio della crisi, a fuggire in Bangladesh.

Meta contribuì al grave impatto negativo sui diritti umani dei rohingya e, di conseguenza, secondo gli standard del diritto internazionale, ha la responsabilità di fornire un rimedio effettivo alla comunità colpita, anche attraverso modifiche alle sue politiche imprenditoriali.

Tutte le imprese hanno il dovere di rispettare tutti i diritti umani durante le loro attività e ovunque operino nel mondo. Lo prevedono gli standard internazionali in materia, come i Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani e le Linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico per le imprese multinazionali.

Qui potete leggere il racconto di Maung Sawyeddollah e un’analisi approfondita di Pat de Brún.