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Gli attacchi mortali contro i rohingya nello stato di Rakhine in Myanmar aumentano e ricordano drammaticamente le atrocità commesse a cominciare dal 25 agosto 2017.
“Con l’avvicinarsi del settimo anniversario della crisi, la situazione nello stato di Rakhine appare spaventosamente familiare. Uomini, donne e bambini rohingya vengono uccisi, le città si svuotano e i resti della storia e dell’identità rohingya vengono erosi. Molti cercano nuovamente rifugio nei campi profughi oltre confine in Bangladesh dove le condizioni economiche, di sicurezza e di sostentamento sono peggiorate”, ha detto Joe Freeman, ricercatore di Amnesty International su Myanmar.
“Dopo essere stati sottoposti a una campagna brutale e sistematica di violenza nell’agosto 2017 a seguito di decenni di persecuzione sostenuta dallo stato, i civili rohingya sono ora intrappolati nel conflitto in via d’intensificazione nello stato di Rakhine tra l’Esercito dell’Arakan e le forze armate di Myanmar, che costringe con la forza i rohingya a combattere dalla sua parte”.
L’esercito ha risposto alle perdite sul campo con devastanti attacchi aerei che hanno ucciso rohingya e civili di etnia rakhine. Gli attacchi hanno preso di mira aree civili, distruggendo case, mercati e altre infrastrutture civili.
“L’esercito di Myanmar deve immediatamente porre fine alla nuova campagna di violenza e astenersi da attacchi illegali contro i civili, che stanno subendo il peso del conflitto non solo nello stato di Rakhine ma in tutto il paese, con milioni di sfollati”, ha affermato Freeman.
Mentre avanza attraverso lo stato di Rakhine e conquista territori, l’Esercito dell’Arakan è sempre più accusato di atrocità.
“La comunità internazionale deve esercitare più pressione anche sull’Esercito dell’Arakan affinché rispetti il diritto umanitario internazionale. Tutte le accuse di crimini di guerra perpetrati dall’esercito di Myanmar o da qualsiasi gruppo armato devono essere efficacemente investigate”, ha detto Freeman.
L’avanzata dell’Esercito dell’Arakan nella città settentrionale di Buthidaung, nello stato di Rakhine, ha provocato incendi su vasta scala il 17 maggio e causato lo sfollamento di migliaia di residenti rohingya. Inoltre, il 5 agosto, un attacco che i sopravvissuti hanno attribuito all’Esercito dell’Arakan ha ucciso un numero imprecisato di civili rohingya in fuga dalla città di Maungdaw, vicino al confine con il Bangladesh. L’Esercito dell’Arakan ha negato di essere responsabile dell’attacco.
“La rapida escalation del conflitto in Myanmar è un motivo in più per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per deferire finalmente la situazione nel paese alla Corte penale internazionale. Non ci può essere alcun progresso senza l’accertamento delle responsabilità. Il futuro di Myanmar dipende dalla protezione, promozione e difesa dei diritti umani di tutte le persone nel paese”, ha detto Freeman.
“Ciò include l’abolizione delle leggi e delle politiche discriminatorie che vengono utilizzate per cementare il sistema di apartheid contro centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini rohingya nello stato di Rakhine e il ripristino dei loro diritti alla salute, all’istruzione e alla libertà di movimento.”
Nel frattempo, il Bangladesh continua a ospitare per il settimo anno consecutivo e in condizioni precarie quasi un milione di rifugiati rohingya. L’anno scorso, almeno 12.000 rifugiati nei campi sono rimasti senza tetto a causa di incendi devastanti e dell’impatto del ciclone Mocha. Le gravi carenze di finanziamenti hanno portato all’insicurezza alimentare nei campi, oltre a carenze nell’assistenza sanitaria e nell’istruzione.
“Il nuovo governo ad interim del Bangladesh dovrebbe dare priorità alla protezione dei diritti umani dei rifugiati rohingya e alla loro sicurezza nei campi, rispettare il principio di non respingimento e adottare una politica rispettosa dei diritti nei confronti dei rohingya”, ha concluso Freeman.
Il 25 agosto 2017 le forze di sicurezza di Myanmar lanciarono un attacco su vasta scala e sistematico contro i villaggi rohingya, dopo che un gruppo armato chiamato Esercito di salvezza dell’Arakan aveva portato a termine attacchi mortali contro posti di polizia. Arakan è un altro nome utilizzato per lo stato di Rakhine.
La risposta delle forze armate di Myanmar su basò su esecuzioni extragiudiziali, distruzioni di proprietà e aggressioni sessuali. A seguito delle cosiddette “operazioni di pulizia” militari, più di 740.000 donne, uomini, bambine e bambini rohingya sono fuggiti dal nord dello stato di Rakhine verso il vicino Bangladesh. Tenendo conto delle precedenti ondate di violenza contro di loro, si stima che un milione di rifugiati rohingya ora viva in Bangladesh.
Amnesty International affermò che gli attacchi del 2017 contro i rohingya equivalevano a crimini contro l’umanità, raccomandando che almeno una dozzina di alti ufficiali venissero indagati per il loro ruolo nelle violenze, incluso il generale Min Aung Hlaing.
La Corte penale internazionale sta indagando sui presunti crimini commessi nel 2016 e 2017 contro la popolazione rohingya, ma solo quelli commessi in parte nel territorio del Bangladesh o di altri stati, poiché Myanmar non ha ratificato il suo Statuto. Amnesty International ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di deferire la situazione di Myanmar alla Corte penale internazionale, in modo che si possa condurre un’indagine su tutti i crimini commessi nel paese.
Min Aung Hlaing non è mai stato chiamato a rispondere delle sue azioni e il 1° febbraio 2021, a seguito di un colpo di stato militare, è stato chiamato a presiedere il neocostituito Consiglio di amministrazione dello Stato. Da allora soldati, agenti di polizia e milizie sostenute da quell’organismo hanno ucciso più di 5000 civili in Myanmar. Amnesty International ha documentato maltrattamenti e torture, detenzioni arbitrarie e attacchi aerei illegali da parte dell’esercito di Myanmar.
Nel novembre 2022 l’organizzazione ha chiesto la sospensione delle importazioni di carburante per l’aviazione, che l’esercito di Myanmar utilizza per bombardare i civili. Sebbene molte aziende si siano ritirate dalla catena di approvvigionamento dopo essere state informate dei rischi, le spedizioni sono continuate.