© Andrew Stanbridge / Amnesty International
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Il 6 settembre il Tribunale penale internazionale ha stabilito di poter esercitare la propria giurisdizione sulla deportazione di oltre 725.000 appartenenti alla minoranza rohingya da Myanmar in Bangladesh.
Myanmar non è stato parte dello Statuto di Roma del Tribunale, ma il Bangladesh sì. Il Tribunale penale internazionale ha pertanto stabilito di poter portare avanti le proprie indagini sul crimine contro l’umanità di deportazione poiché di quel crimine, ovvero la sua fine, è avvenuta nel territorio del Bangladesh.
Per di più, ha aggiunto il Tribunale, i rohingya sono stati illegalmente costretti a rimanere fuori dal loro paese e a vivere in condizioni agghiaccianti in Bangladesh.
“La decisione del Tribunale apre la strada verso la giustizia per le centinaia di migliaia di rohingya che nella seconda parte del 2017 sono stati costretti a lasciare i loro villaggi a seguito della campagna di pulizia etnica lanciata dall’esercito di Myanmar”, ha dichiarato Biraj Patnaik, direttore di Amnesty International per l’Asia meridionale.
“L’auspicio è ora che la decisione del Tribunale stimoli il Consiglio di sicurezza a deferire la situazione di Myanmar allo stesso Tribunale, in modo che possano essere indagati tutti gli altri crimini commessi all’interno del paese, nei confronti dei rohingya come nei confronti di altre minoranze etniche negli stati di Kachin e Shan”, ha concluso Patnaik.