Nuova ricerca della campagna “Ban the scan”: la tecnologia di riconoscimento facciale rafforza il razzismo della polizia di New York

15 Febbraio 2022

Tempo di lettura stimato: 7'

Una nuova ricerca pubblicata da Amnesty International e dai suoi partner nell’ambito della campagna “Ban the scan” ha rivelato che gli abitanti di New York che vivono in quartieri dove sono più frequenti le perquisizioni sono anche più esposti all’invadente tecnologia di sorveglianza basata sul riconoscimento facciale.

Le vaste operazioni di sorveglianza del dipartimento di polizia di New York colpiscono particolarmente persone già oggetto di perquisizioni in tutti e cinque i quartieri della città.

In quartieri come il Bronx, Brooklyn e Queens, più è alta la percentuale di abitanti non bianchi e maggiore è la concentrazione di telecamere a circuito chiuso per il riconoscimento facciale.

La tecnologia di riconoscimento facciale a scopo di identificazione è un sistema di sorveglianza di massa che viola il diritto alla riservatezza e mette a rischio i diritti alla libertà di manifestazione, all’uguaglianza e alla non discriminazione.

“La nostra analisi mostra che l’uso della tecnologia di riconoscimento facciale rafforza l’atteggiamento discriminatorio della polizia di New York nei confronti delle minoranze”, ha dichiarato Matt Mahmoudi, ricercatore di Amnesty International su intelligenza artificiale e diritti umani.

“Sappiamo da tempo che a New York le perquisizioni sono una tattica razzista della polizia. Ora sappiamo che le comunità maggiormente colpite sono anche quelle che rischiano di più di subire discriminazioni a causa della sorveglianza. L’estensione della tecnologia di riconoscimento facciale espone interi quartieri alla sorveglianza di massa. Il dipartimento di polizia di New York adesso deve dirci esattamente come questa invadente tecnologia sia utilizzata”, ha aggiunto Mahmoudi.

“Vietare il riconoscimento facciale a fini di sorveglianza di massa è la prima cosa da fare, più che necessaria, per smantellare il razzismo della polizia. La municipalità di New York deve agire in direzione di un bando totale”, ha commentato Mahmoudi.

Le conclusioni della ricerca si basano su dati ottenuti da migliaia di volontari del progetto Decode Surveillance NYC, che hanno mappato oltre 25.500 telecamere a circuito chiuso installate a New York. Amnesty International, insieme ad analisti, ha comparato questi dati con le statistiche sulle perquisizioni e con informazioni demografiche.

Dal 2016 al 2019, la polizia di New York ha usato la tecnologia di riconoscimento facciale in almeno 22.000 occasioni. I dati sulle perquisizioni disponibili dal 2002 indicano che le comunità nere e latine sono state di gran lunga il bersaglio principale.

Nel 2021, Amnesty International ha citato in giudizio il dipartimento di polizia di New York perché aveva rifiutato di rendere pubbliche informazioni sull’acquisizione di dati derivanti dalla tecnologia di riconoscimento facciale e da altri strumenti di sorveglianza. Il caso è ancora in corso.

Un nuovo sito interattivo

In contemporanea con la pubblicazione della sua ricerca, Amnesty International ha lanciato un nuovo sito che consente agli utenti di scoprire quanto un percorso pedonale tra due luoghi di New York possa essere esposto alla tecnologia di sorveglianza di massa.

Durante le manifestazioni del movimento Black Lives Matter del 2020, le persone che hanno preso parte alle proteste di New York sono state esposte a livelli maggiori di tecnologia di riconoscimento facciale. Chi si dirigeva a Washington Square Park dalla più vicina stazione della metropolitana era ripreso dalle telecamere Argus della polizia newyorkese per tutto il tragitto.

“Quando abbiamo esaminato il percorso a piedi dalle stazioni della metropolitana ai luoghi delle proteste e viceversa, abbiamo verificato una pressoché totale copertura del percorso da parte di telecamere a circuito chiuso di proprietà pubblica, soprattutto telecamere Argus della polizia di New York. Questo massiccio uso della tecnologia di riconoscimento facciale è di per sé una perquisizione digitale. L’uso delle tecnologie di sorveglianza di massa nei luoghi delle manifestazioni serve a identificare, rintracciare e minacciare persone che stanno semplicemente esercitando i loro diritti umani”, ha sottolineato Mahmoudi.

“Queste del dipartimento di polizia di New York sono deliberate tattiche intimidatorie che non dovrebbero esistere in una società libera e che devono essere fermate immediatamente”, ha concluso Mahmoudi.

Il sito, inoltre, consente agli utenti di verificare quanto la tecnologia di sorveglianza facciale sia usata tra qualsiasi luogo di attrazione turistica di New York, calcolando la distanza e i percorsi per arrivarvi.

Amnesty International incoraggia la popolazione di New York ad agire inviando una lettera di protesta ai membri del Consiglio municipale per chiedere l’introduzione di un divieto dell’uso della tecnologia di riconoscimento facciale in modo che le loro comunità siano protette. Gli utenti di ogni altra parte del mondo possono firmare la petizione di Amnesty International che chiede di regolamentare dove e come sono usati i sistemi di tecnologia di riconoscimento facciale.

Tra i partner che hanno collaborato alla ricerca di Amnesty International figurano Julien Cornebise, Computer Science Department, University College London; BetaNYC, un’organizzazione della società civile che usa dati e tecnologie per chiamare i governi a rendere conto delle loro azioni; e il dottor Damon Wischik, un analista indipendente.

Nel 2021 la campagna “Ban the scan” aveva prodotto una prima ricerca di New York e un’altra ricerca sulla città di Hyderabad, in India.

Amnesty International chiede un divieto totale dell’uso, sviluppo, produzione, vendita ed esportazione di tecnologia di riconoscimento facciale per la sorveglianza di massa sia da parte degli stati che delle imprese private.