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Dal dicembre 2017 oltre 35 donne sono state aggredite e arrestate nella capitale Teheran per aver aderito alle proteste contro l’obbligo, discriminatorio e abusivo, di indossare il velo.
“Siamo di fronte a un profondo passo indietro delle autorità iraniane contro le donne che osano sfidare l’obbligo di indossare il velo – ha dichiarato in una nota ufficiale Magdalena Mughrabi, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord –. L’annuncio della polizia pone molte donne a rischio di subire condanne ingiuste e ammonisce in modo agghiacciante tutte le altre a stare calme e al loro posto mentre i loro diritti vengono violati“.
Secondo un comunicato della polizia iraniana, decine di donne potrebbero trascorrere fino a 10 anni in carcere per aver preso parte a manifestazioni contro l’obbligo del velo con l’accusa di “incitamento alla corruzione e alla prostituzione“.
Il 26 febbraio Narges Hosseini è stata la prima a comparire di fronte a un tribunale di Teheran.
Ad almeno un’altra donna, Shaparak Shajarizadeh, è stata notificata l’accusa di “incitamento alla corruzione e alla prostituzione”. Si trova in isolamento nella prigione Shahr-e-Rey di Varamin, nei pressi di Teheran. Il suo avvocato ha denunciato che è stata torturata nel centro di detenzione di Vozara, nella capitale, subito dopo l’arresto e che le sono state praticate, con violenza e contro la sua volontà, iniezioni di sostanze sconosciute.
Tra le donne arrestate nelle scorse settimane ci sono Vida Movahed e Azam Jangravi, attualmente libere su cauzione, e Maryam Shariatmadari e Hamraz Sadeghi che invece sono detenute.
“Obbligando le donne e le ragazze a coprirsi i capelli, le autorità iraniane violano da decenni i diritti umani delle donne e colpiscono profondamente la loro dignità. Piuttosto che minacciare col carcere le donne che rivendicano i loro diritti, dovrebbero immediatamente abolire le norme e le prassi discriminatorie, abusive e degradanti relative all’obbligo del velo“, ha aggiunto Mughrabi.
Nelle ultime settimane le autorità iraniane, tra cui i presidenti della procura e del tribunale rivoluzionario di Teheran hanno offeso le manifestanti chiamandole “deficienti“, “infantili“, “pervertite“, “ingannate” e “malvagie” oltre che al servizio di “potenze straniere nemiche“.
Il portavoce del potere giudiziario, Gholam-Hossein Mohseni-Eje’i, ha dichiarato che le donne che manifestano contro l’obbligo del velo stanno “agendo sotto l’influenza di droghe sintetiche” o stanno ricevendo “istruzioni da gruppi del crimine organizzato“.
L’annuncio della polizia coincide con una recente recrudescenza di brutalità contro le proteste individuali delle donne che si tolgono il velo in luoghi pubblici affollati e lo sventolano rimanendo in silenzio in piedi su una struttura rialzata.
Il 22 febbraio sui social media iraniani è diventato virale un video in cui un agente di polizia spinge violentemente Maryam Shariatmadari mentre si trova su un blocco di cemento a sventolare il velo. Le ferite dovute alla caduta hanno reso necessario un intervento chirurgico. La donna si trova nella prigione Shahr-e Rey e non riceve cure adeguate.
Il 23 febbraio la madre di Maryam Shariatmadari, Mitra Jamshidzadeh, è stata a sua volta trattenuta per 30 ore nel centro di detenzione Vozara di Teheran, dove si era recata per chiedere notizie della figlia. Secondo il suo avvocato, è stata picchiata.
Il 24 febbraio Hamraz Sadeghi è stata arrestata da agenti in borghese mentre stava sventolando il velo in piedi su un contenitore per spedizioni. Secondo un testimone oculare, è stata picchiata e la caduta le ha causato la frattura a un gomito.
Secondo il diritto internazionale, la legislazione che in Iran obbliga a indossare il velo costituisce una chiara violazione di una serie di diritti umani fondamentali: è profondamente discriminatoria nei confronti delle donne e delle ragazze, solo alle quali è rivolta, e viola i diritti delle donne e delle ragazze alla libertà d’espressione, di pensiero, di coscienza, di credo religioso nonché quello alla riservatezza oltre che alcuni diritti specifici delle bambine.
Obbligando le donne e le ragazze a coprire i loro capelli, anche attraverso azioni violente e umilianti e con gli arresti e la prigione, le autorità iraniane colpiscono profondamente la dignità delle donne e, in termini strettamente giuridici, si rendono responsabili di pene o trattamenti crudeli inumani o degradanti. Qualora questi comportamenti causino grave dolore o sofferenza, fisica o mentale, costituiscono tortura.