Pakistan, Aasia Bibi assolta: annullata la condanna a morte

31 Ottobre 2018

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Dopo oltre 3400 giorni di carcere, il 31 ottobre è finito l’incubo giudiziario per Aasia Bibi, la donna cristiana condannata a morte otto anni fa per “blasfemia”.

Oggi 51enne e madre di cinque figli, Aasia Bibi era stata arrestata nel 2009 a seguito di un alterco tanto banale quanto esemplificativo del clima in cui vivono le minoranze religiose in Pakistan: nel villaggio di Ittanwali, nel Punjab, due donne musulmane avevano rifiutato di prendere l’acqua dallo stesso pozzo dal quale l’aveva appena presa Aasia Bibi (e pertanto diventata imbevibile in quanto “impura”). Da qui il litigio, del quale l’imam della moschea di Ittanwali – che non aveva assistito al fatto – divenne il testimone cardine della presunta “offesa all’Islam”.

Così, nel 2010, venne emessa la condanna a morte per blasfemia, confermata in appello nel 2014 e poi sospesa nel 2015.

Alla fine l’avvocato di Aasia Bibi, Saiful Malook, musulmano, è riuscito a convincere la Corte Suprema dell’infondatezza dell’accusa.

Ora il problema sarà garantire la sicurezza della donna. Negli ultimi anni, persone assolte dal “reato” di blasfemia hanno dovuto cercare riparo all’estero.

La stessa vita dell’avvocato Malook, da quando ha assunto la difesa di Aasia Bibi, è cambiata. Nella capitale del Punjab, Lahore, vive sotto scorta da anni: “Ho perso la salute, ho costantemente la pressione alta. Sanno dove abito, la gente passa davanti a casa mia e quando cammino per strada mi guarda come pensando che un giorno o l’altro sarò ammazzato da qualche gruppo di facinorosi”.

C’è a chi è andata peggio: per aver preso le difese di Aasia Bibi e aver criticato l’uso delle leggi sulla blasfemia, nel 2011 il governatore del Punjab, Salman Taseer, è stato assassinato. L’omicida è stato impiccato e la sua esecuzione è tuttora considerata alla stregua di un “martirio” da molti estremisti.

Dal 2007 al 2016, secondo l’Ong di Lahore “Centro per la giustizia sociale”, 1.472 persone sono state incriminate per blasfemia: 730 musulmani, 501 ahmadi (una minoranza musulmana considerata eretica), 205 cristiani e 26 induisti. Altri 10 sono stati assassinati dalla giustizia fai-da-te degli estremisti, prima di andare a processo. Fortunatamente le condanne a morte non sono state mai eseguite.

Le buone notizie di Amnesty International sono anche su Pressenza.