Amnesty International
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“L’uomo coraggioso non è colui che non si sente impaurito, ma colui che vince la paura” Nelson Mandela.
In questi mesi abbiamo affrontato una sfida durissima e inattesa.
Abbiamo tutti temuto per il nostro futuro, per quello delle persone a noi care, per il futuro di chi è più vulnerabile e indifeso.
Abbiamo avuto il coraggio di combattere per i diritti di tutti. Nessuno escluso.
Ancora oggi viviamo nell’incertezza del domani, nel timore della crisi economica, nella paura di un nuovo lockdown.
Sono mesi difficili, in cui ognuno di noi sta dimostrando, con un piccolo o grande gesto, tutto il suo coraggio. Vi abbiamo chiesto di raccontarci il vostro. Questi sono solo alcuni dei messaggi che ci sono arrivati.
Tutto è successo all’improvviso, neanche il tempo di riflettere sulle nostre paure più profonde, già tutto deciso, mentre un virus stava avanzando il piano per correre ai ripari era scattato. Percezioni sensoriali attutite, ossigeno e anidride circoscritti all’interno di una mascherina, elastici che lasciano i segni, mani blindate, corpi racchiusi protetti, mentre da una visiera traspare lo sguardo luminoso in cui rispecchiarsi e mettersi in contatto. Mi volto indietro ad ammirare tutte le persone che si sono incontrate, supportate, sopportate, nutrite e posso solo andare avanti e portarle con me.
Ho continuato, tramite la didattica a distanza, ad insegnare ai miei studenti, nonostante le mille difficoltà dovute alla mia connessione internet scarsa e all’impossibilità di alcuni studenti di riuscire a connettersi. Li ho cercati e raggiunti in altri modi, in maniera da non lasciare nessuno indietro. Ci siamo sostenuti a vicenda, perché io ho tenuto loro compagnia, è vero, ma soprattutto loro hanno sostenuto me, senza saperlo. Non so se questo sia ritenuto un gesto di coraggio, ma per me lo è, perché sarebbe stato molto più facile lasciarsi andare allo sconforto, e invece ho cercato di vedere il lato positivo e mi sono messa fin da subito a lavoro da casa.
Il Covid, ci ha tolto uno degli affetti più grandi e forti, che sperimenta una persona nella propria vita: quello paterno. Quando viene a mancare una parte così importante per te, nella tua vita, il vuoto che inevitabilmente si crea, è profondo e rimarrà per sempre. È facile scoraggiarsi, autocommiserarsi, lasciarsi andare senza reagire. Invece, nonostante tutto, sono qui a vivere la mia vita giorno dopo giorno portando avanti impegni, lavoro, passioni, interessi, regalando sorrisi e portando il buonumore anche agli altri. Ecco, questo è il mio coraggio, questa è la mia forza.
Non ho fatto niente di coraggioso. Ho continuato a essere infermiere nonostante tutte le difficoltà di una pandemia che ha trovato un SSN già in ginocchio. Come ieri, oggi è domani.
Durante il lockdown la situazione è degenerata e ciò ha spinto Marina a cercare aiuto. Per telefonarci finge di uscire per buttare la spazzatura, finge di uscire in giardino a prendere aria, finge di doversi recare in farmacia. Al telefono chiede aiuto e confida ciò che subisce, le sue paure, i dubbi sulle frequentazioni del padre. In breve tempo insieme alla forze dell’ordine riusciamo ad organizzare la messa in sicurezza di Marina presso la nostra casa rifugio, la rassicuriamo e attraverso la nostra legale sporge denuncia e parte immediatamente un’indagine nei confronti del padre e dei fratelli. Marina è rimasta nella nostra casa rifugio per due mesi, dopo siamo riuscite a trovarle una casa in fitto e ci siamo attivate per trovarle un lavoro. I suoi parenti non sanno ne’ dove si trovi ne’ che lei è una donna in rinascita.
Sono una mamma di una ragazza di 12 anni. Il coraggio è stato di starle molto vicino e di sorridere sempre anche quando mi arrivavano notizie inquietanti. Aiutarla quando, speranzosa di tornare a scuola almeno a maggio, si è sentita dire che non sarebbero più tornati fino a settembre! È stata molto dura. Non abbiamo visto i miei genitori di 89 e 92 anni per più di 2 mesi per tenerli protetti e anche questa è stata una dura prova. Penso che, in questo caso, il coraggio sia stato più di stare al chiuso che di uscire!
Il mio piccolo gesto è quotidiano e riguarda il fatto di andare in ospedale a lavorare cercando di stare calma e mantenere un atteggiamento di ascolto e di attenzione. Non ho contatto diretto coi pazienti ma lavoro per i loro trattamenti. Osservo le mie e le altrui paure. Buon cammino a tutti.
Io, come tanti altri, convivo e purtroppo condivido con la mia famiglia una malattia senza cura: la mancanza di lavoro. Voi, parlate della incertezza portata dal virus, quale certezza c’è per chi ha quasi 59 anni e non lavora da 9? Di una persona che non possiede niente di valore ed ha come prospettiva l’elemosina della pensione sociale?
Abbiamo raccolto e distribuito beni di prima necessità, convogliando la generosità di tanti. Abbiamo comunque incontrato le persone, nei dovuti modi, cercando di alleviare paure e angosce. Abbiamo semplicemente gettato il cuore oltre l’ostacolo, tenendo presenti coloro che operavano in situazioni ben più drammatiche in Italia, e pensando agli operatori umanitari presenti nel resto del mondo a servizio dei più poveri e oppressi, dove l’emergenza è norma.
Durante il lockdown abbiamo consegnato generi alimentari a famiglie in difficoltà. Proseguire con il nostro progetto è stato forse coraggioso, forse solo necessario, ma mi ritengo fortunata, perché mi ha permesso, al contrario di quanto accaduto a molti altri, di non sentirmi mai sola. Quindi forse il vero atto di coraggio è quello di scegliere ogni giorno, lontano dall’emergenza, la comunità piuttosto che le istanze individuali. Nell’emergenza, il costante impegno nella comunità, è stato ripagato con un senso di vicinanza che nella confusione generale ha donato uno scopo e ha aiutato a superare il timore.
Nel nostro paese sono stati creati dei gruppi per portare la spesa e i medicinali gratuitamente a domicilio. Ero stata assegnata referente di una delle farmacie ed insieme ad altri 3 volontari da coordinare e garantire un servizio ininterrotto. Abbiamo fatto dal 12 di marzo fino alla fine di giugno più di 300 consegne a casa della gente. Il tutto ognuno con la propria macchina. Ho consumato quasi del tutto le mie gomme invernali, dato che il nostro comune è molto esteso, ma ne valeva la pena. Una esperienza che mi ha fatto crescere in tutti i sensi, nonostante i momenti concitati e il terrore iniziale.
Ho vissuto questi momenti come la maggior parte degli cittadini di questo paese. L’ho vissuto nella paura di tutto e di tutti. Ma nonostante la paura, ho aiutato la comunità senegalese di cui faccio parte. La soddisfazione è stata più forte della paura.
Abbiamo deciso di dare a nostra figlia di 5 anni un fratello/sorella… Ahahah speriamo che sia il suo più bel regalo e che si amino alla follia!!!
Il mio gesto è familiare, quotidiano ma essenziale per me. Sono mamma, nonna e bisnonna e parlo sempre a tutti di quante persone soffrono e patiscono semplicemente perché hanno il coraggio di portare avanti le proprie idee, i propri sentimenti. Non sono credente ma figlia e nipote di partigiano, nonna ebrea con parenti in campo di concentramento. Come posso quindi non compiere il mio gesto di coraggio quotidiano?
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