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I migranti impiegati nella costruzione di uno stadio dei Mondiali di calcio della Fifa hanno lavorato per un periodo fino a sette mesi senza compenso. Circa 100 dipendenti della Qatar Meta Coats (Qmc), società di progettazione e costruzione subappaltatrice per i lavori di facciata nello stadio da 770 milioni di euro Al Bayt, aspettano ancora il pagamento delle intere somme loro dovute.
“I lavoratori migranti ci hanno riferito delle difficoltà che hanno dovuto sopportare lavorando per mesi senza sosta allo stadio di Al Bayt senza essere pagati. Sono preoccupati per le loro famiglie che fanno affidamento sul denaro che inviano a casa dal Qatar per pagare le rette scolastiche e le spese mediche“, ha dichiarato in una nota ufficiale Steve Cockburn, direttore del programma Giustizia economica e sociale di Amnesty International.
“Questo è l’ultimo esempio lampante di quanto sia ancora facile sfruttare i lavoratori in Qatar, persino mentre costruiscono uno dei fiori all’occhiello dei Mondiali. Da anni chiediamo al Qatar di apportare delle riforme al sistema ma è evidente che questi cambiamenti non sono giunti abbastanza in fretta“, ha aggiunto Steve Cockburn.
Dopo che abbiamo sollevato il problema con le autorità qatarine, la Fifa e il Comitato supremo per il patrimonio e il completamento, ente organizzatore dei Mondiali in Qatar, alcuni dipendenti hanno iniziato a ricevere parte di quanto loro dovuto, sempre con parte degli stipendi ancora non corrisposti.
“Sebbene i pagamenti recentemente corrisposti possano offrire un po’ di gradito sollievo ai lavoratori, gli organizzatori in Qatar della Coppa del mondo ci hanno detto di essere a conoscenza dei ritardi nei pagamenti degli stipendi da luglio 2019, il che ci fa chiedere perché il Qatar abbia permesso ai lavoratori di continuare a lavorare per mesi senza paga. Non dovrebbe essere necessaria una ricerca di Amnesty International per fare in modo che ai lavoratori venga corrisposto quanto dovuto“, ha commentato Steve Cockburn.
Continuiamo ad essere al fianco di tutti i lavoratori della Qmc nella richiesta, al Qatar e ai suoi partner per i mondiali, di pagare tutto quello che spetta loro. Dovrebbero altresì garantire che abbiano documenti legali validi e che venga loro rimborsata ogni spesa sostenuta per ottenere il proprio posto di lavoro alla Qmc. Tutti questi soggetti devono agire in maniera rapida per fermare eventuali abusi e offrire prontamente un rimedio.
In un nuovo rapporto, abbiamo documentato come la Qmc non sia riuscita a rinnovare i permessi di soggiorno dei dipendenti, esponendoli al rischio di essere arrestati ed espulsi. Attualmente, la maggior parte sta aspettando la fine del lockdown per il Covid-19 in alloggi angusti a Doha, dove la Qmc si occupa ancora dei loro pasti.
Grazie alle interviste raccolte tra dipendenti ed ex dipendenti della Qmc e all’analisi di contratti e documenti giudiziari, si calcola che circa 100 lavoratori migranti provenienti da Filippine, Ghana, Kenya, Nepal e altri paesi hanno subito ritardi nei pagamenti degli stipendi. I ritardi avevano interessato tutti i dipendenti che lavoravano allo stadio Al Bayt e sono iniziati al principio del 2019, ma la situazione è peggiorata ulteriormente nel 2020. Molti dipendenti non hanno ricevuto alcuna paga per il lavoro svolto tra settembre 2019 e la fine di marzo 2020, anche se alcuni stipendi si sono fermati ancora prima, ad agosto. La Qmc ha più volte rassicurato i lavoratori sull’arrivo dei pagamenti ma non ha mai tenuto fede fino in fondo alle promesse.
A gennaio del 2020, stanchi delle reiterate promesse della società, alcuni lavoratori hanno presentato dei reclami ai comitati speciali del lavoro qatarini. Nel corso delle udienze di mediazione, i rappresentanti della Qmc hanno accordato di liquidare alcune richieste, senza però darvi seguito. Ad altri dipendenti l’azienda ha detto che sarebbero stati pagati solo se avessero acconsentito a concludere i propri contratti in anticipo e andare a casa.
Molti dipendenti hanno detto che gli era stato impedito di recarsi al lavoro, in apparente ritorsione per essersi rivolti al tribunale o per aver rifiutato di interrompere i loro contratti in anticipo.
Un lavoratore, Kiran*, ha dichiarato: “La società è in una posizione talmente superiore che ci si pente di essersi rivolti al tribunale. Qualunque sia la decisione dell’azienda, il Qatar li favorisce. I lavoratori soffrono perché sono le aziende a comandare“.
Prima della fine di febbraio 2020, la Qmc aveva rimosso tutti i dipendenti che lavoravano ancora allo stadio chiedendo loro di fare riferimento al proprio stabilimento che produce e rifinisce materiali come alluminio e acciaio, apparentemente destinati allo stadio stesso. Hanno continuato a lavorare lì senza stipendio fino al 22 marzo, poi lo stabilimento ha chiuso a causa della pandemia.
Dopo lo scambio approfondito di comunicazioni con Comitato supremo e altri soggetti chiave che erano a conoscenza dell’abuso in atto da circa un anno, il Comitato supremo ci ha informato che il pagamento dei lavoratori sarebbe stato imminente. Infatti, il 7 giugno, i lavoratori hanno confermato ad Amnesty International che alcuni di loro avevano ricevuto parte di quanto dovuto. Tuttavia, i lavori hanno confermato che non tutti avevano ricevuto il pagamento e che per quelli che l’avevano ricevuto non si era trattato del saldo totale.
La situazione dei lavoratori è peggiorata dal fatto che la maggior parte ora è in possesso di permessi di soggiorno scaduti perché la Qmc non li ha rinnovati per mesi.
Secondo il sistema qatarino della “kafala“, i lavoratori migranti dipendono dai propri datori di lavoro per quasi ogni aspetto della propria presenza legittima nel paese. I datori di lavoro hanno la responsabilità di fornire loro un permesso di soggiorno valido, senza il quale i migranti non possono lavorare legalmente nel paese, accumuleranno sanzioni e potrebbero essere arrestati o espulsi. Inoltre, non possono cambiare lavoro senza il permesso del datore di lavoro.
Come tanti lavoratori migranti che giungono nel Golfo, i lavoratori della Qmc hanno pagato alte commissioni per ottenere un lavoro in Qatar, cosa proibita dalla Legge sul lavoro del Qatar.
Le persone intervistate dai nostri ricercatori hanno riferito di aver pagato somme tra i 900 e i 2000 dollari Usa ad agenzie di reclutamento nel loro paese di origine. Molti hanno dovuto contrarre dei prestiti per pagare quelle tariffe e adesso sono in difficoltà nel mantenere le proprie famiglie.
Kiran ha riferito di non poter ancora fare ritorno a casa o pagare le rette scolastiche dei fratelli più piccoli perché si era indebitato molto per lavorare per la Qmc in Qatar.
“Il mio futuro non si prospettava sereno prima di arrivare in Qatar… Ero disoccupato e non trovavo lavoro nel mio paese di origine… Sono l’unico in famiglia a occuparsi dei miei genitori e dei miei fratelli e ho pensato che venire in Qatar avrebbe migliorato la situazioni di noi tutti… Purtroppo però, le cose non sono andate come mi aspettavo“.
Con delle note di risposta scritte ad Amnesty International, la Qmc ha riconosciuto i ritardi nei pagamenti dovuti alle difficoltà economiche e ha dichiarato di essere al lavoro per trovare una soluzione.
Il Comitato supremo ha dichiarato di aver saputo per la prima volta dei problemi nei pagamenti da parte della Qmc a luglio del 2019 durante alcuni colloqui di controllo con i lavoratori e che da allora aveva adottato diverse misure per cercare rimedi agli abusi: tra questi, incontri con il direttivo della società, l’esclusione da futuri contratti e la segnalazione al ministero del Lavoro.
La Fifa ha detto di aver contattato il Comitato supremo una volta venuta a conoscenza della situazione dopo la ricerca di Amnesty International e attualmente sta lavorando con i suoi partner in Qatar per assicurare che tutti gli stipendi non versati siano corrisposti senza ulteriori ritardi. Tuttavia, non è ancora chiaro come mai la Fifa non fosse a conoscenza delle violazioni allo stadio Al Bayt fino a maggio 2020.
Amnesty International ha anche scritto al ministero del Lavoro ma ad oggi senza riscontro.
Gli standard di benessere dei lavoratori del Comitato supremo, secondo i quali le società coinvolte nei progetti per la Coppa del Mondo devono assicurare che siano rispettati i diritti di tutti i lavoratori e che si ponga rimedio alle violazioni, sembrano aver messo il Comitato supremo in grado di individuare rapidamente i problemi alla Qmc. Tuttavia, questi standard non sono stati in grado di garantire pagamenti puntuali per i lavoratori della Qmc, dimostrando che sono ancora inadeguati per mettere fine alle violazioni e offrire rimedi tempestivi quando le aziende non riescono a pagare o non li rispettano.
Intanto, il fatto che la Fifa non sia venuta a conoscenza per così tanto tempo della grave situazione dei lavoratori in uno degli stadi destinati ai mondiali mostra che ancora non è in grado di prendere abbastanza sul serio le violazioni dei diritti umani correlate ai Mondiali 2022 in Qatar.
“Se durante gli ultimi 10 anni la Fifa avesse chiamato a rispondere delle proprie responsabilità i suoi partner per i mondiali e avesse utilizzato la propria influenza per spingere il Qatar a riformare completamente il suo sistema, non ascolteremmo ancora le stesse storie sulla sofferenza dei lavoratori a soli due anni e mezzo dal calcio d’inizio“, ha concluso Steve Cockburn.
*dipendente di Qmc