Rapporto 2022 – 2023

Introduzione

Photo by Faisal Khan/Anadolu Agency via Getty Images

INTRODUZIONE

di Agnès Callamard

Segretaria generale di Amnesty International

 

Per oltre 10 anni, le organizzazioni per i diritti umani hanno avvertito che era in corso un persistente deterioramento del rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto. Dove si colloca il 2022 in questa discesa? È stato un altro anno disastroso per i diritti umani? La violazione delle norme internazionali ha raggiunto un nuovo punto più basso? E se la risposta è sì, che cosa deve fare la comunità globale?

A febbraio 2022, la Russia ha invaso l’Ucraina, scatenando la devastazione militare su una popolazione e un paese in pace. Nel giro di qualche mese, le infrastrutture civili sono state distrutte, migliaia di persone sono morte e molte altre ferite. L’azione della Russia ha accelerato una crisi energetica globale e ha contribuito a indebolire i sistemi di produzione e distribuzione del cibo, portando a una crisi alimentare mondiale che continua a colpire in modo sproporzionato le nazioni più povere e le persone razzializzate.

Meno di una settimana dopo l’invasione, il procuratore capo dell’Icc ha annunciato un’indagine sui crimini di guerra commessi in Ucraina. Il 2 marzo, una schiacciante maggioranza di paesi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato per condannare l’invasione russa come un atto di aggressione. Nel frattempo, i paesi europei che da tempo respingevano i rifugiati, hanno aperto i loro confini agli ucraini che cercavano un posto sicuro.

Per tutto il 2022, a livello internazionale, le richieste di giustizia e il supporto alle indagini sui crimini di guerra sono state martellanti. Forse cavalcando quest’onda, all’Assemblea generale gli stati membri hanno adottato una risoluzione per contrastare il potere di veto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, una delle principali cause della sua debolezza sistemica.

È possibile che l’aggressione della Russia verso l’Ucraina possa anche fungere da campanello d’allarme, a livello generale? Che possa servire a unire il mondo attorno ai diritti umani e a valori universali?

Più conflitti, più letali

La guerra in Etiopia ha continuato a infuriare nel 2022, mietendo centinaia di migliaia di vittime, secondo alcune stime, e diventando così uno dei conflitti più sanguinosi della storia recente. Ma gran parte di questa carneficina è stata nascosta alla vista, perpetrata in una campagna per lo più invisibile di pulizia etnica contro i tigrini del Tigray occidentale.

Il 2022 è stato anche l’anno con il maggior numero di morti dell’ultima decade per i palestinesi della Cisgiordania, con almeno 153 persone, tra cui decine di bambini, uccise dalle forze israeliane, per lo più in un contesto di raid militari e operazioni di arresto sempre più frequenti. L’esercito in Myanmar ha sistematicamente punito i civili karen e karenni, causando centinaia di morti e almeno 150.000 sfollati. Le popolazioni di Haiti, Mali, Venezuela e Yemen, così come di molti altri luoghi, sono state afflitte da conflitti armati o violenze sistemiche, e dalle violazioni dei diritti umani connesse.

Più catastrofi climatiche, più petrolio, meno rimedi

Nel 2022, è stato oltremodo chiaro qual è il prezzo devastante di una crisi climatica fuori controllo. Alluvioni, siccità, ondate di caldo e incendi hanno causato morti, perdita di alloggi e mezzi di sostentamento, oltre a una crescente insicurezza alimentare.

Eppure, di fronte a questi disastri, quando i leader si sono riuniti in Egitto per la Cop27, non sono stati in grado di prendere le misure necessarie per contenere l’innalzamento della temperatura globale al di sotto della soglia di 1,5°C. Gli stati si sono inoltre rifiutati di affrontare la causa principale del riscaldamento globale: la produzione e l’uso di combustibili fossili.

La cooperazione mondiale non è riuscita ad arginare l’aumento della temperatura e i negoziati hanno fallito nel garantire impegni di vitale importanza per la graduale eliminazione di tutti i combustibili fossili. C’è stata una svolta sul lato dei finanziamenti ai paesi più colpiti dai disastri climatici: l’istituzione del fondo per perdite e danni è un barlume di speranza per le persone che vivono in prima linea gli effetti della crisi climatica. Tuttavia, il fondo è ben lungi dall’essere operativo e i 100 miliardi di dollari Usa annui di finanziamenti legati al clima, che i paesi ricchi hanno promesso ai paesi in via di sviluppo fin dal 2009, non sono ancora stati erogati.

Intanto, nel 2022, le sei maggiori compagnie petrolifere occidentali hanno raggiunto profitti da record, pari a oltre 200 miliardi di dollari Usa, al lordo delle imposte. Questo straordinario guadagno non è solo la conseguenza dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, che ha fatto salire i prezzi dell’energia, ma riflette anche la consapevole noncuranza delle compagnie del settore dei combustibili fossili, rispetto ai danni della loro attività sul clima e sull’ambiente a livello mondiale e il loro approccio restio verso il risarcimento e azioni riparatrici per tali danni.

Doppi standard

La pandemia da Covid-19 e ora anche la guerra in Ucraina hanno accentuato i doppi standard. Le nazioni ricche si sono accaparrate i vaccini per il Covid-19 e hanno indebolito i sistemi di ridistribuzione multilaterale, contribuendo a rendere più profonde le diseguaglianze. Nel 2022, ci sono stati pochi segnali di un’inversione di tendenza. I paesi ricchi non sono intervenuti per alleggerire il peso schiacciante del debito dei paesi in via di sviluppo.

L’aggressione russa contro l’Ucraina è anche una guerra contro valori universali e i sistemi multilaterali progettati per sostenerli. Per vincere questa guerra, il mondo occidentale non può davvero tollerare un’aggressione simile fatta in altri paesi, solo perché non ci sono in gioco i suoi interessi. Infatti, i doppi standard dell’Occidente sono stati evidenti nel silenzio assordante sulle violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita ed Egitto, nelle risposte incoerenti al grave impatto sui diritti umani di altri conflitti, in alcuni casi equivalenti a crimini contro l’umanità, e in merito alla protezione dei rifugiati che da questi contesti fuggivano.

In Israele e Territori Palestinesi Occupati, nel 2022 il sistema di apartheid si è consolidato. I governi israeliani che si sono succeduti hanno varato misure per costringere altri palestinesi a lasciare le loro case, per espandere gli insediamenti illegali e legalizzare gli insediamenti e gli avamposti già esistenti nella Cisgiordania occupata. Invece di chiedere la fine di questo sistema di oppressione, molti governi occidentali hanno scelto di attaccare coloro che denunciavano il sistema di apartheid di Israele. Le porte dell’Ue, aperte per i rifugiati ucraini che scappavano dall’aggressione russa, sono rimaste chiuse per coloro che fuggivano dalla guerra e dalla repressione in Afghanistan e Siria. Tra settembre 2021 e maggio 2022, gli Usa hanno espulso più di 25.000 haitiani e hanno detenuto e sottoposto molti a tortura e altri maltrattamenti, pratiche che hanno radici nel razzismo contro le persone nere.

Questi esempi hanno confermato al resto del mondo che il sostegno dell’Occidente ai diritti umani è selettivo ed egoistico, e hanno compromesso il supporto del resto del mondo all’Ucraina. Questi doppi standard non sono solo a vantaggio del potere occidentale. La Cina ha continuato a sottrarsi alla condanna internazionale da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e dell’Unhcr, nonostante le massicce violazioni dei diritti umani, che equivalgono a crimini di guerra, contro gli uiguri e altre minoranze musulmane.

Tutelare i diritti a livello nazionale

Ogni ragionamento sul fatto che la risposta del mondo all’aggressione russa segna una nuova era per un sistema internazionale basato su valori comuni e sullo stato di diritto viene indebolito dal palese deterioramento della protezione dei diritti umani da parte degli stati al loro interno.

I diritti delle popolazioni native sono stati violati quando gli stati non le hanno protette dalle espropriazioni delle loro terre, messe in atto da aziende o dalle autorità stesse, in Brasile, Canada, Svezia, Tanzania, Vietnam e altrove.

La Corte suprema degli Usa ha annullato la storica garanzia costituzionale di accesso all’aborto, minacciando così l’esercizio di diritti fondamentali, tra cui quello alla vita, alla sicurezza e alla non discriminazione per milioni di donne, ragazze e altre persone. In Afghanistan, i talebani hanno imposto restrizioni draconiane, negando a donne e ragazze il diritto all’istruzione, al lavoro e all’autonomia, e proclamando pubblicamente la loro sottomissione agli uomini. In Iran, la “polizia morale” ha ucciso Mahsa Amini perché indossava il velo in modo sbagliato, scatenando proteste in tutto il paese, in cui altre donne e ragazze sono state ferite, arrestate e uccise.

L’erosione delle nostre libertà di protestare e di esprimere noi stessi, nel 2022, è diventata una vera e propria frana. Gli organi d’informazione russi sono stati portati in tribunale e chiusi solo per aver parlato della guerra in Ucraina. Giornalisti sono finiti in carcere in Afghanistan, Etiopia, Myanmar, Russia e in decine di altri paesi in tutto il mondo. La tecnologia è stata usata come un’arma contro di loro, per metterli a tacere, per impedire assemblee pubbliche o per dare informazioni false. I manifestanti pacifici si sono trovati davanti un arsenale sempre più vasto: dai manganelli ai gas lacrimogeni, dai pallini di gomma fino alle munizioni vere, come abbiamo visto in Iran, Perù e Sri Lanka. Nel Regno Unito, una legislazione pericolosa ha aumentato il potere della polizia e limitato il diritto alla protesta pacifica.

Abbiamo assistito a iconici atti di sfida, come quando le donne afgane sono scese in piazza per protestare contro il dominio dei talebani o quando le donne iraniane hanno postato video in cui si tagliavano i capelli, come forma di protesta contro leggi ingiuriose che le obbligavano a indossare il velo. Possiamo trarre conforto dal fatto che, di fronte a una tale repressione, migliaia di persone si sono ancora riunite per scrivere lettere, firmare petizioni e scendere in piazza. Questo dovrebbe ricordare a chi è al potere che non ci possono togliere il diritto di chiedere un cambiamento e di unirci in modo libero e collettivo.

In conclusione

Il 2022 potrebbe essere stato un anno di svolta per l’ordine internazionale. Di sicuro c’è stato un rinnovamento dell’Alleanza atlantica, con un livello di cooperazione tra gli Usa e le altre potenze occidentali che un anno fa, sulla scia del caotico ritiro dall’Afghanistan del 2021, sarebbe stato difficile da immaginare.

Ma non c’è stata una svolta sul fronte dei diritti umani. Anzi, la discesa è proseguita fuori controllo. L’aggressione compiuta dalla Russia è servita a destabilizzare ulteriormente un sistema multilaterale internazionale già indebolito da decenni, in cui potenti stati hanno violato nell’impunità il diritto internazionale. La guerra ha distolto risorse e attenzione dalla crisi climatica, da altri conflitti di lunga data e dalla sofferenza umana in tutto il mondo.

La risposta dell’Occidente all’invasione russa dell’Ucraina ha anche messo in luce i suoi doppi standard e le sue reazioni incoerenti di fronte a molte altre violazioni della Carta delle Nazioni Unite. Questo ha, a sua volta, alimentato ulteriormente instabilità e impunità.

Se c’è qualcosa che la guerra di aggressione della Russia insegna per il futuro del mondo, è l’importanza di un ordine internazionale basato su regole efficaci e applicate con coerenza. Coloro che guidano la coalizione a sostegno dell’Ucraina devono intensificare gli sforzi e collaborare con gli altri, per rinnovare l’impegno verso un sistema internazionale che sia a beneficio della maggioranza della popolazione mondiale.

Nel 2023 ricorre il 75° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, un documento nato dalle ceneri di una guerra mondiale. Non aspettiamo che il mondo bruci ancora una volta per vivere davvero secondo le libertà e i princìpi che abbiamo conquistato al prezzo di milioni di vite. Il 2023 deve essere il punto di svolta per la difesa dei diritti umani: se i leader mondiali non andranno in questa direzione, sarà un tradimento che potrebbe portare il mondo verso l’abisso.

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