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PANORAMICA REGIONALE SULLE AMERICHE

Lo spazio civico ha continuato a ridursi nell’intera regione delle Americhe, minacciando le conquiste ottenute nel campo dei diritti umani negli ultimi decenni. I difensori dei diritti umani, in particolare gli attivisti per la giustizia climatica e coloro che si battono per proteggere la loro terra e l’ambiente, così come i giornalisti, sono stati obiettivo di vessazioni, criminalizzazione, attacchi e uccisioni, per questo la regione è rimasta uno dei luoghi più pericolosi per questa attività. Molti dei paesi delle Americhe non si erano dotati di solidi sistemi di protezione per i difensori dei diritti umani. Manifestazioni pacifiche sono state affrontate dalle forze di sicurezza con l’uso illegale della forza. Le autorità hanno continuato a violare i diritti delle persone alla vita, alla libertà, a un processo equo e all’integrità fisica; le detenzioni arbitrarie sono rimaste diffuse.

La violenza di genere è rimasta radicata in tutta la regione e le autorità non hanno saputo affrontare l’impunità per questi crimini e proteggere donne, ragazze e altri gruppi di persone a rischio di discriminazione e violenza. I progressi ottenuti in anni recenti per ampliare l’accesso a un aborto sicuro hanno subìto un marcato arretramento in tutta la regione, anche in paesi dove era stato depenalizzato. Le persone Lgbti hanno continuato a subire una diffusa persecuzione, oltre che a incontrare ostacoli sul piano del riconoscimento legale.

Le popolazioni native hanno continuato a essere sproporzionalmente colpite da violazioni dei diritti umani e a subire discriminazioni. In diversi paesi, le popolazioni native sono state private del diritto a un consenso libero, anticipato e informato, in particolare in relazione a progetti su vasta scala. Le devastanti crisi economiche, umanitarie e politiche che hanno attraversato le Americhe hanno determinato un drammatico aumento del numero di persone che hanno abbandonato i loro paesi d’origine in cerca di sicurezza. Le autorità di diversi paesi non hanno saputo rispettare e tutelare i diritti di rifugiati e migranti e hanno impiegato sempre più spesso forze militari per gestire questi flussi in crescita. L’impunità per le violazioni dei diritti umani e i crimini di diritto internazionale è rimasta pervasiva, con molti paesi che hanno continuato a sottrarsi al vaglio internazionale.

Brasile, Canada e Usa erano tra i paesi che hanno maggiormente contribuito alle emissioni globali di gas serra. L’espansione dell’estrazione di combustibili fossili e la loro produzione nella regione hanno minacciato gli obiettivi globali sul clima. I governi non si sono impegnati per eliminare progressivamente in maniera rapida ed equa l’utilizzo e la produzione di tutti i combustibili fossili e i relativi sussidi. Ma non tutto è perduto. Nonostante l’immagine cupa, i difensori dei diritti umani e altre persone che si espongono per proteggere i diritti umani nella regione delle Americhe hanno continuato a lottare a dispetto delle crescenti avversità, per assicurare la realizzazione di cambiamenti strutturali in grado di creare in prospettiva una regione più giusta e più equa per tutti.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, ASSOCIAZIONE E RIUNIONE PACIFICA

Lo spazio civico ha continuato a ridursi a un ritmo allarmante in tutta la regione delle Americhe.

In paesi come El Salvador, Nicaragua e Venezuela, dove il diritto alla libertà d’espressione era già minacciata, i governi hanno imposto ulteriori obblighi normativi e amministrativi all’attività dei gruppi della società civile, nel tentativo di mettere a tacere le critiche. Tra agosto 2022 e settembre 2023, il Nicaragua ha revocato lo status legale a più di 2.000 Ong, portando il numero delle Ong chiuse dal 2018 a 3.394. Ad agosto, l’università Centroamericana, in Nicaragua, è stata chiusa, per l’accusa di essere un “centro del terrorismo”, e le proprietà appartenenti a enti del calibro della Croce rossa sono state confiscate. A Cuba, a maggio, una nuova legge garantiva al governo il potere di ordinare ai fornitori di servizi di telecomunicazione di smettere di erogare servizi agli utenti che pubblicavano informazioni ritenute dannose per l’ordine pubblico o la morale.

El Salvador ha visto un aumento delle proteste nel 2023, mentre la situazione del paese continuava a deteriorarsi sotto lo stato d’emergenza imposto a marzo 2022. La risposta ostruzionista delle autorità a queste legittime espressioni di malcontento sociale, che ha previsto tra l’altro stigmatizzazione, minacce, sorveglianza eccessiva degli organizzatori e restrizioni di movimento, ha violato il diritto alla libertà di associazione e riunione pacifica delle persone.

In paesi come Argentina, Bolivia, Cuba, El Salvador, Haiti, Paraguay, Perù, Portorico e Venezuela, le autorità hanno risposto alle proteste pubbliche con la repressione. In Bolivia, l’ufficio del difensore civico ha riportato diversi casi di uso eccessivo della forza da parte della polizia, in risposta a una serie di proteste che a gennaio avevano fatto seguito all’arresto del governatore di Santa Cruz.

In Argentina, Canada, Cuba, Messico, Portorico e Usa, i governi hanno intentato cause penali contro manifestanti pacifici. Il Cile ha approvato norme che hanno annacquato gli obblighi di legge sull’uso della forza. Negli Usa, 16 stati hanno presentato disegni di legge che limitavano il diritto di protesta. La Carolina del Nord ha inasprito le sanzioni per i reati di “sommossa” già esistenti e per le proteste che avessero luogo vicino agli oleodotti.

La regione delle Americhe è rimasta un luogo pericoloso per i giornalisti. Gli operatori dell’informazione sono stati minacciati, vessati, uccisi e posti sotto sorveglianza illecita in Argentina, Colombia, Cuba, El Salvador, Messico, Paraguay, Repubblica Dominicana e Venezuela. Nella Repubblica Dominicana, sono emerse prove secondo le quali Nuria Piera, una giornalista molto nota per le sue inchieste sulla corruzione e l’impunità, era stata presa di mira nel 2020 e 2021 con lo spyware Pegasus della società Nso Group, che consente di accedere illimitatamente ai dati di un dispositivo digitale. Le autorità hanno smentito ogni coinvolgimento nella sorveglianza. In Messico, almeno cinque giornalisti sono stati uccisi in relazione al loro lavoro, secondo l’organizzazione Articolo 19.

Gli stati devono abrogare le leggi e le prassi che ostacolano i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica. Devono intraprendere ulteriori misure per proteggere efficacemente i diritti delle persone di esprimere le loro opinioni e salvaguardare il lavoro dei giornalisti.

 

DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI

La regione delle Americhe si è confermata come uno dei luoghi più pericolosi del mondo per i difensori dei diritti umani. Le persone impegnate nella difesa dei diritti alla terra e dell’ambiente hanno affrontato rischi sempre maggiori in paesi come Bolivia, Brasile, Canada, Colombia, Ecuador, El Salvador, Honduras e Messico. Persone nere, native e donne che difendono i diritti umani continuavano a essere particolarmente a rischio. Sia governi sia attori non statali hanno fatto ricorso a un’ampia gamma di strumenti come vessazioni, forme di stigmatizzazione, criminalizzazione e uccisioni, per impedire agli attivisti di svolgere il loro essenziale e legittimo lavoro in paesi come Brasile, Canada, Colombia, Cuba, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Haiti, Honduras, Messico, Nicaragua, Perù e Venezuela. In Brasile, secondo l’associazione Justiça Global, negli ultimi quattro anni sono stati uccisi in media tre difensori al mese. L’Honduras è stato il paese con il più alto numero di difensori dei diritti umani uccisi pro capite del mondo, secondo i dati diffusi da Global Witness. A luglio, un membro della comunità guapinol, in Honduras, è stato ucciso alla luce del giorno a colpi d’arma da fuoco, a distanza di sei mesi da quando due suoi familiari erano stati a loro volta uccisi. I tre erano impegnati in campagne di sensibilizzazione contro le attività di una compagnia mineraria, che minacciavano la qualità delle acque del fiume da cui dipendeva la sussistenza della loro comunità. A fine anno, gli omicidi rimanevano impuniti.

Sebbene fossero ancora molti i paesi delle Americhe a non essere dotati di solidi sistemi di protezione per i difensori dei diritti umani, la Colombia ha mostrato alcuni segni di miglioramento quando il ministero dell’Interno ha annunciato il rafforzamento del programma collettivo di protezione per i difensori dei diritti umani, a partire dalle organizzazioni di base e a livello comunitario, indirizzato a coloro che difendono la terra e il territorio.

Gli stati devono assicurare che i difensori dei diritti umani siano in grado di svolgere le loro attività in modo sicuro, sviluppando efficaci programmi di protezione o migliorando quelli esistenti, oltre che garantire che coloro che sono sospettati di attaccare gli attivisti siano assicurati alla giustizia.

 

DETENZIONE ARBITRARIA E PROCESSI INIQUI

La detenzione arbitraria è rimasta una prassi diffusa in tutta la regione. Le autorità hanno continuato a violare i diritti delle persone alla libertà, a un equo processo e all’integrità fisica, in paesi come Cuba, El Salvador, Nicaragua e Venezuela. Negli Usa, molte detenzioni hanno avuto connotazioni discriminatorie.

In El Salvador, dall’inizio dello stato d’emergenza a marzo 2022, sono state registrate più di 73.000 detenzioni arbitrarie. La maggior parte dei detenuti era accusata di “associazione illegale”, un reato che faceva riferimento alle attività delle bande criminali e alla loro appartenenza. Queste detenzioni violavano le garanzie procedurali per l’assenza di mandati giudiziari e l’occultamento dell’identità dei giudici che esaminavano i detenuti.

In paesi come El Salvador, Messico, Nicaragua e Venezuela, i detenuti sono stati spesso torturati o maltrattati e in alcuni casi sottoposti a sparizione forzata. In Venezuela, secondo le organizzazioni della società civile, tra il 2014 e il 2023 erano stati eseguiti circa 15.700 arresti arbitrari e circa 280 persone rimanevano in detenzione per motivi politici. John Álvarez, studente, attivista e musicista, è stato arrestato il 30 agosto ed è rimasto trattenuto in incommunicado per 24 ore. È stato torturato e costretto a incriminare un leader sindacale e un giornalista in un video registrato dai poliziotti. È stato rilasciato a dicembre.

I diritti degli imputati a un equo processo non sono stati rispettati in diversi paesi come Bolivia, Cuba, El Salvador, Nicaragua, Usa e Venezuela. Trenta uomini musulmani rimanevano arbitrariamente e indefinitamente detenuti nella struttura di detenzione presso la base navale statunitense di Guantánamo Bay, a Cuba, in violazione del diritto internazionale. Agli uomini continuavano a essere negate le udienze, nonostante la sentenza emessa nel 2008 dalla Corte suprema degli Stati Uniti avesse stabilito che i detenuti avevano diritto all’habeas corpus.

Le autorità devono garantire il diritto a un processo equo e astenersi dall’utilizzare in maniera impropria il sistema giudiziario. Gli stati devono soddisfare il diritto di chi ha subìto una detenzione arbitraria a ottenere forme di riparazione.

 

USO ECCESSIVO E NON NECESSARIO DELLA FORZA

L’uso eccessivo e non necessario della forza da parte delle agenzie di pubblica sicurezza, compresa la forza letale, ha permeato la regione, in modo particolare in Argentina, Brasile, Canada, Cuba, Repubblica Dominicana, Honduras, Messico, Perù, Portorico e Usa. In molti casi, la forza utilizzata era connotata da livelli sproporzionalmente elevati di pregiudizio razziale. In Brasile, almeno 394 persone sono state uccise nelle operazioni condotte tra luglio e settembre dalla polizia degli stati di Bahia, Rio de Janeiro e São Paulo, mentre il governo continuava a non curarsi di applicare misure che avrebbero potuto ridurre la violenza della polizia, come ad esempio l’utilizzo di bodycam. Negli Usa, secondo fonti di stampa, nel 2023 sono state uccise dalla polizia almeno 1.153 persone. In Perù, lo stato ha risposto alle proteste che hanno attraversato il paese facendo ricorso alla forza letale e utilizzando forza meno letale, mettendo in atto pregiudizi razzisti che avevano come particolare obiettivo le popolazioni native. In meno di due mesi, il bilancio delle vittime delle proteste è stato di 49 civili e un poliziotto uccisi e di centinaia di persone ferite. Almeno 20 di questi casi potrebbero configurarsi come esecuzioni extragiudiziali.

La riforma della polizia è avanzata con risultati disomogenei in Cile e Colombia. Le autorità della Colombia hanno varato varie iniziative regolatorie per modificare la struttura e alcuni aspetti dell’operato della polizia, e tra queste l’introduzione di un nuovo manuale sull’uso della forza durante le proteste. Tuttavia, non era ancora stato avviato un processo di riforma integrale della polizia.

La militarizzazione della pubblica sicurezza è proseguita in molti paesi, tra cui El Salvador e Honduras, dove era ancora in vigore lo stato d’emergenza. Ecuador e Messico hanno modificato il loro ordinamento legislativo per permettere lo schieramento delle forze armate con funzioni di pubblica sicurezza.

Le autorità devono assicurare che le operazioni di pubblica sicurezza si svolgano in conformità con gli standard e le norme internazionali sui diritti umani, anche in riferimento all’uso della forza. Devono garantire che coloro che sono sospettati di violazioni dei diritti umani siano assicurati alla giustizia.

 

DIRITTI DI DONNE E RAGAZZE

Una radicata violenza di genere, inclusi femminicidi, ha continuato a essere la norma in tutta la regione e le autorità hanno sistematicamente fallito nell’affrontare l’impunità per questi crimini. In Messico, sono state uccise in media nove donne al giorno, secondo il Segretariato esecutivo del sistema di sicurezza pubblica nazionale, e gran parte dei casi non era mai stata effettivamente risolta. In Canada, le Nazioni Unite hanno documentato un aumento del numero di donne e ragazze native dichiarate disperse o riconosciute come vittime di omicidio, ed elevate percentuali di aggressioni e sfruttamento a sfondo sessuale tra le donne e le ragazze native, così come tra le persone dal doppio spirito, lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, questioning, intersessuate e asessuali (2Slgbtqqia+), che abitavano nelle vicinanze di siti di oleodotti in costruzione.

L’accesso ai diritti sessuali e riproduttivi è rimasto estremamente complicato nell’intera regione, anche in paesi come l’Argentina, dove l’aborto era stato legalizzato nel 2020, e in Colombia, dove era stato depenalizzato nel 2022. In El Salvador, rimaneva in vigore un divieto assoluto sull’aborto e almeno 21 donne dovevano affrontare cause penali in relazione a emergenze ostetriche. Il Cile non era ancora riuscito a dotarsi di un quadro normativo per depenalizzare completamente l’aborto e garantire un accesso paritario e senza ostacoli ai servizi per l’interruzione di gravidanza sicuri. In Brasile, l’aborto è rimasto un reato penale; secondo i dati del ministero della Salute, dall’inizio dell’anno fino a luglio, le donne o ragazze decedute a causa di aborti non sicuri erano state almeno 19. A settembre, è stato depositato presso la Corte suprema federale un ricorso che chiedeva la depenalizzazione dell’aborto nelle prime 12 settimane di gravidanza, ma la sua votazione è rimasta in sospeso.

In alcuni paesi, la stretta sull’accesso all’aborto ha guadagnato sempre più terreno. A seguito della decisione della Corte suprema del 2022 che aveva cancellato le tutele a livello federale sui diritti all’aborto, 15 stati hanno messo in atto divieti assoluto d’aborto o divieti con eccezioni estremamente limitate. Le misure hanno continuato ad avere un impatto sproporzionato sulle donne nere e razzializzate.

Ciononostante, non sono mancati alcuni moderati progressi. In Honduras, l’aborto è rimasto vietato, ma il governo ha autorizzato l’utilizzo e la vendita della pillola contraccettiva d’emergenza, ponendo fine a un divieto durato 14 anni. In Messico, la Corte suprema ha stabilito che la criminalizzazione dell’aborto, così come la sospensione dal servizio del personale medico per avere praticato l’interruzione di gravidanza o avere prestato assistenza a chi la praticava, erano incostituzionali.

Le autorità devono porre fine all’impunità per i crimini contro donne e ragazze. Devono inoltre garantire l’accesso a un aborto sicuro e ad altri diritti sessuali e riproduttivi, inclusa un’educazione sessuale completa.

 

DIRITTI DELLE PERSONE LESBICHE, GAY, BISESSUALI, TRANSGENDER E INTERSESSUATE

Le persone Lgbti hanno continuato a essere oggetto di diffuse vessazioni, discriminazione, minacce, attacchi violenti e uccisioni, oltre che a incontrare ostacoli nel riconoscimento legale in paesi come Argentina, Brasile, Canada, Colombia, Guatemala, Honduras, Paraguay, Perù, Portorico e Usa. L’impunità è rimasta la norma nella gran parte dei casi.

In Guatemala, dove il matrimonio tra persone dello stesso sesso è rimasto illegale, almeno 34 persone sono state uccise a causa del loro orientamento sessuale o dell’identità di genere, secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani Lgbtiq+. Per il 14° anno consecutivo, il Brasile è stato il paese del mondo che ha registrato il più alto numero di uccisioni di persone transgender. In Perù, a fronte dei numerosi casi di violenza e uccisioni ai danni di persone Lgbti, non esisteva ancora un registro ufficiale dei crimini d’odio. In Paraguay, le autorità giudiziarie hanno respinto cinque cause legali intentate da persone transgender che chiedevano il riconoscimento legale dei loro nomi in linea con la loro identità di genere. Negli Usa, è drammaticamente aumentato il numero delle norme anti-Lgbti approvate a livello statale. Soltanto il 54 per cento degli adulti Lgbti negli Usa viveva in stati in cui le leggi contro i crimini d’odio coprivano l’orientamento sessuale e l’identità ed espressione di genere.

In Argentina, ad aprile, Sofía Inés Fernández, una donna transgender di 40 anni, è stata trovata morta nella cella di un commissariato di polizia nella città di Derqui, della provincia di Buenos Aires, dove era stata arrestata per una presunta rapina. I poliziotti accusati hanno sostenuto che si era suicidata, ma un’autopsia preliminare ha indicato come causa della morte l’asfissia.

Nonostante il quadro negativo, ci sono stati alcuni progressi. In Colombia, ad aprile, per la prima volta nel paese, una persona ha ricevuto un diploma universitario che rifletteva la sua identità non binaria.

Le autorità devono rafforzare la protezione per le persone Lgbti, anche indagando in maniera efficace le segnalazioni di abusi e assicurando alla giustizia i relativi perpetratori.

 

DIRITTI DELLE POPOLAZIONI NATIVE

Le popolazioni native, storicamente soggette a discriminazione razziale e marginalizzazione, hanno continuato a essere sproporzionalmente colpite dalle violazioni dei diritti umani. In Colombia, secondo i dati dell’Ocha, il 45 per cento di tutte le vittime di sfollamento registrate nel 2023 erano persone afrodiscendenti e il 32 per cento native. In Brasile, Sônia Guajajara, una donna nativa divenuta la prima ministra delle Popolazioni native, ha dichiarato un’emergenza sanitaria pubblica dovuta alla mancanza di un programma di assistenza a disposizione della popolazione yanomami, afflitta da problematiche come malnutrizione, contaminazione ambientale e violenza sessuale, causate in larga parte dalla presenza di attività minerarie illegali nel territorio della regione dell’Amazzonia.

In diversi paesi come Argentina, Canada, Ecuador e Venezuela, il diritto delle popolazioni native a un consenso libero, anticipato e informato, in particolare in relazione a progetti economici su vasta scala, è stato negato. In Canada, il piano nazionale d’azione per la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni native, pubblicato a giugno, non conteneva riferimenti a meccanismi di accertamento delle responsabilità e a un consenso libero, anticipato e informato. Diversi difensori delle terre ancestrali sono finiti sotto processo a maggio e ottobre per avere protetto il territorio dei wet’suwet’en contro la costruzione di un oleodotto. Una di loro è stata ritenuta non colpevole a novembre, altri erano in attesa di verdetto e, se giudicati colpevoli, rischiavano il carcere.

Sono proseguite in diversi paesi le vertenze riguardanti il possesso e la titolarità delle terre. In Paraguay, la comunità nativa dei tekoha sauce del popolo avá guaraní paranaense stava ancora attendendo la restituzione del suo territorio ancestrale, che era stato acquisito dalla società idroelettrica Itaipú Binacional. La società ha depositato un ricorso contro una sentenza che aveva respinto un’ordinanza di sgombero per spostare la comunità da un’altra area della loro terra ancestrale.

Gli stati devono assicurare che le popolazioni native abbiano la proprietà e il controllo sulle loro terre e risorse. Devono anche implementare politiche per porre fine alla violenza contro le popolazioni native e garantire giustizia, verità e riparazione per le violazioni dei diritti umani che hanno dovuto sopportare.

 

DIRITTI DELLE PERSONE RIFUGIATE E MIGRANTI

Le devastanti crisi politiche, umanitarie ed economiche in tutta la regione delle Americhe hanno contribuito a un sistematico aumento del numero di persone che hanno abbandonato i loro paesi d’origine in cerca di sicurezza e che in tale processo sono andate incontro a violazioni dei diritti umani. A fine anno erano più di 7,72 milioni i venezuelani che avevano lasciato il loro paese, secondo le cifre pubblicate dall’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Secondo le autorità di Panama, nel 2023 sono state 520.000 le persone che hanno attraversato il confine tra Colombia e Panama, attraverso il Darien Gap, più del doppio del numero totale registrato nel 2022. C’è stato anche un drammatico incremento del numero di migranti, richiedenti asilo e rifugiati arrivati in Messico con l’obiettivo di raggiungere gli Usa o il Canada.

Le autorità di paesi come Cile, Colombia, Ecuador, Messico, Perù e Usa, non hanno rispettato né tutelato i diritti di rifugiati e migranti, privandoli tra l’altro del loro diritto di chiedere asilo. Negli Usa, in seguito alla cessazione dell’efficacia della politica sull’immigrazione nota come Titolo 42, l’amministrazione ha implementato nuovi protocolli sull’immigrazione che hanno continuato a limitare drasticamente l’accesso all’asilo al confine tra Usa e Messico. Questi comprendevano una presunzione di ineligibilità all’asilo nella maggioranza dei casi e l’utilizzo obbligatorio di un’applicazione mobile che offriva un numero limitato di appuntamenti per inoltrare la propria domanda. Ciò costringeva in molti casi i richiedenti asilo a rimanere bloccati al confine in condizioni disumane, dove erano esposti a violenza e ad altri abusi.

L’amministrazione statunitense ha esteso lo status di protezione temporanea ai cittadini haitiani, honduregni, nepalesi, nicaraguensi, somali, sudsudanesi, sudanesi, ucraini, venezuelani e yemeniti, una misura che li avrebbe autorizzati a lavorare e tutelati contro l’espulsione dagli Usa. Per i cittadini cubani, haitiani, nicaraguensi e venezuelani è stata istituita una speciale procedura che avrebbe permesso ogni mese a circa 30.000 individui provenienti da questi paesi di entrare attraverso un sistema di sponsor basati negli Usa.

Le autorità statunitensi hanno continuato a portare avanti un sistema di detenzione arbitraria di massa dei migranti, utilizzando anche prigioni private per detenere persone in cerca di sicurezza. In Canada, le province di Ontario, Québec, Saskatchewan e Nuovo Brunswick hanno annunciato la fine dei loro accordi stipulati con l’agenzia canadese per i servizi di frontiera per la detenzione degli immigrati, così come avevano già fatto le province della Columbia Britannica, Alberta, Manitoba e Nuova Scozia che si erano impegnate a non detenere più individui unicamente per motivi di immigrazione entro luglio 2024. In Messico, dove le condizioni di detenzione per migranti e richiedenti asilo erano particolarmente dure, la Corte suprema ha stabilito con una sentenza storica a marzo che la permanenza massima in un centro di detenzione per immigrati era di 36 ore, dopo le quali le autorità avevano l’obbligo di rilasciare i migranti e richiedenti asilo.

L’utilizzo dell’esercito nella gestione dei crescenti flussi di migranti e rifugiati in arrivo si è progressivamente allargato in tutta la regione. In Cile, a febbraio, il governo ha schierato truppe militari lungo i confini con la Bolivia e il Perù per impedire l’ingresso irregolare delle persone in cerca di sicurezza, una decisione che colpiva in maniera particolare i venezuelani.

I venezuelani in Cile, Colombia, Ecuador e Perù hanno affrontato significativi ostacoli nell’accesso alla procedura di asilo e altri programmi di protezione temporanea o complementare. Di conseguenza, molti non hanno potuto regolarizzare il loro status e accedere ai servizi essenziali, compresi i servizi sanitari. Le autorità hanno continuato a non proteggere le donne venezuelane contro la violenza di genere, soprattutto quelle più a rischio. Molte non denunciavano la violenza per paura, sfiducia o disinformazione, e non potevano accedere ai servizi in quanto prive di uno status regolare.

Nella Repubblica Dominicana, continuavano a persistere episodi di discriminazione contro gli haitiani o le persone di discendenza haitiana e di razzismo contro i neri, con migranti, richiedenti asilo, rifugiati, donne e ragazze e persone Lgbti particolarmente a rischio. Le autorità dell’immigrazione e quelle di pubblica sicurezza sono arrivate a fare irruzione negli ospedali per condurre perquisizioni discriminatorie, in cerca di donne e ragazze haitiane da arrestare arbitrariamente ed espellere.

Le autorità devono urgentemente cessare le espulsioni illegali, rispettare il principio di non respingimento e astenersi dal detenere rifugiati e migranti. Gli stati devono inoltre garantire a ognuno la possibilità di presentare domanda d’asilo e accedere a un’equa ed efficace procedura d’asilo, specialmente a coloro che fuggono da violazioni dei diritti umani di massa, e devono fornire ai rifugiati la protezione di cui hanno diritto. Devono combattere il razzismo e la xenofobia contro migranti, rifugiati, e richiedenti asilo.

 

DIRITTO A VERITÀ, GIUSTIZIA E RIPARAZIONE

L’impunità per le violazioni dei diritti umani, compresi crimini di diritto internazionale, è rimasta la norma in paesi come Bolivia, Brasile, Cile, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Haiti, Messico, Nicaragua, Perù, Uruguay e Venezuela, con alcuni passi avanti in qualche paese.

In Bolivia, a ottobre, il Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti per la Bolivia ha riportato che erano stati registrati scarsi progressi nelle indagini sulle violazioni dei diritti umani compiute nel contesto della crisi politica del 2019, durante la quale erano morte 37 persone e altre centinaia erano state ferite per mano delle forze di sicurezza. Anche le indagini relative alle uccisioni commesse dalla polizia in Brasile si sono rivelate inefficaci. I tre poliziotti indagati per l’omicidio dell’attivista Pedro Henrique Cruz, compiuto nel 2018 a Tucano, nello stato di Bahia, non erano stati processati e sua madre, Ana Maria, continuava a subire minacce e intimidazioni. In Cile, è prevalsa ancora l’impunità per la maggioranza delle violazioni dei diritti umani commesse durante la rivolta sociale del 2019. Secondo la procura nazionale del Cile, a fronte delle 10.142 denunce sporte dalle vittime delle violazioni compiute all’epoca, erano stati aperti soltanto 127 fascicoli giudiziari, che avevano determinato 38 condanne e 17 assoluzioni.

In Ecuador, le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza nel contesto delle proteste del 2019 e 2022 sono rimaste impunite. Il decreto esecutivo 755 approvato a giugno ha stabilito che i funzionari di pubblica sicurezza sospettati di avere causato lesioni, danni o la morte di una persona avrebbero potuto essere catturati o rimossi dal servizio soltanto dopo una condanna definitiva. In Colombia, fino a giugno, l’implementazione dell’accordo di pace del 2016 aveva fatto registrare scarsi progressi.

Ciononostante, i processi di giustizia, verità e riparazione sono avanzati in alcune giurisdizioni, come in Argentina e Cile. In Argentina, sono continuati i processi davanti a corti civili ordinarie per i crimini contro l’umanità commessi durante il regime militare del 1976-1983. In Cile, è stato presentato il piano nazionale di ricerca delle persone che furono sottoposte a sparizione durante il regime di Augusto Pinochet (1973-1990); la sua implementazione è rimasta tuttavia in sospeso. Il governo ha inoltre annunciato una politica nazionale di memoria e patrimonio per proteggere i memoriali legati a questo periodo.

A giugno, la camera preprocessuale dell’Icc ha autorizzato l’ufficio del procuratore a riprendere l’indagine sui crimini contro l’umanità in Venezuela e un procuratore federale argentino ha aperto un’indagine sui crimini contro l’umanità in Venezuela in base al principio della giurisdizione universale.

Gli stati devono impegnarsi a combattere l’impunità e a garantire verità, giustizia e riparazione.

 

DIRITTO A UN AMBIENTE SALUBRE

Gli stati della regione delle Americhe, in particolare Argentina, Bolivia, Brasile, Canada, Ecuador, Messico, Perù e Usa, non hanno saputo adottare misure sufficienti ed efficaci in grado di garantire il diritto delle persone a un ambiente salubre e di mitigare gli effetti della crisi climatica sui diritti umani. Questo fallimento è stato particolarmente evidente nel contesto dei progetti minerari su vasta scala che hanno avuto effetti sproporzionati sulle popolazioni native, sulle comunità in prima linea che vivono nelle immediate vicinanze di questi progetti e su altri gruppi marginalizzati e particolarmente vulnerabili a situazioni di degrado ambientale. Nonostante l’impegno della Bolivia a mantenere la sua copertura forestale, i difensori dei diritti umani hanno evidenziato l’insufficienza delle misure adottate per prevenire un’intensa stagione di incendi boschivi, aggravata dal cambiamento climatico, fino alla fine dell’anno.

Molti paesi hanno criminalizzato le persone, compresi i membri delle comunità native, che avevano protestato attivamente contro progetti di sviluppo riguardanti attività minerarie che avrebbero avuto un impatto negativo sull’ambiente e sui già vulnerabili serbatoi di carbonio.

Nel 2023, le temperature registrate a livello globale e le emissioni di gas serra hanno raggiunto livelli da record. Sebbene i contributi forniti dai paesi delle Americhe variassero in maniera significativa, Brasile, Canada e Usa erano tra i principali emettitori di gas serra a livello regionale e mondiale. L’espansione dell’estrazione di combustibili fossili e di progetti che implicavano la combustione di gas, associata all’estrazione di petrolio greggio (gas flaring) nella regione, oltre che il mantenimento dei sussidi per i combustibili fossili, hanno minacciato gli obiettivi globali sul clima sanciti dall’Accordo di Parigi. I governi della regione non hanno saputo impegnarsi in maniera rapida e giusta per eliminare progressivamente l’utilizzo e la produzione di tutti i combustibili fossili e di tutti i tipi di sussidi per i combustibili fossili.

Le autorità devono urgentemente affrontare gli effetti sui diritti umani determinati dalla crisi climatica attraverso lo sviluppo di un’azione per il clima a livello regionale. I paesi industrializzati e ad alte emissioni della regione devono assumere la guida della mitigazione climatica, interrompendo tra l’altro l’espansione della produzione dei combustibili fossili e i relativi sussidi. I governi devono inoltre assicurare la protezione delle popolazioni native e dei difensori dei diritti umani che si battono per la giustizia climatica e i diritti ambientali. I paesi sviluppati della regione devono anche aumentare il loro impegno finanziario per il clima, al fine di sostenere le strategie di mitigazione e adattamento dei paesi a basso reddito e in via di sviluppo, e impegnarsi a sostenere il fondo perdite e danni stanziando finanziamenti aggiuntivi.

 

DIRITTI ECONOMICI E SOCIALI

I tassi di povertà e povertà estrema nella regione, che avevano fatto registrare un significativo aumento durante la pandemia da Covid-19, sono ritornati nel 2023 ai livelli prepandemici, ma i paesi hanno continuato a fallire nell’intraprendere le misure necessarie per centrare l’obiettivo di porre fine alla povertà entro il 2030. Quasi il 30 per cento della popolazione dell’America Latina (183 milioni di persone) continuava a vivere in povertà e l’11,4 per cento (72 milioni) in povertà estrema. La disuguaglianza rimaneva per i paesi la principale sfida da affrontare per essere in grado di promuovere una crescita inclusiva e lo sviluppo, con il 34 per cento del reddito totale dell’America Latina concentrato nel 10 per cento della popolazione più ricca.

Gli stati devono adottare misure solide, sia a livello fiscale che di bilancio, per combattere la povertà e la disuguaglianza e garantire l’adempimento dei loro obblighi in materia di diritti umani relativamente ai diritti alla salute, all’istruzione, all’alloggio e alla sicurezza sociale e all’accesso ai servizi e beni essenziali.

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