Rapporto 2023 – 2024

Analisi Globale

Proteste in Libano - Ibrahim Amro/AFP via Getty Images

Nel 2023, le violazioni dei diritti umani sono state dilaganti. Gli stati e i gruppi armati hanno frequentemente perpetrato attacchi e uccisioni illegali in un numero crescente di conflitti armati. Le autorità in varie parti del mondo hanno represso il dissenso imponendo restrizioni alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica, ricorrendo all’uso illegale della forza contro manifestanti, arrestando arbitrariamente e detenendo difensori dei diritti umani, oppositori politici e altri attivisti, e sottoponendoli in alcuni casi a tortura e altro maltrattamento. Molti stati non hanno saputo adottare misure in grado di realizzare i diritti delle persone al cibo, alla salute, all’istruzione e a un ambiente salubre, trascurando le ingiustizie economiche e la crisi climatica. I governi hanno spesso trattato rifugiati e migranti in maniera violenta e razzista. Una radicata discriminazione contro donne, ragazze, persone Lgbti, popolazioni native e comunità razzializzate o religiose ha emarginato sempre di più queste persone e le ha esposte a un rischio sproporzionato di violenza e violazioni dei diritti economici e sociali. Le imprese multinazionali hanno svolto un ruolo rilevante in alcuni di questi abusi. Le panoramiche regionali approfondiscono queste tendenze a livello delle singole regioni.

Questa analisi globale pone l’attenzione su quattro tematiche che evidenziano alcune di queste tendenze negative a livello globale: il trattamento dei civili come un elemento sacrificabile nelle situazioni di conflitto armato; la crescente reazione violenta contro la giustizia di genere; l’impatto sproporzionato delle crisi economiche, del cambiamento climatico e del degrado ambientale sulle comunità più marginalizzate; e le minacce di tecnologie nuove e già esistenti, come l’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence – Ai) generativa. Queste rappresentano, dal punto di vista di Amnesty International, le problematiche cruciali per i diritti umani a livello mondiale per il 2024 e oltre. Gli stati devono intraprendere un’azione concertata per contrastarle e prevenire ulteriori conflitti, crisi emergenti o il peggioramento di quelle attuali.

 

IL TRATTAMENTO DEI CIVILI NEI CONFLITTI ARMATI

Gli stati e i gruppi armati hanno trattato i civili come qualcosa di sacrificabile nei conflitti armati, alcuni dei quali sono in parte radicati nella discriminazione razziale ed etnica. L’attuale sistema internazionale si è generalmente dimostrato incapace di fornire risposte immediate ed efficaci volte a proteggere i civili, ostacolato anche dall’applicazione di doppi standard razzisti e da rivalità tra gli stati più potenti.

Violazioni del diritto internazionale umanitario

Violare o contravvenire alle norme internazionali umanitarie, conosciute anche come leggi di guerra, ha avuto conseguenze devastanti per i civili. In molti conflitti, le forze governative hanno fatto affidamento su attacchi terra-aria a lunga gittata, utilizzando proiettili con effetti ad ampio raggio contro aree popolate. Ciò ha significativamente contribuito a determinare massicce perdite di civili e una vasta distruzione di case e infrastrutture.

Alcune parti in conflitto hanno agito come se rispettare le regole del diritto internazionale umanitario fosse facoltativo. L’aggressione della Russia contro l’Ucraina è stata segnata da persistenti crimini di guerra; le forze russe hanno attaccato indiscriminatamente aree abitate e infrastrutture civili energetiche e altre legate alle esportazioni di cereali, torturato o altrimenti maltrattato prigionieri di guerra e causato un’estesa contaminazione ambientale attraverso atti comprendenti l’apparentemente deliberata distruzione della diga di Kakhovka. L’esercito di Myanmar e altre milizie alleate hanno condotto attacchi mirati contro i civili, oltre che attacchi indiscriminati, determinando nel 2023 almeno un migliaio di morti tra i civili. Eppure, i governi di Russia e Myanmar hanno di rado fornito spiegazioni in merito alle denunce di palesi violazioni, figuriamoci assumersi l’impegno di indagare su di esse. Entrambi hanno ricevuto finanziamenti e supporto militare dalla Cina.

In Sudan, entrambe le parti belligeranti, ovvero le Forze armate sudanesi e le Forze di supporto rapido, hanno dimostrato scarsa considerazione per il diritto internazionale umanitario nel compiere attacchi mirati, che hanno ucciso e ferito i civili, e nel lanciare ordigni esplosivi da quartieri densamente popolati. Tra lo scoppio dei combattimenti ad aprile 2023 e la fine dell’anno, sono state uccise più di 12.000 persone, oltre 5,8 milioni di altre sono state sfollate internamente e circa 1,4 milioni hanno cercato rifugio fuori dal paese.

Le autorità israeliane si sono sforzate in modo particolare di far passare gli attacchi che hanno effettuato su Gaza come conformi al diritto internazionale umanitario. In realtà si sono prese gioco di alcune delle sue norme cardine. Hanno trascurato i princìpi di distinzione e proporzionalità con l’accettazione di enormi perdite di vite civili e la massiccia distruzione di obiettivi civili. A fine 2023, con i loro bombardamenti incessanti e l’offensiva di terra avevano già ucciso, secondo il ministero della Salute di Gaza, 21.600 palestinesi, un terzo dei quali erano minori. Le crescenti prove di crimini di guerra documentano come le forze israeliane abbiano bombardato affollati campi per rifugiati ed edifici residenziali, più volte spazzato via intere famiglie e distrutto ospedali, scuole gestite dalle Nazioni Unite, panetterie e altre infrastrutture cruciali. Hanno fatto passare i loro generici ordini di evacuazione del nord di Gaza come validi avvertimenti e misure di precauzione ma, in pratica, hanno sfollato con la forza quasi 1,9 milioni di palestinesi (pari all’83 per cento della popolazione totale di Gaza di 2,3 milioni) dalle loro abitazioni e hanno deliberatamente negato loro gli aiuti umanitari, nel quadro del persistente blocco illegale su Gaza. Questi e altri fattori, come una sempre più marcata retorica razzista e disumanizzante contro i palestinesi da parte di alcuni esponenti del governo israeliano, hanno costituito allarmanti segnali di genocidio.

Intanto, Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno giustificato l’attacco che avevano lanciato il 7 ottobre 2023, prima del bombardamento e dell’offensiva di terra di Israele, come un atto di resistenza contro la sua occupazione militare di lunga data su Gaza e la Cisgiordania. Tuttavia, l’uccisione deliberata di centinaia di civili in Israele, la presa di ostaggi e il lancio indiscriminato di razzi verso Israele, tra i vari crimini, hanno costituito violazioni del diritto internazionale umanitario e hanno costituito crimini di guerra.

Nonostante gli sconcertanti livelli di spargimento di sangue di civili, distruzione e sofferenza raggiunti a Gaza, gli Usa e molti stati europei hanno appoggiato l’approccio di Israele. Alcuni stati, in particolare gli Usa, hanno continuato ad armare Israele con armi utilizzate in flagranti violazioni dei diritti umani. Considerate le loro ben fondate proteste per i crimini di guerra compiuti dalla Russia e Hamas, questi stessi stati hanno dimostrato di applicare evidenti doppi standard, compromettendo il rispetto del diritto internazionale umanitario e la protezione dei civili. Il Sudafrica ha intentato una causa contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia, riguardante le violazioni della Convenzione sul genocidio del 1948 compiute a Gaza.

Nel 2023, le forze governative e i gruppi armati hanno analogamente mostrato disprezzo per il diritto internazionale umanitario nei conflitti armati in Afghanistan, Burkina Faso, Camerun, Repubblica Centrafricana (Central African Republic – Car), Repubblica Democratica del Congo (Democratic Republic of Congo – Drc), Etiopia, Libia, Mali, Niger, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Siria e Yemen. I civili hanno pagato il prezzo di attacchi indiscriminati e altri attacchi illegali, alcuni dei quali hanno costituito crimini di guerra.

La violenza di genere è stata una caratteristica centrale di alcuni di questi conflitti. In un più ampio contesto di violenza sessuale compiuta dalle Forze di difesa eritree, i soldati hanno rapito almeno 15 donne e le hanno tenute prigioniere per quasi tre mesi in un campo militare nella regione etiope del Tigray, stuprandole ripetutamente. Nella Drc, nel primo trimestre del 2023 sono sati registrati più di 38.000 casi di violenza sessuale solo nella provincia del Nord Kivu.

I governi hanno represso al loro interno le voci che criticavano le azioni militari e il relativo impatto sui civili. Nel 2023, la Russia ha rafforzato la censura in tempo di guerra portandola a nuovi livelli. I difensori dei diritti umani, i media e gli attivisti politici che lavoravano in contesti di conflitto e post-conflitto sono stati attaccati. Le donne che difendevano i diritti umani hanno incontrato particolari difficoltà1.

 

DISCRIMINAZIONE RAZZIALE ED ETNICA

Il razzismo è un elemento centrale di alcuni di conflitti armati e delle risposte a essi.

Le radici profonde del conflitto in Israele e Territori Palestinesi Occupati affondano in parte in una forma estrema di discriminazione razziale, che corrisponde all’attuale sistema di apartheid praticato da Israele contro i palestinesi, tramite il quale Israele opprime e domina i palestinesi imponendo un sistema di frammentazione, segregazione e controllo, esproprio di terreni e proprietà e diniego dei diritti economici e sociali. L’“alterizzazione” su base etnica è una caratteristica dei conflitti armati in paesi come Etiopia, Myanmar e Sudan.

La discriminazione razziale si è manifestata anche nelle risposte a questi conflitti. I doppi standard discriminatori applicati sono stati evidenti, non soltanto nella retorica e nelle politiche degli Usa e di molti stati europei verso il conflitto in Israele e Territori Palestinesi Occupati, ma anche verso le sue ripercussioni. Molti governi hanno imposto restrizioni illegali sulle proteste organizzate in solidarietà con i palestinesi. I governi di Austria, Francia, Germania, Polonia, Svizzera e Ungheria hanno vietato preventivamente questo tipo di proteste nel 2023, adducendo come motivazione vaghi rischi per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale e, in alcuni casi, stereotipi razzisti. Media ed esponenti politici negli Usa, in Europa occidentale e in altre parti hanno frequentemente utilizzato una retorica che ha disumanizzato i palestinesi, diffuso discorsi razzisti e creato una sovrapposizione tra persone musulmani e e terroristi.

Nello stesso contesto, i crimini d’odio a sfondo antisemita e antimusulmano sono aumentati in Europa così come negli Usa. Sulle piattaforme online c’è stato anche un allarmante incremento dell’istigazione all’odio e di altri contenuti dannosi, indirizzati sia contro i palestinesi sia contro le comunità ebraiche in senso più ampio. I contenuti pubblicati dai palestinesi e dai sostenitori dei diritti dei palestinesi sarebbero stati sottoposti ripetutamente a una moderazione dei contenuti potenzialmente discriminatoria da parte di diverse piattaforme social2.

Intanto, una ricerca sull’Etiopia pubblicata a ottobre 2023 ha dimostrato come l’incapacità del gruppo Meta di frenare l’istigazione all’odio sulla sua piattaforma Facebook avesse contribuito a perpetrare uccisioni e altre gravi violazioni dei diritti umani contro i membri della comunità tigrina3.

Il razzismo è stato anche evidente nel trattamento riservato a coloro che fuggivano dai conflitti e da altre crisi. Le politiche di deterrenza ed esternalizzazione della migrazione che l’Ue, altri stati europei e gli Usa hanno adottato o mantenuto, hanno costretto le persone che fuggivano da conflitti e da altre crisi ad affrontare lunghi e pericolosi viaggi. Tale atteggiamento è apparso andare in direzione opposta al trattamento generalmente positivo riservato agli ucraini in cerca di sicurezza. In uno sviluppo positivo, Danimarca, Finlandia e Svezia hanno avviato a maggio 2023 le procedure per il riconoscimento automatico dello status di rifugiate alle donne e alle ragazze afgane. Tuttavia, in generale, i paesi europei non hanno saputo fornire sufficienti percorsi sicuri e regolari per proteggere le persone afgane e altre in fuga da situazioni di conflitto e gravi violazioni dei diritti umani.

Sistema internazionale

Le istituzioni multilaterali si sono dimostrate spesso incapaci o riluttanti a fare pressioni sulle parti coinvolte nei conflitti armati, affinché rispettassero il diritto internazionale umanitario. Benché le limitate risorse abbiano giocato un ruolo, molti attori all’interno di queste istituzioni non hanno dimostrato sufficiente coraggio o applicato con coerenza i loro stessi princìpi. Nel peggiore dei casi, i loro membri hanno mostrato di fare un gioco cinico ed egoista.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non ha saputo intraprendere azioni efficaci nei maggiori conflitti. Com’era prevedibile, gli Usa hanno trasformato in un’arma il loro potere di veto per impedire ripetutamente al Consiglio di invocare un cessate il fuoco a Gaza4. Tuttavia, la sua paralisi si è estesa a tematiche sulle quali solitamente esisteva un terreno comune. A luglio 2023, non è riuscito ad autorizzare nuovamente il meccanismo transfrontaliero per la fornitura degli aiuti umanitari diretti in Siria. Il suo Gruppo di lavoro sui minori e i conflitti armati non è riuscito a raggiungere un consenso sulle gravi violazioni contro i minori in Afghanistan, Myanmar, Somalia e Siria, nonostante le negoziazioni fossero durate più di un anno e, in alcuni casi, per due anni o più.

Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha avuto un approccio incoerente nell’affrontare le conseguenze del conflitto armato. Nel 2023 ha istituito un meccanismo di monitoraggio sui diritti umani sul Sudan e ha rinnovato la ricerca sui diritti umani in Russia. Tuttavia, non è riuscito a rinnovare mandati d’importanza cruciale, come quello della Commissione internazionale delle Nazioni Unite degli esperti sui diritti umani in Etiopia, nonostante il conflitto nel paese avesse causato la morte di almeno 600.000 civili e gli avvertimenti della commissione circa un “acuto rischio di ulteriori atrocità”. Un altro esempio è stato la Missione di accertamento dei fatti in Libia, nonostante la sua conclusione secondo cui nel paese continuavano a essere compiute nell’impunità gravi e continue violazioni dei diritti umani. Alcuni stati si sono attivamente opposti all’estensione di questi cruciali mandati e quelli che avevano precedentemente sostenuto la loro istituzione hanno abbandonato il loro sostegno di fronte alla resistenza.

Da parte delle Nazioni Unite è emerso almeno qualche segnale di voler affrontare le terribili minacce poste dallo sviluppo non regolamentato di sistemi d’arma autonomi, che minaccia di lasciare ad algoritmi guidati dall’Ai il potere di prendere decisioni sulla vita o la morte. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato a dicembre 2023 una risoluzione ampiamente sostenuta, che sottolineava la necessità urgente di affrontare la questione. Il Segretario generale delle Nazioni Unite e il Cicr hanno sollecitato gli stati a concludere un trattato vincolante sui sistemi d’arma autonomi entro il 2026.

L’accertamento delle responsabilità per i crimini di diritto internazionale durante i conflitti armati è rimasto generalmente elusivo e l’Ufficio del procuratore dell’Icc ha dimostrato di applicare sempre più spesso doppi standard e un criterio di selettività nel trattamento delle situazioni che aveva al vaglio. L’Ufficio del procuratore ha chiuso le sue indagini su Kenya e Uganda e non è riuscito ad aprire un’inchiesta annunciata in precedenza in Nigeria. Tuttavia, l’Icc ha continuato a indagare su un certo numero di situazioni, su cui Amnesty International ha documentato crimini di diritto internazionale. In particolare, sono stati spiccati mandati d’arresto contro il presidente russo Vladimir Putin e la commissaria per i diritti dell’infanzia Maria Lvova-Belova per presunti crimini di guerra, con un obbligo vincolante su tutti gli stati membri dell’Icc di arrestarli e consegnarli, come confermato da un’alta corte sudafricana. Il procuratore dell’Icc ha tardivamente emanato dichiarazioni che confermavano che l’indagine dell’Icc in corso sulla situazione in Palestina avrebbe coperto gli atti commessi il 7 ottobre e successivamente in Israele e Territori Palestinesi Occupati.

Inoltre, l’adozione a maggio 2023 della Convenzione di Lubiana-Aia sulla cooperazione internazionale in materia di indagini e procedimenti giudiziari sul crimine di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e su altri crimini internazionali (Convenzione di mutua assistenza giudiziaria) offrirà alle vittime di crimini secondo il diritto internazionale l’opportunità di perseguire la giustizia attraverso i tribunali nazionali5.

Tutti gli stati membri dovrebbero avviare iniziative per riformare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in modo tale che i suoi membri permanenti non possano esercitare in modo incontrollato il loro potere di veto. Dovrebbero firmare e ratificare senza riserve la Convenzione di mutua assistenza giudiziaria. Dovrebbero affrontare le cause profonde dei conflitti, compresa la discriminazione razziale ed etnica, e assicurare il rispetto del diritto internazionale umanitario nei conflitti armati, compresa la protezione dei civili. Dovrebbero rafforzare le istituzioni delle Nazioni Unite che svolgono un ruolo di prevenzione, come il Consiglio per i diritti umani, il sistema delle procedure speciali e gli organismi che indagano, documentano e preservano le prove dei crimini di diritto internazionale.

 

LA REAZIONE VIOLENTA CONTRO LA GIUSTIZIA DI GENERE

Nonostante i progressi ottenuti in alcuni paesi, si sono moltiplicati gli attacchi ai diritti delle donne, delle ragazze e delle persone Lgbti. Molti governi hanno indebolito i diritti sessuali e riproduttivi e i diritti delle persone Lgbti e non hanno contrastato la violenza di genere.

Discriminazione e diritti sessuali e riproduttivi

Negli ultimi anni, le persone e le organizzazioni della società civile impegnate nella difesa dei diritti delle donne hanno fatto progredire il rispetto per i diritti delle donne e i diritti sessuali e riproduttivi. Tuttavia, queste conquiste sono finite sotto attacco. L’organizzazione Un Women ha lanciato un monito sul progressivo peggioramento delle disuguaglianze di genere.

Alcuni governi hanno rinforzato la discriminazione contro donne e ragazze. In Afghanistan, le autorità hanno escluso donne e ragazze dall’istruzione oltre la scuola primaria, dal lavoro presso gli uffici delle Nazioni Unite e delle Ong e dalla maggior parte delle posizioni del pubblico impiego. In Iran, le autorità hanno intensificato il loro giro di vite volto a far rispettare l’obbligo di indossare il velo. In entrambi i paesi, le donne hanno dovuto affrontare brutali rappresaglie di stato per avere esercitato o rivendicato i loro diritti. In Francia, nel 2023, le autorità hanno aumentato le restrizioni sull’abbigliamento ritenuto di tipo religioso nelle scuole e nello sport, discriminando donne e ragazze musulmane.

Alcuni paesi hanno fatto registrare nel 2023 qualche risultato positivo per i diritti sessuali e riproduttivi. In Honduras, il governo ha posto fine a un divieto durato 14 anni all’uso e la vendita della pillola contraccettiva d’emergenza, benché l’aborto sia rimasto vietato. In Messico, la Corte suprema ha dichiarato incostituzionale la criminalizzazione dell’aborto. In Finlandia e Spagna, l’accesso all’aborto è stato semplificato.

Tuttavia, in altri paesi, le autorità hanno indebolito i diritti sessuali e riproduttivi, incluso l’accesso all’aborto. Negli Usa, l’implementazione da parte di 15 stati di divieti totali d’aborto o divieti con eccezioni estremamente limitate ha avuto effetti sproporzionati su donne e ragazze nere o razzializzate. In Polonia, almeno una donna è morta nel 2023 per complicazioni derivanti dal diniego di accedere ai servizi per ottenere un aborto. Piattaforme dei social media, come Facebook, Instagram e TikTok, hanno soppresso informazioni essenziali riguardanti i diritti riproduttivi, in seguito alla decisione della Corte suprema degli Usa del 2022 che aveva posto fine alle tutele federali per il diritto all’aborto. Le persone che difendevano i diritti all’aborto, inclusi attivisti e operatori sanitari, sono state esposte a stigmatizzazione, aggressioni fisiche e verbali, intimidazioni e minacce, oltre a essere criminalizzate attraverso procedimenti giudiziari, indagini e arresti ingiusti6.

Violenza di genere

La lotta in difesa dei diritti delle donne ha portato negli ultimi anni alla positiva introduzione di alcune misure di prevenzione della violenza contro donne e ragazze. Nonostante ciò, la violenza contro donne e ragazze è continuata a livelli allarmanti.

Le tutele legislative per prevenire e combattere la violenza di genere, compresa la violenza sessuale e domestica, sono state rafforzate nel 2023 in paesi come Giappone, Macedonia del Nord, Svizzera e Uzbekistan. Tuttavia, in varie parti del mondo, le autorità hanno sistematicamente omesso di affrontare la radicata violenza di genere e l’impunità di cui spesso godono i suoi perpetratori, e non si sono curate delle necessità a lungo termine delle sopravvissute a questi episodi. In Messico, nel 2023, sono state uccise in media circa nove donne al giorno. In paesi come Algeria e Tunisia, si sono verificati casi di donne vittime di “delitti d’onore”. Gli effetti devastanti di pratiche dannose sono stati esemplificati dalle morti nel 2023 di una ragazza di 16 anni, che ha preferito togliersi la vita per sfuggire a un matrimonio forzato in Niger, e di una bambina di due anni sottoposta a mutilazione genitale femminile in Sierra Leone.

Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate

Nonostante i limitati progressi nella tutela dei diritti delle persone Lgbti ottenuti in alcuni paesi, gli attacchi contro di loro si sono intensificati in molti altri.

Il 2023 ha visto l’introduzione in diversi paesi di positive modifiche legislative o politiche. In Lettonia, le autorità hanno riconosciuto le unioni civili. A Taiwan, le autorità hanno riconosciuto il diritto della maggior parte delle coppie omosessuali transnazionali di sposarsi. Una sentenza della Corte suprema della Namibia ha riconosciuto il diritto dei coniugi di cittadini namibiani di regolarizzare il loro status d’immigrazione in base a matrimoni omosessuali contratti al di fuori del paese. In Finlandia, Germania e Spagna, le autorità hanno facilitato l’autodeterminazione di genere.

Tuttavia, in 62 paesi del mondo erano in vigore disposizioni legislative che criminalizzavano la condotta omosessuale e che, in molti dei casi, risalivano all’epoca del colonialismo7. Nel 2023 c’è stata una nuova ondata di cause giudiziarie o proposte legislative, il cui fine era di ridurre i diritti delle persone Lgbti. Una nuova legislazione in Uganda ha introdotto la pena di morte per il reato di “omosessualità aggravata”. In Ghana, il parlamento ha approvato un disegno di legge “anti-gay”. La Russia ha adottato una nuova legislazione transfobica, la Bulgaria ha posto fine al riconoscimento legale del genere per le persone transgender e il Regno Unito ha bloccato la legge di riforma sul riconoscimento del genere del parlamento scozzese. In India, la Corte suprema si è rifiutata di garantire il riconoscimento legale ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.

In molte regioni sono stati registrati arresti e procedimenti giudiziari contro persone Lgbti e sono state imposte restrizioni al lavoro delle organizzazioni per la difesa dei loro diritti. Nel 2023, decine di persone sono state arrestate e, in alcuni casi, incarcerate ai sensi di disposizioni che criminalizzano le relazioni sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso in paesi come Burundi, Egitto, Libia e Tunisia, o per avere organizzato matrimoni o feste gay in Nigeria. In Cina, una nota organizzazione per i diritti Lgbti è stata costretta alla chiusura di fronte alla campagna anti-Lgbti in corso nel paese, ingaggiata dal governo. La Russia ha di fatto posto fuori legge qualsiasi attività pubblica collegata ai diritti Lgbti, etichettando come “estremista” un non ben definito “movimento Lgbt internazionale”.

I crimini violenti contro le persone Lgbti sono persistiti e sono rimasti impuniti in molte regioni. In Guatemala, dove i matrimoni omosessuali rimanevano illegali, almeno 34 persone sono state uccise a causa del loro orientamento sessuale o dell’identità di genere. In Libano, le autorità hanno istigato atti di violenza contro le persone Lgbti. Le autorità irachene hanno ordinato ai media di sostituire il termine “omosessualità” con “devianza sessuale”.

Tutti i governi dovrebbero sostenere la giustizia di genere e i movimenti associati per combattere la discriminazione contro le donne e rafforzare i diritti sessuali e riproduttivi. Dovrebbero dare  priorità ai programmi per contrastare la violenza di genere e fornire risposte ai bisogni a lungo termine delle sopravvissute a questi episodi. Dovrebbero adoperarsi per far abrogare le leggi e le politiche che discriminano le persone Lgbti.

 

IMPATTO DELLE CRISI ECONOMICHE E DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Le crisi economiche, il cambiamento climatico e il degrado ambientale hanno colpito in maniera sproporzionata le comunità marginalizzate. I difensori dei diritti umani che facevano campagne per i diritti di queste comunità sono stati analogamente presi di mira nel quadro di una più ampia repressione del dissenso.

Diritti economici e sociali

Conflitto, cambiamento climatico e le conseguenze della pandemia da Covid-19 hanno nell’insieme alimentato una gamma di crisi economiche. In un contesto in cui 4,1 miliardi di persone non sono coperte da un programma di protezione sociale se non l’assistenza sanitaria, queste crisi hanno avuto un profondo impatto sui diritti umani, con elevati livelli di insicurezza alimentare e in relazione all’approvvigionamento di carburante. Hanno inoltre seriamente minacciato la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, il cui percorso nel 2023 è arrivato a metà strada. Un rapporto del Segretario generale delle Nazioni Unite pubblicato ad aprile 2023 ha rivelato che “dei circa 140 obiettivi per i quali erano disponibili dati, soltanto circa il 12 per cento era sulla buona strada”. Di conseguenza, secondo le proiezioni attuali, 575 milioni di persone nel 2030 vivranno in una condizione di povertà estrema, nonostante l’obiettivo di sradicarla completamente.

Gli shock economici hanno aggravato l’indebitamento nazionale dei paesi che già affrontavano crisi causate dal debito interno. Secondo un rapporto della Banca mondiale pubblicato a dicembre 2023, circa il 60 per cento dei paesi del mondo a basso reddito era in difficoltà finanziarie a causa del debito o a forte rischio di esserlo. Molti altri stavano spendendo vaste somme di denaro, di cui avevano bisogno per realizzare i diritti umani, per pagare gli interessi per la restituzione del debito sempre più alti. Tra i paesi in grave sofferenza finanziaria da debito venivano citati Egitto, Etiopia, Ghana, Kenya, Pakistan, Sri Lanka, Tunisia, Ucraina e Zambia.

Se da un lato l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha riportato una certa riduzione dei prezzi dei prodotti alimentari a livello globale rispetto al picco raggiunto nel 2022, i prezzi sono rimasti molto alti se confrontati con il periodo precedente all’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia a febbraio 2022 e in molti mercati hanno continuato ad aumentare. In diversi momenti del 2023, è stato calcolato che il 78 per cento della popolazione della Sierra Leone viveva in una condizione di insicurezza alimentare, il 46 per cento di quella del Sud Sudan stava attraversando elevati livelli di insicurezza alimentare e che cinque milioni di persone in Somalia versavano in una situazione di crisi alimentare. A metà dicembre, il 93 per cento della popolazione di Gaza era ridotta alla fame, secondo l’Oms, e rischiava tra l’altro di morire per malattie altrimenti curabili, con le donne in gravidanza o che allattavano particolarmente a rischio.

Alcuni paesi hanno intrapreso iniziative per modificare il sistema di tassazione globale e altre forme di governance economica, allo scopo di sostenere più efficacemente la realizzazione dei diritti economici e sociali. Nell’ambito di tale obiettivo, sono stati compiuti alcuni passi in avanti per stabilire un regime globale per una tassazione più equa, che potrebbe contribuire a mobilizzare risorse per i paesi a basso reddito. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiedeva un processo in due fasi per arrivare a negoziare una Convenzione quadro delle Nazioni Unite per una cooperazione fiscale internazionale efficace e inclusiva. La risoluzione, su proposta della Nigeria, è stata sostenuta a larga maggioranza, nonostante l’opposizione di un significativo numero di stati ad alto reddito, come gli stati dell’Ue, il Giappone, il Regno Unito e gli Usa8.

Diritto a un ambiente salubre

Eventi atmosferici estremi e crisi a insorgenza lenta, diventati più frequenti e intensi a causa del cambiamento climatico, hanno colpito paesi a ogni livello di reddito, ma hanno avuto effetti sproporzionati su quelli a basso reddito. I governi e le grandi aziende non hanno saputo fornire risposte adeguate a queste problematiche né prevenire situazioni di degrado ambientale acuto.

I governi, specialmente quelli di paesi che in considerazione del loro ruolo storico di principali emettitori devono assumersi maggiori obblighi in base al principio giuridico della responsabilità comune ma differenziata, hanno fatto finora troppo poco per eliminare gradualmente i combustibili fossili e altri fattori determinanti per il cambiamento climatico. Molti hanno continuato a espandere le loro infrastrutture per la produzione dei combustibili fossili, anche grazie a finanziamenti pubblici.

La scelta degli Uae come paese ospitante dell’ultima conferenza sul cambiamento climatico, la Cop28, si è rivelata particolarmente controversa perché la compagnia petrolifera nazionale, la Abu Dhabi National Oil Company, guidata dal presidente della Cop28, aveva annunciato un aggressivo programma di espansione della sua produzione di combustibili fossili. Con l’accordo raggiunto alla Cop28 riguardante la “transizione in uscita” dalle fonti fossili nei sistemi energetici, per la prima volta i combustibili fossili sono stati menzionati in una decisione della Cop. Tuttavia, non era abbastanza per le reali necessità e lasciava aperte delle scappatoie che permettevano ai produttori di combustibili fossili e agli stati di continuare tranquillamente con il loro approccio attuale9. Intanto, il totale di 700 milioni di dollari Usa impegnati alla Cop28 per il Fondo per le perdite e i danni, che dovrebbe assistere le comunità dei paesi a basso reddito che subiscono gli effetti disastrosi di eventi atmosferici estremi e altri danni causati dal riscaldamento globale, era a malapena sufficiente a metterlo in piedi e gestirlo10.

In altri sviluppi più positivi, diverse corti di giustizia nazionali e regionali, inclusi i tribunali di Cipro e Irlanda e la Corte europea dei diritti umani, hanno riconosciuto il diritto di gruppi e individui di intentare cause giudiziarie contro i governi, qualora la loro azione sia insufficiente a combattere il cambiamento climatico o il degrado ambientale. Queste cause hanno il potenziale di costringere i governi e le aziende produttrici di combustibili fossili a rispondere per i danni specifici causati e di gettare le basi per ulteriori cause giudiziarie riguardanti il cambiamento climatico. Intanto, a marzo 2023, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha appoggiato Vanuatu e altri stati insulari del Pacifico, chiedendo alla Corte internazionale di giustizia di fornire un’opinione autorevole in merito agli obblighi e alle responsabilità degli stati in materia di cambiamento climatico11.

L’impatto sproporzionato sulle persone marginalizzate

I gruppi razzializzati, comprese le popolazioni native e altri che subiscono una discriminazione intersezionale, sono stati penalizzati in maniera sproporzionata dai danni causati ai diritti umani associati alle crisi economiche, al cambiamento climatico e al degrado ambientale.

Il danno sproporzionato subito da questi gruppi è attribuibile a diversi fattori, incluso l’impatto cumulativo di una discriminazione, passata e presente, diretta e strutturale. Di conseguenza, le comunità marginalizzate in vari paesi del mondo non sono state in alcuni casi in grado di permettersi o di accedere a farmaci e altri beni essenziali, come acqua potabile, cibo sufficiente ed energia.

L’alto bilancio di vittime tra il gruppo etnico dei rohingya causato dal ciclone Mocha, che si è abbattuto su Myanmar a maggio 2023, era in larga parte attribuibile alle spaventose condizioni in cui vivevano da quando erano stati sfollati con la forza nel 2012. La salute di coloro che vivevano in condizioni di povertà e dei lavoratori del settore informale è stata particolarmente messa in pericolo dalle ondate di caldo estremo indotte dal cambiamento climatico in Pakistan. Le popolazioni native e altri gruppi marginalizzati sono stati colpiti in maniera esagerata dal degrado ambientale associato ai progetti estrattivi su scala industriale in regioni come le Americhe e l’Asia.

Difensori dei diritti umani

I difensori dei diritti umani che si battevano per i diritti di coloro che subivano le conseguenze negative delle crisi economiche, del cambiamento climatico e del degrado ambientale hanno continuato a essere presi di mira dai governi e da attori non statali.

I sindacati che si erano mobilitati per tutelare i lavoratori che affrontavano l’impatto delle crisi economiche e quelli che criticavano la gestione delle crisi economiche da parte dei rispettivi governi sono finiti nel mirino delle autorità in vari paesi, dall’Egitto alla Corea del Sud. In Africa occidentale e centrale, i difensori dei diritti umani che combattevano la corruzione o un significativo sperpero di risorse, sono stati minacciati, incarcerati o uccisi12.

Questi erano tra i tantissimi difensori dei diritti umani perseguiti, intimiditi o addirittura uccisi nel contesto di più ampie campagne di sistematica repressione del dissenso. Tre membri della comunità guapinol, in Honduras, sono stati uccisi durante il 2023. Si erano mobilitati contro una compagnia mineraria per proteggere le acque del fiume dal quale dipendeva la loro sussistenza. I difensori dei diritti umani erano anche tra coloro che hanno subìto gli effetti di nuove leggi o disposizioni che limitavano il diritto alla libertà d’espressione o associazione, entrate in vigore nel 2023 in paesi come Bangladesh, Cina, Cuba, Giordania, India, Papua Nuova Guinea, Regno Unito, Singapore e Ungheria.

Le popolazioni native, gli attivisti per la giustizia climatica e i difensori dell’ambiente hanno affrontato arresti di massa e azioni giudiziarie nel momento in cui intraprendevano pacifici atti di disobbedienza civile. Le loro proteste, come quelle di molti altri attivisti, sono state criminalizzate o soffocate con un uso eccessivo o non necessario della forza. L’impiego di proiettili a impatto cinetico e altri tipi di proiettili contro i manifestanti ha causato migliaia di feriti in tutto il mondo, determinando anche disabilità permanenti e decine di morti13. La continua militarizzazione della polizia ha accentuato tale rischio. I maggiori produttori di armi meno letali hanno irresponsabilmente continuato a rifornire forze di sicurezza che erano note per utilizzarle in modo illegale14. È importante, dunque, che stia crescendo la richiesta di un trattato internazionale legalmente vincolante che regolamenti il commercio delle armi meno letali in dotazione delle forze di polizia impegnate in operazioni di ordine pubblico. Nel 2023, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di riunione pacifica e d’associazione e il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura hanno espresso il loro sostegno per un Trattato sul commercio libero da tortura.

I governi e le istituzioni finanziarie internazionali dovrebbero implementare misure di riduzione del debito, compresa la sua cancellazione, per i paesi che non sono in grado di ottemperare ai loro obblighi in materia di diritti umani a causa degli elevati interessi per il ripagamento del debito. Dovrebbero investire in programmi universali di protezione sociale che realizzino il diritto alla sicurezza sociale per tutte le persone e lavorare insieme per istituire un Fondo di protezione sociale globale che sostenga i paesi a basso reddito15. I governi dovrebbero cooperare alla stesura di una convenzione delle Nazioni Unite sulla tassazione. Dovrebbero impegnarsi a realizzare una completa, rapida ed equa eliminazione dei combustibili fossili nel quadro di un più ampio pacchetto di misure di transizione energetica. Dovrebbero lavorare per arrivare ad approvare un Trattato sul commercio libero da tortura. Devono inoltre garantire la protezione dei difensori dei diritti umani.

 

LE MINACCE DI TECNOLOGIE NUOVE ED ESISTENTI

L’emergere di strumenti di Ai generativa ha occupato le prime pagine dei giornali negli ultimi mesi, evidenziando le minacce che queste nuove tecnologie e altre già esistenti rappresentano per i diritti umani, e in particolare per i diritti di coloro che appartengono alle fasce più marginalizzate della società. Gli stati non hanno adottato misure sufficienti per frenare il commercio globale di spyware o il modello economico basato sulla sorveglianza delle grandi aziende di tecnologia informatica, note come le Big Tech.

I rischi dell’intelligenza artificiale

Il lancio nel 2023 di ChatGpt-4, uno strumento che può sintetizzare e generare del testo, ha attirato l’attenzione su come l’Ai generativa trasformerà le vite lavorative delle persone, il loro accesso ai servizi della pubblica amministrazione e la loro esperienza sulle piattaforme Internet in generale. Come ogni altra nuova tecnologia, l’Ai generativa può creare opportunità ma, senza un’adeguata ed efficace regolamentazione, può anche accentuare i rischi per i diritti umani in aree come l’accesso al welfare, all’istruzione e all’impiego, ai diritti al lavoro, alla privacy e alla sicurezza online. Questi rischi comprendono un rafforzamento delle disuguaglianze, a sfondo razziale e di altro tipo, un aumento della sorveglianza e l’amplificazione di contenuti d’odio online16.

I sistemi di Ai esistenti, tra le altre tecnologie, hanno già amplificato le disuguaglianze e danneggiato le comunità marginalizzate in aree come l’accesso ai servizi erogati dallo stato, l’ordine pubblico, la sicurezza, e la migrazione17. In Serbia, il nuovo sistema di welfare sociale semiautomatizzato, finanziato dalla Banca mondiale, ha portato migliaia di persone a rischiare di perdere l’accesso a servizi di assistenza sociale vitali e penalizzato in maniera sproporzionata la comunità rom e le persone con disabilità. L’utilizzo da parte di Israele delle tecnologie di riconoscimento facciale nei Territori Palestinesi Occupati ha rafforzato le restrizioni sulla libertà di movimento e contribuito a consolidare il sistema di apartheid. Il dipartimento di polizia di New York ha rivelato che nel 2023 aveva utilizzato la tecnologia per sottoporre a sorveglianza le proteste del movimento Black Lives Matter nella città, ma sono al contempo aumentate le pressioni sul consiglio comunale della città per chiederne la messa al bando. Intanto, le società di capitale che investono nelle nuove tecnologie si sono spesso sottratte alle loro responsabilità di rispettare i diritti umani18.

Commercio globale di spyware

Gli stati non hanno saputo contrastare il commercio globale di spyware. Una ricerca condotta da Amnesty International nel 2023 ha contribuito a rivelare l’utilizzo dello spyware Pegasus contro i giornalisti e la società civile in Armenia, Repubblica Dominicana, India e Serbia. Un’ampia indagine riguardante “i file predatori” condotta dalla rete European Investigative Collaborations, in collaborazione con Amnesty International, ha scoperto come uno spyware “basato e regolamentato nell’Ue” fosse stato liberalmente venduto alle autorità statali di tutto il mondo19. All’indomani di queste rivelazioni, a novembre 2023, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che criticava la mancanza d’azione per frenare gli abusi da parte dell’industria produttrice di spyware. Questa iniziativa era un altro segnale che alcuni decisori politici stavano cominciando ad agire, come ha tra l’altro dimostrato una dichiarazione firmata da 11 stati a marzo 2023, che riconosceva le minacce che gli spyware rappresentano per i diritti umani.

Abusi da parte delle Big Tech

I danni causati dal modello economico basato sulla sorveglianza delle Big Tech sono stati messi a nudo ancora una volta nel 2023, non soltanto nel contesto del conflitto armato, ma anche nel modo in cui compromettono i diritti dei minori e dei più giovani. Il sistema di raccomandazione dei contenuti di TikTok e le sue pratiche invasive di raccolta dei dati rappresentano un pericolo per i giovani utenti della piattaforma, amplificando contenuti legati a depressione e suicidio che rischiano di peggiorare problemi di salute mentale esistenti20. C’è stato anche un allarmante aumento dell’istigazione contro le persone Lgbti su X (ex Twitter)21. La proliferazione di misinformazione e disinformazione politica è con ogni probabilità destinata ad aumentare e ciò rappresenta un rischio particolarmente grave date le numerose elezioni previste nel 2024. Forze politiche repressive in molte parti del mondo hanno utilizzato i social media come un’arma per attaccare le minoranze e aizzare una contro l’altra le comunità, nel tentativo di aumentare le proprie possibilità di successo elettorale. Questo tipo di tentativi sono facilitati e amplificati dagli algoritmi e dai modelli economici delle Big Tech, che hanno come priorità il “coinvolgimento” e i profitti a ogni costo. I rischi sono aggravati dall’emergere degli strumenti di Ai generativa.

Alcune autorità di regolamentazione da un lato e le vittime che cercano rimedi dall’altro stanno compiendo sforzi per impedire ulteriori abusi. A luglio 2023, la Corte di giustizia dell’Ue ha emesso un’importante sentenza contro il modello economico basato sulla sorveglianza su cui si regge Meta, il gruppo proprietario di Facebook e Instagram. Poco dopo, le autorità norvegesi hanno ordinato a Meta di smettere di mostrare annunci pubblicitari personalizzati in base alle attività online e alle informazioni sulla posizione stimata degli utenti in Norvegia. Nell’Ue, la società civile si è concentrata sulla promozione di una solida implementazione della storica legge sui servizi digitali del 2022, la prima regolamentazione completa al mondo che disciplina le Big Tech e promette il rispetto dei diritti umani. Tuttavia, sono state perse delle opportunità per affrontare i rischi correlati alle tecnologie dell’Ai. Nel 2023, l’Ue ha raggiunto un accordo riguardante l’adozione di una legge europea sull’Ai, il cui testo finale, tuttavia, non era sufficiente a prevenire i danni e che potrebbe perfino contribuire all’espansione e alla legittimazione delle attività di sorveglianza da parte delle autorità di polizia e dell’immigrazione.

I governi dovrebbero mettere immediatamente al bando spyware altamente invasivi e la tecnologia di riconoscimento facciale. Dovrebbero adottare solide misure legislative e regolatorie per affrontare i rischi e i danni causati dalle tecnologie dell’Ai. Dovrebbero tenere a freno le Big Tech, in particolare contrastando i danni del loro modello economico basato sulla sorveglianza.

 

Note:
1 Challenges faced by women human rights defenders working in conflict, post-conflict or crisis-affected settings, 5 giugno.
2 Global: Social media companies must step up crisis response on Israel-Palestine as online hate and censorship proliferate, 27 ottobre.
3 Ethiopia: Meta’s failures contributed to abuses against Tigrayan community during conflict in northern Ethiopia, 31 ottobre.
4 Israel/OPT: US veto of ceasefire resolution displays callous disregard for civilian suffering in face of staggering death toll, 8 dicembre.
5 International Justice Day: Harnessing the Rome Statute and strengthening the system of international justice, 17 luglio.
6 An Unstoppable Movement: A Global Call to Recognize and Protect Those Who Defend the Right to Abortion, 24 novembre.
7 Colonialism and sexual orientation and gender identity: Submission to the Independent Expert on protection against violence and discrimination based on sexual orientation and gender identity, 15 giugno.
8 Global: Vote in favour of international cooperation on tax helps advance human rights, 22 novembre.
9 Global: COP28 agreement to move away from fossil fuels sets precedent but falls short of safeguarding human rights, 13 dicembre.
10 Global: Initial pledges at COP28 to finance the Loss & Damage Fund fall far short of what is needed, 30 novembre.
11 Global: UN backs Pacific Island states by asking the International Court to advance climate justice, 29 marzo.
12 Anti-Corruption Fight in Peril: Crackdown on Anti-Corruption Human Rights Defenders in West and Central Africa, 11 luglio.
13 “My Eye Exploded”: The Global Abuse of Kinetic Impact Projectiles, 14 marzo.
14 The Repression Trade, 11 ottobre.
15 Rising Prices, Growing Protests: The Case for Universal Social Protection, 10 maggio; Actions Speak Louder than Words: The World Bank Must Promote Universal Social Protection, 10 ottobre.
16 Global: Companies must act now to ensure responsible development of artificial intelligence, 14 giugno.
17 Digitally Divided: Technology, Inequality, and Human Rights, 2 ottobre.
18 Silicon Shadows: Venture Capital, Human Rights, and the Lack of Due Diligence, 13 dicembre.
19 The Predator Files: Caught in the Net, 9 ottobre.
20 “I feel exposed”: Caught in TikTok’s surveillance web, 7 novembre; Driven into Darkness: How TikTok’s “For You” Feed Encourages Self-Harm and Suicidal Ideation, 7 novembre.
21 Hateful and abusive speech towards LGBTQ+ community surging on Twitter surging under Elon Musk, 9 febbraio.

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