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Regno dell’Arabia Saudita

Le autorità hanno preso di mira persone che avevano esercitato i loro diritti alla libertà d’espressione o d’associazione, alcune delle quali sono state condannate a lunghi periodi di carcerazione o a morte, al termine di processi gravemente viziati. I difensori dei diritti umani hanno continuato a essere arbitrariamente detenuti o soggetti a divieti di viaggio in seguito al loro rilascio con la condizionale. I tribunali hanno emesso condanne a morte al termine di processi gravemente viziati, compresi casi giudiziari riguardanti persone minorenni all’epoca dei presunti reati, e sono state effettuate esecuzioni di persone condannate per un’ampia gamma di reati. Le persone migranti hanno subìto gravi violazioni dei diritti umani, fino a essere anche vittime di uccisioni al confine con lo Yemen e di trattamento configurabile come traffico di esseri umani per fini di sfruttamento sul lavoro. Migliaia di persone sono state rimandate contro la loro volontà nei paesi d’origine, nel contesto di una campagna di repressione messa in atto a livello nazionale nei confronti di persone migranti prive di documenti. Le donne sono rimaste discriminate nella legge e nella prassi.

 

CONTESTO

L’Arabia Saudita e l’Ue hanno tenuto il loro terzo dialogo sui diritti umani a Bruxelles, in Belgio, il 28 novembre. L’Ue ha sollevato timori rispetto alla continua applicazione della pena di morte in Arabia Saudita, anche per reati di droga e crimini non letali, oltre che per i lunghi periodi di carcerazione imposti per le attività sui social media.

La coalizione guidata dall’Arabia Saudita impegnata nel perdurante conflitto in corso in Yemen ha continuato a essere implicata in crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale (cfr. Yemen).

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

La Corte penale specializzata (Specialized Criminal Court – Scc), istituita per processare reati in materia di terrorismo, ha giudicato e condannato persone a lunghi periodi di carcerazione al termine di processi gravemente iniqui, unicamente per avere esercitato i loro diritti alla libertà d’espressione, anche online attraverso X (ex Twitter).

Processi iniqui

Le autorità hanno continuato a detenere arbitrariamente persone senza offrire loro alcuna opportunità di impugnare la legittimità della loro detenzione e in molti casi le hanno condannate a lunghi periodi di carcere o a morte per accuse vaghe, “onnicomprensive”, che criminalizzano l’opposizione politica come “terrorismo” in violazione dei loro diritti a un processo equo.

A gennaio, l’Scc ha ricondannato Salma al-Shehab, una dottoranda dell’università di Leeds, nel Regno Unito, madre di due figli, a 27 anni di carcere seguiti da un divieto di viaggio della durata di 27 anni, dopo che la Corte suprema della capitale Riyadh aveva rinviato la sua precedente condanna a 34 anni di carcere alla camera d’appello dell’Scc. L’Scc ha confermato i verdetti di colpevolezza pronunciati in precedenza contro di lei per accuse in materia di terrorismo, che facevano tra l’altro riferimento all’accusa di “avere appoggiato coloro che cercavano di turbare l’ordine pubblico, destabilizzare la sicurezza e la stabilità dello stato” e alla pubblicazione di tweet che “turbano l’ordine pubblico, destabilizzano la sicurezza della società e la stabilità dello stato”. Le accuse scaturivano da post che aveva pubblicato su X a sostegno dei diritti delle donne1.

A maggio, la Corte suprema ha confermato la condanna a 10 anni di carcere del medico egiziano Sabry Shalaby2. L’Scc lo aveva giudicato colpevole ad agosto 2022 al termine di un processo gravemente iniquo per avere sostenuto e aderito alla Fratellanza musulmana, catalogata in Arabia Saudita come organizzazione terroristica. È stato tenuto in isolamento per i primi sei mesi della detenzione, di cui tre mesi in incommunicado. Per tutta la durata della sua carcerazione, ha ripetutamente chiesto di vedere un neurologo a causa di complicazioni riguardanti la sua salute derivanti da un intervento chirurgico alla spina dorsale, ma le sue richieste sono state respinte. Inoltre, ha ricevuto un trattamento inadatto per i suoi problemi di asma e cataratta, derivanti da condizioni di salute sottostanti.

Il processo contro il religioso Salman Alodah è proseguito davanti all’Scc entrando nel suo quinto anno. Doveva rispondere di 37 capi d’imputazione, tra cui affiliazione alla Fratellanza musulmana e altri legati ai suoi appelli per l’introduzione di riforme da parte del governo e per un “cambiamento di regime” nella regione araba.

Difensori dei diritti umani

I difensori dei diritti umani hanno continuato a essere arbitrariamente detenuti, anche al termine della scadenza dei termini della loro carcerazione e a essere sottoposti a divieti di viaggio imposti dall’autorità giudiziaria.

Mohammed al-Qahtani, membro fondatore dell’Associazione saudita per i diritti civili e politici, è rimasto sottoposto a sparizione forzata; il termine della sua carcerazione era scaduto a novembre 20223.

La nota difensora dei diritti umani Loujain al-Hathloul, la quale era stata rilasciata a febbraio 2021 dopo avere scontato due anni e mezzo di carcere, continuava a essere soggetta a un divieto di viaggio.

 

PENA DI MORTE

I tribunali hanno emesso e confermato condanne a morte comminate per un’ampia gamma di reati, compresi casi di individui minori di 18 anni all’epoca del crimine. Le autorità hanno eseguito le sentenze per un’ampia gamma di reati durante tutto l’anno.

Il 12 marzo, Hussein Abo al-Kheir, un cittadino giordano padre di sei figli, è stato messo a morte. Era stato condannato a morte per traffico di droga in seguito a un processo gravemente iniquo. Durante la sua detenzione preprocessuale, era stato tenuto in incommunicado, gli era stata negata la rappresentanza legale ed era stato torturato per farlo “confessare”. Le autorità non hanno restituito il corpo alla famiglia una volta avvenuta l’esecuzione4.

A maggio, la Commissione saudita per i diritti umani ha confermato in una lettera indirizzata ad Amnesty International che: “L’applicazione della pena di morte per crimini ta’zir era stata completamente abolita per i minorenni”. I crimini ta’zir sono reati per i quali la legge islamica non prevede la pena di morte obbligatoria. In contrasto con tali rassicurazioni, almeno sette condannati minorenni rimanevano a imminente rischio di esecuzione, inclusi Abdullah al-Derazi e Jalal Labbad. La Corte suprema ha confermato le loro condanne a morte nel 2023 senza informare le loro famiglie o i loro avvocati5.

A luglio, l’Scc ha condannato a morte Mohammed bin Nasser al-Ghamdi, un insegnante di 54 anni in congedo, unicamente per la sua pacifica attività online su Twitter (noto ora come X) e YouTube6. Era stato giudicato colpevole ai sensi degli artt. 30, 34,43 e 44 della legge antiterrorismo saudita per reati come “avere rinunciato all’alleanza verso i guardiani dello stato”; “aver supportato un’ideologia e un’entità terroristiche [i Fratelli musulmani]”; “avere utilizzato i propri account su Twitter e YouTube per seguire e promuovere individui che cercano di destabilizzare l’ordine pubblico”; e “avere simpatizzato con individui detenuti per accuse legate al terrorismo”. Il verbale d’accusa di Mohammad al-Ghamdi citava diversi tweet che erano stati poi utilizzati per determinare la sua colpevolezza, inclusi post in cui aveva criticato il re e il principe ereditario dell’Arabia Saudita e la sua politica estera, chiesto il rilascio di religiosi in carcere e protestato contro l’aumento dei prezzi. Non era accusato di alcun crimine violento.

 

DIRITTI DELLE PERSONE MIGRANTI

Le autorità hanno proseguito il loro giro di vite contro persone accusate di avere violato la normativa vigente in materia di permesso di soggiorno, sicurezza delle frontiere e lavoro, anche attraverso arresti arbitrari ed espulsioni di cittadini stranieri effettuati unicamente sulla base del loro status di immigrazione irregolare.

Secondo il ministero dell’Interno, tra gennaio e dicembre, almeno 468.000 cittadini stranieri sono stati rimpatriati nei loro paesi d’origine su oltre 777.000 arrestati per “avere violato [le normative] in materia di lavoro, permesso di soggiorno e sicurezza delle frontiere”. Nello stesso periodo, oltre 40.000 cittadini stranieri, in prevalenza etiopi e yemeniti, sono stati arrestati per avere varcato illegalmente il confine saudita dallo Yemen.

Decine di lavoratori migranti nepalesi assunti a contratto per lavorare nei magazzini di Amazon sono stati sottoposti a gravi violazioni dei diritti umani, compreso un trattamento configurabile come traffico di esseri umani per fini di sfruttamento sul lavoro. Prima di lasciare i loro paesi d’origine, i lavoratori erano stati ingannati da agenzie saudite di selezione del personale riguardo la natura del loro datore di lavoro e i termini e le condizioni dell’impiego. Inoltre, i loro salari erano stati trattenuti da terzisti ed erano alloggiati in sistemazioni totalmente inadeguate. Alcuni hanno subìto abusi verbali o fisici o sono stati minacciati di subire tali abusi, in particolare quando si lamentavano per le condizioni di vita e di lavoro. Una volta terminato il loro impiego presso Amazon, i terzisti spesso non si preoccupavano di trovare loro un lavoro alternativo e smettevano di corrispondere il loro salario contrattuale nel momento in cui diventavano “senza lavoro”. I terzisti inoltre fornivano a questi lavoratori un’assistenza limitata o nulla e si rifiutavano di consegnare i documenti necessari per poter cambiare lavoro o lasciare il paese, limitando pertanto la loro libertà di movimento e mobilità lavorativa7.

Durante l’anno, guardie di frontiera saudite hanno ucciso migranti e richiedenti asilo etiopi che cercavano di entrare in Arabia Saudita attraverso il confine con lo Yemen. Human Rights Watch ha documentato come le guardie avessero utilizzato armi esplosive contro i migranti e aperto il fuoco contro alcuni di loro a distanza ravvicinata, anche minori, uccidendone almeno centinaia tra marzo 2022 e giugno 2023.

 

DIRITTI DI DONNE E RAGAZZE

Le donne hanno continuato a subire discriminazioni nella legge e nella prassi, anche in materia di matrimonio, divorzio, custodia dei figli ed eredità. Ai sensi della legge sullo status personale, i padri erano di default i tutori dei loro figli. Mentre la custodia era automaticamente concessa alla madre in caso di separazione, il padre era designato come tutore legale, senza tenere in considerazione il superiore interesse dei minori.

A febbraio, una corte d’appello ha ribaltato un precedente verdetto che aveva concesso alla cittadina statunitense Carly Morris la custodia di sua figlia. La sentenza si era basata sull’art. 128 della legge sullo status personale, in base al quale un custode perde la custodia se sposta la sua residenza in un altro luogo dove gli interessi del minore non sono tenuti in considerazione. Carly Morris non aveva ricevuto alcuna notifica delle sessioni di tribunale che si sono svolte in sua assenza e il suo ex marito da allora non le ha più permesso di comunicare con la figlia.

A maggio, l’istruttore di fitness saudita Manahel al-Otaibi è stato accusato di “avere diffamato il regno in patria e all’estero, invocato la ribellione contro l’ordine pubblico e le tradizioni e le usanze della società, e sfidato la magistratura e la sua giustizia”, per avere contestato le usanze e le tradizioni dell’Arabia Saudita sui social media, per esempio invocando un abbigliamento liberale per le donne, mostrando sui social media quello che le autorità definivano abbigliamento indecente e chiedendo l’abolizione delle norme sul tutoraggio maschile.

 

DIRITTO A UN AMBIENTE SALUBRE

L’Arabia Saudita, tra i principali produttori di combustibili fossili, è rimasta uno dei primi 10 emettitori di C02 pro capite del mondo.

A luglio, il Financial Times ha riportato che l’Arabia Saudita aveva bloccato l’iniziativa dei G20 di ridurre gradualmente l’utilizzo di combustibili fossili.

Nel 2023, la compagnia nazionale saudita Aramco ha prodotto una media di più di 12 milioni di barili di petrolio al giorno. Puntava a incrementare la sua produzione di circa un milione di barili al giorno entro il 2027 e ad aumentare la sua produzione di gas naturale del 50 per cento entro il 2030. Si stima che il petrolio e il gas prodotti dall’Aramco siano responsabili per oltre il 4 per cento delle emissioni di gas serra globali dal 1965 e, secondo uno studio, sarebbero responsabili di circa il 4,8 per cento di tutte le emissioni di gas serra globali nel 2018, il dato più alto mai registrato da qualsiasi azienda produttrice di idrocarburi.

 

 

Note:
1 Saudi Arabia: Further information: Release woman sentenced to 27 years for tweets: Salma al-Shehab, 3 aprile.
2 Saudi Arabia: Jailed Egyptian physician must be released: Dr. Sabri Shalaby, 21 luglio.
3 Saudi Arabia: Saudi authorities must release human rights defender Mohammed al-Qahtani and other ACPRA members who are arbitrarily detained, 24 aprile.
4 Saudi Arabia: Execution of Jordanian man reveals “callous disregard for human life”, 13 marzo.
5 Saudi Arabia: Imminent execution of seven young men would violate kingdom’s promise to abolish death penalty for juveniles, 15 giugno.
6 Saudi Arabia: Drop “ludicrous” conviction and death sentence against man convicted over social media posts, 31 agosto.
7 Saudi Arabia: “Don’t Worry, It’s a Branch of Amazon”: Exploitation of Migrant Workers Contracted to Amazon in Saudi Arabia, 10 ottobre.

 

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