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REPUBBLICA DELLO YEMEN

Nonostante siano diminuiti rispetto agli anni precedenti i livelli di violenza e gli attacchi transfrontalieri, tutte le parti coinvolte nel perdurante conflitto armato nello Yemen hanno continuato a commettere attacchi e uccisioni illegali nell’impunità. Il governo internazionalmente riconosciuto dello Yemen e le autorità de facto huthi, che controllano differenti parti del paese, hanno continuato a vessare, minacciare, arrestare arbitrariamente, sottoporre a sparizione forzata e perseguire giornalisti e attivisti per avere esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà d’espressione. Le autorità de facto huthi hanno sottoposto a sparizione forzata membri della minoranza religiosa baha’i per avere esercitato il loro diritto alla libertà di religione e culto. Tutte le parti in conflitto hanno limitato la fornitura degli aiuti umanitari. Le autorità de facto huthi hanno continuato a vietare alle donne di viaggiare senza un tutore maschio, limitando la loro capacità di lavorare o ricevere aiuti umanitari. Tutte le parti non hanno offerto alcuna forma di giustizia per le vittime di crimini di diritto internazionale e violazioni dei diritti umani.

 

CONTESTO

Sebbene il 2023 abbia visto una diminuzione dei combattimenti e degli attacchi transfrontalieri, tutte le parti in conflitto hanno sporadicamente attaccato aree civili e linee del fronte nei governatorati di Ma’rib, Hodeidah, Ta’iz, Sa’adah, Al Jawf, Shabwa e Dhale’.

A marzo, le parti in conflitto hanno concordato un piano mediato dalle Nazioni Unite per il rilascio di quasi 900 detenuti, arrestati nel contesto del conflitto. Tra il 14 e il 16 aprile, il governo dell’Arabia Saudita e il governo internazionalmente riconosciuto dello Yemen, sostenuto dalla coalizione a guida saudita, hanno rilasciato 706 detenuti, mentre le autorità de facto huthi ne hanno rilasciati 181, inclusi quattro giornalisti condannati a morte: Akram Al-Walidi, Abdelkhaleq Amran, Hareth Hamid e Tawfiq Al-Mansouri1. Tuttavia, nelle carceri rimanevano detenuti illegalmente centinaia di individui2.

Per le persone yemenite l’accesso a cibo, acqua potabile e a un ambiente salubre e a un adeguato livello di assistenza medica è rimasto fortemente limitato. Secondo l’Ocha, il deficit di finanziamento per il 2023 nel piano di risposta umanitaria per lo Yemen ha esacerbato l’insicurezza alimentare e posto a rischio la risposta umanitaria, costringendo le organizzazioni umanitarie a ridimensionare o a chiudere programmi umanitari d’importanza cruciale.

Il 31 ottobre, il portavoce militare huthi ha annunciato che dal 7 ottobre erano stati lanciati contro Israele quattro attacchi con droni e missili, sebbene nessuno di questi avesse raggiunto il territorio israeliano. Il 27 ottobre, uno dei droni si è schiantato vicino a un ospedale di Taba, in Egitto, ferendo sei persone.

Tra novembre e dicembre, le forze armate huthi hanno compiuto circa 24 attacchi contro mercantili e navi militari presenti nel mar Rosso. Il 19 novembre, gli huthi hanno sequestrato la Galaxy Leader, un cargo di proprietà britannica gestito da una società giapponese e adibito al trasporto di veicoli, e hanno arrestato 25 dei membri dell’equipaggio. Le autorità huthi hanno dichiarato di voler proseguire con i loro attacchi marittimi nel mar Rosso fino a quando la campagna militare israeliana a Gaza non sarà terminata.

 

ATTACCHI E UCCISIONI ILLEGALI

Il 13 marzo, un attacco effettuato con un drone presumibilmente lanciato dalle forze huthi ha colpito un ospedale da campo nell’area di Hajar, nell’area ovest del distretto Qa’atabah, nel governatorato di Dhale’, ferendo tre civili, tra cui due operatori sanitari.

Il 22 aprile, tre civili sono rimasti uccisi, tra cui una donna e una ragazzina di 12 anni, e altri nove componenti della stessa famiglia sono rimasti feriti, dopo che lanci d’artiglieria pesante sparati da un’area controllata dagli huthi avevano colpito alcune case nell’area di Majash al-Ala, nel distretto di Mawza, nel governatorato di Ta’iz.

Il 4 luglio, un lancio di mortaio ha ferito cinque bambini di età compresa tra otto e 12 anni, mentre pascolavano le loro capre sulla collina di al-Jibalayn, nel villaggio di al-Muharith, nel governatorato di Hodeidah.

Il 15 luglio, un colpo di mortaio ha ucciso due civili e danneggiato la loro casa nel villaggio di al-Aboos, nel governatorato di Ta’iz, nel contesto di uno scontro a fuoco tra le forze governative e huthi.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, RELIGIONE E CULTO

Le parti in conflitto hanno continuato a vessare, detenere arbitrariamente, sottoporre a sparizione forzata e persecuzione individui a causa del pacifico esercizio del loro diritto alla libertà d’espressione, religione e culto.

Autorità de facto huthi

Il 25 maggio, le forze di sicurezza huthi hanno disperso violentemente un raduno pacifico di membri della minoranza religiosa baha’i, nella capitale Sana’a. Hanno arrestato e sottoposto a sparizione forzata 17 persone, tra cui cinque donne. In seguito a pressioni internazionali, 11 sono state rilasciate3. Tuttavia, cinque uomini e una donna rimanevano detenuti presso il centro di detenzione gestito dai servizi di sicurezza e intelligence huthi di Hadda e Sana’a.

Il 24 agosto, cinque uomini armati in abiti civili hanno aggredito fisicamente il giornalista Mujalli al-Samadi nel quartiere al-Safiyah di Sana’a e lanciato minacce per costringerlo a smettere le sue critiche agli huthi. La sua denuncia dell’episodio al commissariato di polizia del distretto di al-Sab’ein a Sana’a non è stata seguita da indagini efficaci da parte delle autorità. L’emittente radiofonica per la quale Mujalli al-Samadi lavorava, Sawt al Yemen, che gli huthi avevano chiuso a gennaio 2022, è rimasta sospesa nonostante il giudizio emesso a luglio 2022 dalla corte per il giornalismo e le pubblicazioni, che aveva autorizzato l’emittente a riprendere le trasmissioni.

Le autorità de facto huthi hanno arbitrariamente detenuto il giornalista Nabil al-Sidawi dopo il 21 settembre, data in cui era previsto il suo rilascio, dopo avere scontato una condanna al carcere. I servizi di sicurezza e intelligence huthi lo avevano arrestato il 21 settembre 2015. Era stato condannato a otto anni di carcere al termine di un processo gravemente iniquo, celebrato nel 2022 dalla Corte penale specializzata (Specialized Criminal Court – Scc) di Sana’a, un tribunale tradizionalmente riservato ai casi giudiziari riguardanti reati in materia di sicurezza.

Il 26 settembre, le autorità de facto huthi hanno effettuato un’ondata di arresti rastrellando decine di manifestanti prevalentemente pacifici che si erano radunati per commemorare l’anniversario della Rivoluzione di settembre4.

Governo dello Yemen

L’11 luglio, la direzione indagini penali del governatorato di Ta’iz ha convocato il giornalista Jamil al-Samit indagato in relazione a una denuncia presentata dai vertici militari di Ta’iz, seguita alla sua pubblicazione di articoli che chiedevano la sostituzione della leadership. È stato arbitrariamente detenuto per un giorno e quindi rilasciato. Il 1° agosto, è stato convocato nuovamente e interrogato dalla polizia di Ta’iz, che lo accusava di avere danneggiato l’immagine della polizia nei suoi articoli. È stato arbitrariamente detenuto per cinque giorni e successivamente rilasciato.

Ad agosto, le forze di sicurezza della città di Ma’rib hanno seguito un operatore dell’informazione dopo che aveva terminato le riprese di un servizio giornalistico in via al-Hay’a, sequestrandogli quindi la telecamera e cancellando il filmato. Lo hanno condotto in un commissariato di polizia rilasciandolo soltanto dopo avergli fatto firmare un impegno a non effettuare altre riprese in città, senza un’autorizzazione anticipata da parte della direzione della sicurezza.

Consiglio di transizione meridionale

Il 1° marzo, le forze della Cintura di sicurezza, un’ala paramilitare del Consiglio di transizione meridionale (Southern Transitional Council – Stc), che controlla buona parte del sud dello Yemen, hanno fatto irruzione negli uffici del Sindacato dei giornalisti yemeniti nel distretto di Al Tawahi, nel governatorato di Aden, confiscato proprietà, espulso i giornalisti presenti e vietato loro di entrare nell’edificio. Le forze della Cintura di sicurezza hanno quindi sostituito l’insegna del sindacato con quella del Sindacato meridionale dei giornalisti e operatori dell’informazione, sostenuto dall’Stc. Il 28 marzo, il Sindacato dei giornalisti yemeniti ha sporto denuncia presso il procuratore di Aden affinché fosse aperta un’indagine sull’episodio ma che non è stata seguita da alcuna azione da parte dell’autorità giudiziaria.

Le autorità de facto dell’Stc hanno continuato a detenere il giornalista Ahmad Maher il quale era stato arbitrariamente arrestato dalle forze della Cintura di sicurezza il 6 agosto nel distretto di Dar Sa’ad, nel governatorato di Aden. A settembre 2022, la procura penale lo aveva incriminato per pubblicazione di notizie false e fuorvianti. Da marzo 2023, la corte penale specializzata di Aden ha ripetutamente aggiornato le udienze del suo processo.

 

DINIEGO DELL’ACCESSO UMANITARIO

Le parti in conflitto hanno continuato a limitare il movimento e la consegna degli aiuti, anche attraverso complicazioni burocratiche come autorizzazioni ritardate, negazioni o ritardi nel rilascio dei permessi di viaggio, cancellazione di iniziative umanitarie e interferenze nella fase progettuale e nell’implementazione e valutazione delle attività umanitarie.

A maggio, le autorità de facto huthi hanno diramato una circolare che stabiliva l’obbligo per le organizzazioni umanitarie di informarle ogni mese riguardo ai loro progetti e attività di informazione, promozione e sensibilizzazione e di presentare una richiesta di autorizzazione per la loro implementazione. La circolare inoltre richiedeva alle organizzazioni umanitarie di presentare i loro comunicati stampa mensili affinché fossero esaminati e approvati dal Consiglio supremo e di farsi accompagnare durante le loro operazioni sul campo da un apposito rappresentante per i media nominato dagli huthi.

Le operatrici umanitarie yemenite avevano ancora difficoltà a svolgere le loro attività sul campo nelle aree controllate dagli huthi, a causa della regola del mahram (tutore maschile), che limitava le loro visite sul campo e la consegna degli aiuti.

Il 21 luglio, ad Al Turbah, una città del governatorato di Ta’iz, uomini armati non identificati hanno sparato a un membro dello staff del World Food Programme, Muayad Hameidi, uccidendolo.

L’11 agosto, cinque dipendenti delle Nazioni Unite, che erano stati rapiti a febbraio 2022 nel governatorato di Abyan, sono stati liberati.

Il 25 ottobre, il direttore del programma di sicurezza di Save the Children, Hisham Al-Hakimi, è deceduto mentre era arbitrariamente detenuto dagli huthi a Sana’a. Era stato arrestato il 9 settembre mentre era fuori servizio ed era stato trattenuto in incommunicado. In seguito alla sua morte, Save the Children ha sospeso le sue operazioni nel nord dello Yemen per 10 giorni.

 

DIRITTI DI DONNE E RAGAZZE

Le autorità de facto huthi hanno continuato a imporre la loro regola del mahram che impedisce alle donne di viaggiare all’interno dei governatorati controllati dagli huthi o verso altre aree dello Yemen, senza un tutore maschile o senza una prova della sua approvazione scritta. Le restrizioni hanno reso ancora più complicato per le donne yemenite lavorare e condizionato notevolmente l’accesso agli aiuti umanitari per le donne e le ragazze yemenite.

Le autorità de facto huthi hanno continuato a detenere la difensora dei diritti umani Fatma al-Arwali, negandole il diritto a un processo equo. Il 31 luglio, è stata incriminata per spionaggio, un reato che comporta la pena capitale, e il suo fascicolo è stato trasferito alla corte penale specializzata5, che il 5 dicembre l’ha condannata a morte.

 

DIRITTO A VERITÀ, GIUSTIZIA E RIPARAZIONE

Le parti in conflitto non hanno offerto alcuna forma di giustizia per le vittime di crimini di diritto internazionale e altre violazioni dei diritti umani, avvenute durante il perdurante conflitto armato, né alcun rimedio per i danni inflitti alla popolazione civile.

Il 26 luglio, oltre 40 organizzazioni civili yemenite e associazioni delle vittime e delle persone sopravvissute hanno varato la Dichiarazione yemenita per la giustizia e la riconciliazione. La Dichiarazione sottolinea la necessità di un processo di giustizia post conflitto che riesca ad affrontare attivamente e adeguatamente le rivendicazioni del popolo yemenita. Il documento inoltre elenca i princìpi che devono guidare il processo di giustizia post conflitto e che comprendono un approccio incentrato sulle vittime, inclusività, uguaglianza di genere, verità e commemorazione, forme di risarcimento e riparazione, accertamento delle responsabilità, riconciliazione e risposte incentrate sui diritti umani.

 

DIRITTO A UN AMBIENTE SALUBRE

Le condizioni atmosferiche estreme che hanno interessato l’intero territorio dello Yemen, come piogge torrenziali e alluvioni, hanno accentuato lo sfollamento interno nelle aree comprendenti i governatorati di Ma’rib, Ta’iz e Ibb, e accresciuto l’insicurezza alimentare e dei mezzi di sussistenza della popolazione. Secondo i dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Food and Agriculture Organization – Fao), le alluvioni di aprile hanno causato almeno 31 morti, 37 feriti e tre dispersi. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, tra gennaio e agosto, lo sfollamento indotto dal cambiamento climatico ha riguardato 109.830 individui. Il Notre Dame Global Adaptation Initiative Index ha classificato lo Yemen tra i paesi più vulnerabili al cambiamento climatico e uno dei meno preparati ad affrontarne le conseguenze.

La cattiva gestione delle infrastrutture petrolifere nel governatorato di Shabwa ha continuato a determinare l’inquinamento del distretto di al-Rawda. Ad agosto, l’ulteriore danneggiamento della struttura dell’oleodotto ha inquinato vaste aree di terreno agricolo e le falde idriche dell’area del governatorato di Ghourayr.

L’11 agosto, le Nazioni Unite hanno completato le operazioni di trasferimento in una nave cisterna del petrolio della Fso Safer, una petroliera fatiscente ormeggiata al largo della città portuale yemenita di Hodeidah, sul mar Rosso. Il trasferimento ha impedito una massiccia fuoriuscita di greggio che avrebbe prodotto una catastrofe ambientale e umanitaria.

 

 

Note
1 Yemen: Further information: Four journalists on death row released, 17 aprile.
2 Yemen: Parties to the conflict should immediately release all those arbitrarily detained and reveal the fate of those forcibly disappeared since the beginning of the armed conflict in Yemen in 2014, 17 aprile.
3 Yemen: Further information: 11 Baha’is forcibly disappeared at great risk, 8 agosto.
4 Yemen: Wave of arrests by Huthi de facto authorities following demonstrations, 29 settembre.
5 Yemen: End unfair trial against woman human rights defender Fatma al-Arwali, 25 settembre.

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