Rapporto su Myanmar: “Le offensive militari nell’est costituiscono punizioni collettive”

1 Giugno 2022

Photo by STR/AFP via Getty Images

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Negli ultimi mesi, le forze armate di Myanmar hanno commesso sistematiche atrocità negli stati orientali di Kayin e Kayah, tra cui uccisioni illegali, arresti arbitrari e trasferimenti forzati di civili.

Secondo un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International, l’esercito di Myanmar ha sottoposto le popolazioni karen e karenni a punizioni collettive attraverso bombardamenti aerei e terrestri, arresti arbitrari spesso seguiti da torture o da esecuzioni extragiudiziali e sistematici saccheggi e distruzioni di villaggi.

La violenza negli stati di Kayin e Kayah è nuovamente esplosa dopo il colpo di stato del 1° febbraio 2021 e ha conosciuto un picco drammatico tra dicembre 2021 e marzo 2022 quando centinaia di civili sono stati uccisi e almeno 150.000 hanno dovuto lasciare le loro case.

Da decenni, gruppi armati su base etnica lottano per ottenere maggiori diritti e l’autonomia. I fragili cessate-il-fuoco in vigore dal 2012 negli stati di Kayin e Kayah sono falliti col colpo di stato militare e sul terreno sono emerse nuove formazioni armate. Nelle sue operazioni, i militari hanno inesorabilmente attaccato i civili.

Alcuni degli attacchi portati a termine dall’esercito di Myanmar hanno preso di mira direttamente le popolazioni, ritenute in blocco sostenitrici dei gruppi armati o comunque contrarie al colpo di stato. Si è trattato dunque di crimini di guerra.

Attacchi sistematici e massicci nei confronti di una popolazione civile quali uccisioni, torture, trasferimenti forzati e persecuzioni per motivi etnici sono anche considerati crimini contro l’umanità.

Nel suo rapporto, Amnesty International ha documentato 24 attacchi con artiglieria o mortai tra dicembre 2021 e marzo 2022 in cui sono stati uccisi o feriti civili e sono stati distrutti monasteri,  abitazioni, scuole, strutture sanitarie e chiese. Otto attacchi aerei hanno colpito campi profughi nell’est di Myanmar.

In uno dei pochissimi casi che hanno provocato condanne a livello internazionale, il 24 dicembre 2021 i soldati stazionati nei pressi del villaggio di Mo So, nello stato di Kayah, hanno fermato una carovana di mezzi privati con a bordo 35 donne, uomini e bambini uccidendoli uno per uno.

Attraverso le analisi satellitari e i dati relativi agli incendi, Amnesty International ha verificato che tra febbraio e marzo 2022 molti villaggi sono stati dati alle fiamme da parte dell’esercito.

Le persone sfollate, oltre 150.000, un numero che da solo equivale a una proporzione tra un terzo e la metà della popolazione dello stato di Kayah, sopravvivono in condizioni terrificanti, tra malnutrizione e malattie, anche perché le forze armate di Myanmar ostacolano l’arrivo degli aiuti umanitari.