Repubblica del Congo: le autorità non garantiscono il rispetto dei diritti da parte delle industrie

4 Giugno 2024

Amnesty International

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Le autorità congolesi e tre compagnie industriali non hanno rispettato le norme internazionali e nazionali relative al diritto a un ambiente sano e ad altri diritti umani. È quanto emerso in un nuovo rapporto che analizza il potenziale impatto delle fuoriuscite di petrolio e delle emissioni di fumo sulla salute e sulla situazione socioeconomica delle comunità locali.

Il rapporto,All’ombra delle industrie nella Repubblica del Congo”, fa luce su diversi casi di fuoriuscite di petrolio sul suolo e sulle sorgenti d’acqua, e sulle emissioni di fumo da forni di alluminio e piombo legati alle attività di due compagnie petrolifere e di una società di riciclaggio nelle aree di Pointe-Noire e Kouilou. Il rapporto evidenzia anche la mancanza di accesso alla salute e all’acqua potabile per le persone che vivono intorno alle concessioni petrolifere nella zona costiera.

“Sebbene la legislazione congolese in materia ambientale sia considerata abbastanza avanzata, i casi da noi documentati, in particolare le attività di un impianto di riciclaggio di metalli non ferrosi e di plastica e la gestione delle fuoriuscite di petrolio, dimostrano che le autorità non rispettano i loro obblighi di protezione dei diritti umani delle persone che vivono nei pressi delle attività industriali”, ha dichiarato Samira Daoud, direttrice di Amnesty International per l’Africa occidentale e centrale.

Il rapporto evidenzia una significativa mancanza di trasparenza nelle valutazioni di impatto ambientale e nei controlli, che non vengono resi pubblici. Questa opacità impedisce alle Ong e alla società civile di svolgere efficacemente il loro ruolo di monitoraggio. Le autorità e le imprese limitano inoltre la diffusione di informazioni su incidenti ambientali e su come sono stati gestiti.

I residenti lamentano problemi di salute a seguito di fuoriuscite di petrolio

Nel villaggio di Djeno, nella zona di Pointe-Noire, dove opera la TotalEnergies EP Congo, sussidiaria della società francese TotalEnergies, ci sono stati almeno tre incidenti dal 1972, l’ultimo dei quali nel 2011, che hanno provocato fuoriuscite di greggio nella laguna di Loubi. La compagnia ha reso note le misure adottate per ripulire la laguna e condividerle con i residenti, ma molti continuano a denunciare l’inquinamento e la mancanza di informazioni.

Un venditore di pesce locale ha dichiarato ad Amnesty International: “Non solo il numero dei pesci è diminuito, ma i clienti hanno iniziato a lamentarsi della diarrea e del sapore del pesce”. In effetti, i residenti hanno riferito di aver sofferto di problemi di salute, in particolare di diarrea, dopo aver mangiato il pesce della laguna.

L’azienda sostiene che le analisi delle acque effettuate nel 2021 non hanno rivelato alcuna anomalia e che esegue regolarmente test per monitorare la qualità delle acque sotterranee. Tuttavia, i risultati di questi test non vengono resi pubblici. Nonostante le richieste dei residenti, le autorità non hanno mai indagato sui potenziali danni delle fuoriuscite di petrolio rispetto ai diritti ambientali, economici e sociali dei residenti, compreso il diritto alla salute.

A Banga Kayo, a 30 km da Pointe-Noire, i residenti accusano la compagnia cinese di petrolio e gas Wing Wah di aver inquinato il fiume Loémé e sottolineano la mancanza di trasparenza sulle misure di riparazione e di monitoraggio a seguito di incidenti: l’ultimo, nel dicembre 2022, è stata la perdita dell’oleodotto che collega Banga Kayo al terminale petrolifero di Djeno. Le attività della Wing Wah sono state più volte sospese dal ministero dell’Ambiente ma poi sono ripartite senza alcuna comunicazione pubblica sulle potenziali misure di riparazione e mitigazione adottate dall’azienda.

Le analisi del sangue mostrano una possibile contaminazione da piombo

A Vindoulou, alla periferia di Pointe Noire, un collettivo di residenti si lamenta da anni del fumo che esce dalla fabbrica Metssa Congo, un impianto di riciclaggio situato a 50 metri da una scuola. Questa filiale del gruppo indiano Metssa produce in particolare barre di piombo per l’esportazione. Nel marzo 2023 sono stati prelevati campioni di sangue da 18 persone che vivevano nei pressi della fabbrica e sono stati fatti analizzare da un laboratorio indipendente con il sostegno di Amnesty International. Tutti presentavano livelli di piombo ben al di sopra del livello ritenuto sicuro dall’Organizzazione mondiale della salute.

“I bambini vomitano regolarmente e tossiscono molto, soprattutto quando c’è tanto fumo”, ha raccontato una donna del posto ad Amnesty International. Molti altri residenti hanno riferito di aver accusato sintomi simili. Metssa Congo sostiene di aver preso le misure necessarie per trattare i fumi emessi.

Prima dell’installazione della fabbrica nel 2013, Metssa Congo non ha effettuato una valutazione dell’impatto ambientale, in violazione della legge congolese. Nonostante ciò, le autorità hanno permesso a Metssa di iniziare a operare. L’azienda sostiene di aver ottenuto una licenza per il sito nel 2018 e di aver ottenuto un certificato di conformità ambientale lo scorso anno – ossia, dieci anni dopo l’apertura.

“L’impatto della fabbrica Metssa Congo sui diritti umani deve essere indagato senza indugio. A ciò deve seguire un’azione immediata per rimediare a qualsiasi danno individuato; ciò può significare anche il trasferimento della fabbrica”, ha sottolineato Daoud.

Il rapporto mostra anche come le autorità non abbiano protetto il diritto alla salute e il diritto all’acqua dei residenti di Bondi, Tchicanou e Kouakouala, tre villaggi situati vicino a un sito di estrazione del petrolio. Anche se questi villaggi hanno beneficiato del programma statale “Acqua per tutti”, le loro strutture idriche non erano più funzionanti al momento della visita di Amnesty International e il centro sanitario, che avrebbe dovuto coprire le esigenze di circa 7.000 residenti, aveva risorse molto insufficienti.

È necessaria l’azione di tutte le parti interessate, compresi i partner internazionali

Poiché la Repubblica del Congo intende diversificare le proprie attività industriali, Amnesty International chiede alle autorità congolesi di garantire che le imprese agiscano in modo responsabile e rispettino i propri obblighi in materia di ambiente e diritti umani. I partner internazionali dovrebbero assicurarsi che le aziende del loro paese e le loro filiali rispettino i Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani.

Amnesty International chiede inoltre alle autorità congolesi di utilizzare tutte le risorse disponibili per proteggere il diritto alla salute e il diritto all’acqua in conformità con i loro obblighi internazionali in materia di diritti umani.

Amnesty International ha condiviso i risultati preliminari di questo rapporto con le aziende e le autorità competenti per un “diritto di replica” a gennaio, febbraio e marzo 2024. Al momento della stesura del presente rapporto, non sono state ricevute risposte dalle autorità e da Wing Wah. Le risposte delle altre aziende sono riportate nel rapporto.