Rights Today: presentazione

10 Dicembre 2018

Tempo di lettura stimato: 5'

di Antonio Marchesi, Presidente di Amnesty International Italia

Questo volume è diverso dal Rapporto annuale con cui da anni giornalisti, ricercatori, rappresentanti delle istituzioni, avvocati e attivisti hanno familiarizzato.

Lo scopo (il tempo ci dirà se sarà raggiunto e se questo nuovo formato potrà diventare uno standard) è di fornire una visione d’insieme sullo stato di salute del mondo dal punto di vista dei diritti umani alla fine dell’anno di riferimento. Da un lato, è approfondita la situazione solo in alcuni paesi: non necessariamente quelli in cui essa appare più grave ai nostri ricercatori e analisti ma quelli che sono in qualche modo più rappresentativi delle tendenze in atto. Dall’altro, per l’appunto, sono messi in evidenza alcuni dei temi che rendono il nostro pianeta, proprio nell’anno del 70° anniversario dell’adozione, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani, un luogo in cui molti dei diritti riconosciuti in quel testo straordinario sono, per la maggior parte degli abitanti di questo pianeta, una chimera, un’utopia, un obiettivo ancora da raggiungere.

Tra queste problematiche trasversali c’è la crisi devastante di migranti e rifugiati, prodotta in larga parte dall’incapacità dei leader della comunità internazionale di risolverne le cause (conflitti vecchi e nuovi alimentati anche da un’irresponsabile e illegale commercio di armi) o da fenomeni sottovalutati e sui quali non vi è consenso sulle soluzioni (come i cambiamenti climatici) e che viene affrontata ovunque, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, con politiche drastiche di chiusura e con una sempre più marcata criminalizzazione dell’accoglienza.

Accogliere significa difendere i diritti umani. Ma tra i difensori dei diritti umani, sempre più nel mirino di decine di governi, vi sono anche i giornalisti, gli avvocati, gli ambientalisti, coloro che si occupano di minoranze. La loro “colpa” è quella di denunciare violazioni e corruzione, offrire tutela legale ai prigionieri di coscienza, proteggere le terre dall’ingordigia del cosiddetto “sviluppo”.

I difensori dei diritti umani dovrebbero essere il fiore all’occhiello, le “eccellenze”, come oggi si usa dire, di un paese. Invece, non manca giorno nel quale, in qualche parte del mondo, non vengano definiti “terroristi”, “nemici dello stato” o (prendendo in prestito una definizione in voga sui social media) “esponenti di filiere immigrazioniste” al soldo di qualche potere forte.

Questo volume si sofferma poi a lungo sulla recrudescenza della violenza contro le donne. Non è naturalmente un fenomeno nuovo: la prima campagna globale di Amnesty International sul tema risale ormai a 14 anni fa e denunciava come allo stupro come arma di guerra nei conflitti si affiancassero sempre di più le “dichiarazioni di guerra dentro casa”, di uomini contro donne. Di nuovo, c’è l’insorgenza della misoginia nelle campagne elettorali e nei discorsi politici, il tronfio ritorno del “machismo”, la retorica del maschio che sa usare il pugno duro. Di nuovo ci sono sempre più spesso, nei casi di violenza contro le donne che ci riporta la cronaca, quella solidarietà e quell’indignazione selettive (frutto esse stesse di cronache selettive), basate sulla nazionalità della vittima e su quella dell’aggressore. Allo stesso tempo (è giusto che siano ricordati e valorizzati gli elementi positivi in una situazione altrimenti catastrofica) anche nel 2018, come nel 2017, abbiamo visto milioni di donne scendere in piazza e ancora una volta (nel XXI secolo!) rivendicare diritti e uguaglianza, perché cosa fare, chi amare, se avere figli, come “essere famiglia”, come vestire e molto altro ancora è una decisione che spetta solo a loro.

Concludo, formulando l’auspicio che anche e ancor più nel nuovo formato la nostra pubblicazione annuale possa continuare a essere un punto di riferimento, una fonte di informazioni imparziale e autorevole, uno strumento di lavoro. Così come uno strumento a disposizione di chiunque abbia a cuore i diritti umani, che sono i diritti di tutti o non lo sono di nessuno, continuerà a essere Amnesty International.

L’invito che mi sento di rivolgere a tutti, a più di 40 anni dal giorno in cui ho fatto la scelta, di cui non mi sono mai pentito, di bussare alla porta della nostra prima sede italiana, è di fare la stessa cosa. Oggi come allora, purtroppo, ce n’è urgente bisogno.

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