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Il 1° maggio un tribunale olandese emetterà il verdetto nel processo in cui il gigante petrolifero Shell è accusato di aver istigato una serie di orribili violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità nigeriane contro il popolo ogoni.
La vicenda dell’operato di Shell in Nigeria affonda le proprie origini negli anni Novanta, ma ora sembra arrivata a una svolta: il 12 febbraio si è tenuta la prima udienza presso il tribunale distrettuale dell’Aja di un processo storico nei confronti della compagnia petrolifera accusata di aver istigato una serie di terribili violazioni dei diritti umani commesse dal governo militare nigeriano contro la popolazione ogoni.
Nel 2017 in particolar modo l’attivista Esther Kiobel, ma anche Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Levulahanno portato in giudizio Shell di fronte al tribunale olandese per il ruolo svolto nell’arresto illegale, nell’imprigionamento e nell’impiccagione dei loro rispettivi mariti, al termine della brutale repressione nei confronti delle proteste degli ogoni contro il devastante inquinamento causato da Shell nella loro regione.
“Speriamo che questa sentenza segni un importante passo verso la giustizia per i ‘nove ogoni'”, ha dichiarato Mark Dummett, direttore del programma Affari economici e diritti umani di Amnesty International.
“Le vedove ricorrenti ritengono che i loro mariti oggi sarebbero ancora vivi se Shell non avesse cercato a tutti i costi il profitto incoraggiando la sanguinosa repressione del governo nigeriano contro i manifestanti, pur sapendo i costi umani che essa avrebbe causato”, ha aggiunto Dummett.
Esther Kiobel e Victoria Bera saranno presenti, insieme a nostri rappresentanti, al Tribunale distrettuale dell’Aia.
Stiamo infatti sostenendo le ricorrenti e il loro team di avvocati, abbiamo documentato in modo indipendente il ruolo di Shell nelle uccisioni, negli stupri e nelle torture di cui si rese responsabile il governo nigeriano durante la repressione delle proteste.
Portare in giudizio una potente multinazionale per i danni causati all’estero è stato un procedimento estremamente lungo. Già nel 2002 Esther Kiobel aveva denunciato Shell a un tribunale di New York per sentirsi rispondere dalla Corte suprema, 11 anni dopo, che gli Usa non avevano giurisdizione sul caso: in altre parole, un tribunale statunitense non avrebbe mai potuto esaminare il merito delle accuse contro Shell.
“Nonostante le numerose prove a suo carico, Shell è riuscita per anni a evitare la giustizia. La sentenza in arrivo potrebbe significare davvero molto per chi nel mondo è stato danneggiato dall’avidità e dall’irresponsabilità delle compagnie globali e lotta per chiamarle a rispondere del loro operato in tribunale”, ha commentato Dummett.
Abbiamo documentato in modo indipendente il ruolo di Shell nelle uccisioni, negli stupri e nelle torture di cui si rese responsabile il governo nigeriano nel tentativo di reprimere le proteste degli ogoni.
Barinem Kiobel, Baribor Bera, Nordu Eawo e Paul Levula vennero impiccati nel 1995 al termine di un processo sommario. Le loro vedove chiedono ora un risarcimento e scuse pubbliche da parte di Shell. Altri cinque attivisti ogoni, tra cui il loro leader Ken Saro-Wiwa, furono a loro volta impiccati in quella che è passata alla storia come la “vicenda dei nove ogoni”.
Sono oltre 20 anni che Esther Kiobel si batte coraggiosamente contro la Shell, il gigante del petrolio, per ottenere giustizia per l’uccisione del marito, Barinem Kiobel.
Barinem ha speso la vita per difendere i diritti della propria terra, l’Ogoniland, in Nigeria, devastata dalle perforazione petrolifere e saccheggiata delle sue risorse. Devastazione in cui la Shell ha più volte mostrato di essere complice.
La morte dell’uomo – avvenuta per opera della giunta militare nigeriana – ha rappresentato il culmine di una brutale campagna per ridurre al silenzio le proteste del Movimento (Mosop) per la sopravvivenza del popolo ogoni.
Barinem Kiobel è morto il 10 novembre 1995 insieme ad altri otto uomini in quello che è passato alla storia come il caso dei “nove Ogoni”. Le esecuzioni provocarono uno sconcerto mondiale.