Silvia Romano e l’odio online che toglie voce alle donne

13 Maggio 2020

Tempo di lettura stimato: 5'

Non ha rimosso il suo profilo Facebook, ma il suo account è impostato ora su un più elevato livello di privacy affinché non sia rintracciata tanto facilmente. Su Silvia Romano, dal suo rientro in Italia, sono stati riversati fiumi di rabbia e intolleranza.

Ancora una volta, l’odio online fomentato da personaggi di pubblico rilievo contro una donna, priva il suo bersaglio di un po’ di spazio vitale, riducendo i confini entro i quali può sentirsi sicura, protetta.

Una riduzione di libertà che parte dalla rete, certo, ma si allarga presto: sotto l’abitazione in cui Silvia si trova da lunedì, a Milano, sono frequenti i passaggi di pattuglie delle forze dell’ordine per accertare che le parole d’odio scagliate online contro di lei non si trasformino in azioni.

Silvia Romano rappresenta, per chi la mette alla gogna, il bersaglio ideale. Concentra in sé, infatti, diverse caratteristiche predilette dagli hater: è donna, associata al mondo della solidarietà e delle organizzazioni non governative, è musulmana. Perché accendano la scintilla che dà origine all’incendio, ai suoi detrattori basta poco, pochissimo.

Lo abbiamo rilevato con l’ultima edizione del Barometro dell’odio, “Sessismo da tastiera”: da parte degli utenti vi è una maggiore propensione ad attaccare le donne rispetto agli uomini e, tra i commenti che le prendono di mira in modo personale ed esplicito, l’incidenza dei casi di incitamento all’odio, il cosiddetto hate speech, è superiore di 1.5 volte.

Una manifestazione di sessismo in rete indiretta, alla quale ne corrisponde una ancora più palese: tra gli attacchi personali alle donne, 1 su 3 fa riferimento a quegli stereotipi e a quelle false rappresentazioni sulle quali il sessismo si fonda.

Sono quelli che fanno riferimento alla sfera dell’aspetto esteriore (il caso recente delle gravi offese online alla giornalista Giovanna Botteri ne è un esempio tipico – la donna è troppo appariscente e curata o lo è troppo poco ecc.) o a quella della sessualità (la donna è troppo “facile” o è una “suora” ecc.), alla sfera della vita professionale o privata (la donna è troppo dedita al lavoro o si pronuncia su aspetti che non la riguardano, farebbe bene a occuparsi del suo aspetto o delle questioni domestiche; la donna è “frustrata”, “isterica” perché troppo dedita alla vita domestica ecc.). Per l’hater è inappropriata, sempre e comunque.

Ma c’è di più, i commenti offensivi, discriminatori o l’hate speech di matrice sessista, sono indirizzati in primo luogo, come è ovvio, alle donne, seguite da altre due categorie sociali: musulmani e rifugiati e migranti. Silvia agli occhi di chi la attacca rappresenta tutte e tre queste categorie: è donna, è musulmana (peggio, si è convertita, quindi ha “tradito”) ed è associata a un’organizzazione non governativa operativa in Kenya, elemento che riconduce, nell’immaginario di molti, alla questione migranti e rifugiati.

A dircelo i numeri raccolti con “Sessismo da tastiera”, ma anche i picchi di intolleranza osservati nel corso dello stesso monitoraggio. A essere esposte al pubblico ludibrio giovani donne che fanno valere la propria opinione sui diritti attraverso parole o azioni, legate al tema immigrazione e/o a una minoranza religiosa per via dell’attività svolta o per il proprio background.

Un odio che, quando il contesto non offre le risorse per rispondere altrimenti, riesce a “zittire”, limita la libertà. Che contribuisce a rafforzare i gradini di una piramide che, partendo da una base di stereotipi e passando per discriminazioni e hate speech, conduce ai veri e propri crimini motivati dall’odio.

I messaggi di solidarietà per Silvia Romano

Mentre si scatenava l’odio in rete, la nostra comunità ha raccontato l’altro volto del web: quasi 8mila messaggi di solidarietà per festeggiare il rientro in Italia di Silvia Romano.

Barometro dell'odio: "Sessismo da tastiera"

Dal 2018 misuriamo il livello di intolleranza e discriminazione nel dibattito online con il Barometro dell’odiomonitoraggio dei social media realizzato con il contributo degli attivisti.

Con “Sessismo da tastiera” ci siamo soffermati sull’odio di genere.

Abbiamo scoperto che quando il tema del commento è “donne e diritti di genere” l’incidenza dei messaggi offensivi, discriminatori o hate speech è di quasi 1 su 3.

Gli attacchi personali diretti alle influencer che abbiamo osservato superano di un terzo quelli ricevuti dagli uomini. Tra gli attacchi personali il tasso di hate speech rivolto alle donne supera di 1,5 volte quello dei discorsi d’odio che hanno per bersaglio gli uomini. Infine, degli attacchi personali diretti alle donne 1 su 3 è esplicitamente sessista.