AI @Laura Rangel
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Le autorità venezuelane compiono sparizioni forzate nel contesto di un attacco massiccio e sistematico contro la popolazione civile, in particolare contro coloro che considerano dissidenti, che costituisce un crimine contro l’umanità.
Dei 15 casi di sparizione forzata documentati da Amnesty International dalle elezioni presidenziali del luglio 2024, 11 restano tali e riguardano, oltre che venezuelani, anche cittadini di Colombia, Francia, Spagna, Stati Uniti d’America, Ucraina e Uruguay.
La Corte penale internazionale e i tribunali nazionali che esercitano la giurisdizione universale dovrebbero indagare e, nel caso in cui emergano prove sufficienti, processare i presunti responsabili, comprese le più alte autorità venezuelane.
In un rapporto intitolato “Arrestati senza lasciare tracce: il crimine di sparizione forzata in Venezuela”, Amnesty International ha denunciato che le autorità venezuelane hanno compiuto e continuano a far sparire persone, nel contesto della repressione delle persone dissidenti o che considerano tali.
Il rapporto prende in esame 15 casi di sparizione forzata avvenuti tra le elezioni presidenziali del 28 luglio 2024 e il 15 giugno 2025.
Sulla base di questo nuovo rapporto e delle ricerche condotte negli ultimi dieci anni, Amnesty International è giunta alla conclusione che queste gravi violazioni dei diritti umani e altri crimini di diritto internazionale sono commessi nell’ambito di un attacco massiccio e sistematico contro la popolazione civile del Venezuela.
“Ancora una volta, le autorità venezuelane stanno dimostrando che la loro crudeltà non conosce limiti. Una sparizione forzata significa non sapere dove sia un tuo familiare, in quali condizioni si trovi o persino se sia ancora vivo o morto. È un crimine che mette in grave pericolo la vita e l’integrità della persona scomparsa e sottopone i suoi familiari a una sofferenza continua, segnata dall’incertezza, dall’angoscia e dal tormento quotidiano di poter solo immaginare come e dove si trovi una persona cara”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
“La comunità Internazionale non può considerare normale o ignorare la crisi dei diritti umani in atto in Venezuela. La dimensione e la gravità dei crimini commessi, soprattutto per quanto riguarda le sparizioni forzate, devono agitare la coscienza del mondo e stimolare la giustizia internazionale ad agire: il crimine di sparizione forzata prevede non solo la responsabilità dello stato ma anche quella dei singoli suoi funzionari che lo commettono”, ha aggiunto Callamard.
La ricerca di Amnesty International si basa sui tre elementi cumulativi coi quali il diritto internazionale qualifica la sparizione forzata: l’arresto di una persona, il coinvolgimento in esso di agenti dello stato o di persone che agiscono con l’autorizzazione, il sostegno o l’acquiescenza dello stato e il diniego ufficiale dell’arresto o l’occultamento della condizione o del luogo di detenzione della persona arrestata.
Il periodo cui fa riferimento il rapporto inizia dalle elezioni presidenziali del 28 aprile 2024 e comprende la fase repressiva seguita al contestato annuncio dei risultati da parte del governo di Nicolas Maduro. Le strategie governative per sopprimere l’espressione in favore di un cambiamento politico hanno seguito un modello noto e ricorrente, anche se su scala senza precedenti: 25 persone uccise, almeno 2200 arrestate e private arbitrariamente della libertà personale, forse centinaia di esse sottoposte a sparizione forzata.
Nei 15 casi di sparizione forzata esaminati, Amnesty International chiama in causa la Direzione generale dei servizi militari di controspionaggio (Dgcim), il Servizio nazionale bolivariano d’intelligence (Sebin) e la Guardia nazionale bolivariana come le principali agenzie statali responsabili di tali crimini.
Resta tuttora ignota la sorte di 11 delle 15 persone sottoposte a sparizione forzata: Andrés Martínez, Damián Rojas, Danner Barajas, Dennis Lepaje, Eudi Andrade, Fabián Buglione, Jorgen Guanares, Jose María Basoa, Lucas Hunter, Rory Branker e Yevhenii Petrovish Trush.
Per quanto riguarda le altre quattro, Alfredo Díaz è stato sottoposto a sparizione forzata per quattro giorni, Eduardo Torres per otto giorni, Rosa Chirinos e Raymar Pérez per quattro mesi.
Alla chiusura del rapporto di Amnesty International, secondo l’organizzazione Foro penale restavano scomparse almeno 46 persone.
Nella maggior parte dei casi analizzati da Amnesty International, gli arresti sono parsi arbitrari in quanto privi di alcuna base legale. In praticamente tutti i casi, le motivazioni dell’arresto sono state politiche: le persone in questione sono state arrestate per aver partecipato a manifestazioni, per aver accompagnato soggetti di alto rilievo politico o per essere esponenti di partiti politici dell’opposizione, attivisti, giornalisti indipendenti o persone che difendono i diritti umani.
Si ritiene, ad esempio, che l’arresto di Rory Branker, avvenuto il 20 febbraio 2025 ad opera del Sebin, sia stato eseguito per punirlo in quanto direttore di “La Patilla”, organo d’informazione critico nei confronti del governo.
In generale, le autorità negano informazioni sulle persone arrestate e, nei casi in cui confermino l’arresto, non danno notizie sulla loro condizione e sul luogo di detenzione. Le famiglie si recano in continuazione alle sedi delle agenzie governative, agli uffici della procura e della magistratura e si rivolgono a vari centri di detenzione per cercare di rintracciare i loro cari, ma senza ricevere risposte. Il quartier generale della Dgcim, quello del Sebin noto come l’Elicoide e la prigione Rodeo, luoghi situati nella capitale Caracas o nei suoi dintorni, sono i centri più usati per trattenere le persone sottoposte a sparizione forzata.
La coniuge e collega di Eduardo Torres, avvocato dell’organizzazione per i diritti umani Provea, arrestato il 9 maggio 2025 e la cui sorte è rimasta sconosciuta per quattro giorni si è rivolta invano all’ufficio della procura e a quello del difensore civico e ha fatto il giro di più centri di detenzione, compreso l’Elicoide. Dopo una conferenza stampa in cui Provea aveva denunciato la sparizione forzata di Eduardo Torres, il procuratore generale ha ammesso il suo arresto senza rendere noto dove si trovasse. Solo il 17 maggio il Sebin ha confermato che si trovava sotto la sua custodia.
Le 15 persone i cui casi sono stati esaminati da Amnesty International non sono solo state sistematicamente private del diritto a un giusto processo. Determinate procedure del sistema giudiziario sono state usate per dare una parvenza di legalità a procedure fondamentalmente arbitrarie e illegali e per facilitare le sparizioni forzate: lo svolgimento di udienze segrete, l’imposizione di avvocati d’ufficio che non hanno potuto o voluto operare in modo indipendente, la celebrazione di processi di fronte a tribunali privi d’indipendenza, come le cosiddette corti antiterrorismo, l’annullamento di fatto dell’habeas corpus e la strumentalizzazione dell’ufficio della procura generale come organo di persecuzione politica con la scusa del contrasto al “terrorismo”. Ma soprattutto, in molti casi, le autorità hanno reso nota l’identità delle vittime e le hanno stigmatizzate. Inoltre, sono emerse prove che alcune delle persone scomparse possano essere state sottoposte a maltrattamenti o torture per ottenere o fabbricare “confessioni” o costringerle a fornire “testimonianze” contro altre persone.
Dopo le elezioni del 28 luglio 2024, il governo di Nicolas Maduro ha annunciato l’arresto di oltre 150 “mercenari stranieri”, una prassi utile a giustificare la narrazione della “cospirazione dall’estero” e per avere qualche pedina di scambio da usare nei negoziati con altri stati. Amnesty International ha documentato diversi casi in cui la principale ragione dell’arresto è parsa proprio la nazionalità.
“Ricordiamo ai funzionari di stato che potrebbero essere implicati in sparizioni forzate, comprese quelle di cittadini stranieri, che il divieto di questo crimine è assoluto e non prevede eccezioni, anche nel contrasto a presunto ‘terrorismo’. Le sparizioni forzate sono un crimine di diritto internazionale che non prevede tempi di prescrizione”, ha sottolineato Callamard.
Yevhenii Petrovich Trush, un cittadino ucraino di 19 anni con disordine dello spettro autistico e con deficit dell’attenzione e iperattività, è stato arrestato senza un apparente motivo al ponte internazionale Atanasio Girardot, nello stato di Tachira, al confine con la Colombia dove cercava di chiedere asilo. Dal 20 ottobre 2024 se ne sono perse le tracce.
I cittadini spagnoli Andrés Martínez e Josè María Basoa sono stati arrestati nel settembre 2024 con l’accusa, secondo quanto dichiarato giorni dopo dal ministro dell’Interno, di far parte dei servizi segreti spagnoli e di una presunta rete di “mercenari” avente l’obiettivo di “attaccare” il governo venezuelano. Entrambi erano entrati in Venezuela a scopo di turismo. Le autorità di Madrid hanno negato qualsiasi loro relazione coi servizi segreti. A oggi, restano in sparizione forzata.
Alla luce dell’indagine in corso dell’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale su crimini contro l’umanità in Venezuela, il rapporto di Amnesty International approfondisce l’aspetto della sparizione forzata come crimine contro l’umanità ai sensi dello Statuto di Roma della Corte.
L’articolo 7 dello Statuto afferma che gli atti vietati, compresa “la sparizione forzata di persone”, costituiscono crimini contro l’umanità quando sono commessi “come parte di un massiccio o sistematico attacco diretto contro la popolazione civile, con la consapevolezza di tale attacco”.
Nel 2019 Amnesty International aveva denunciato l’esistenza di un massiccio e sistematico attacco contro la popolazione civile sottolineando come crimini contro l’umanità fossero in corso almeno dal 2014. Sei anni fa, l’organizzazione per i diritti umani aveva parlato di una politica statale di repressione basata su arresti arbitrari, esecuzioni extragiudiziali e uso eccessivo della forza. In seguito, aveva anche menzionato il possibile crimine internazionale di persecuzione.
Con questo suo nuovo rapporto, Amnesty International è giunta alla conclusione che almeno alcune delle sparizioni forzate che ha documentato sono state compiute nell’ambito di un attacco massiccio e sistematico contro la popolazione civile venezuelana e costituiscono un crimine contro l’umanità ai sensi dello Statuto di Roma.
“Di fronte all’incessante commissione di crimini di diritto internazionale, compresi crimini contro l’umanità, e dell’impunità prevalente nel paese, chiediamo all’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale di fare decisi passi avanti e di considerare, nelle sue indagini, anche il crimine contro l’umanità di sparizione forzata”, ha proseguito Callamard.
“Le autorità venezuelane devono porre fine alla prassi delle sparizioni forzate, senza scusa né ritardi. Le famiglie hanno il diritto di conoscere la situazione dei loro cari. Tutte le persone arrestate arbitrariamente per ragioni politiche devono essere scarcerate immediatamente”, ha sollecitato Callamard.
“Gli stati dovrebbero usare tutti i canali diplomatici e multilaterali a loro disposizione per fare pressioni sulle autorità venezuelane affinché forniscano informazioni sulle persone scomparse e scarcerino tutte quelle che sono state arrestate arbitrariamente. Gli stati dovrebbero esercitare la giurisdizione universale o altre forme di giurisdizione extraterritoriale per indagare e, laddove emergessero prove sufficienti, processare ogni presunto responsabile di sparizioni forzate”, ha esortato Callamard.
“Le autorità venezuelane stanno cercando di soffocare una società civile che, malgrado tutto, sopporta coraggiosamente attacchi e minacce, Chiediamo agli stati di rafforzare l’assistenza tecnica, politica e finanziaria alle persone che difendono i diritti umani, ai giornalisti e alle organizzazioni della società civile che operano all’interno e all’esterno del Venezuela”, ha concluso Callamard.
La Convenzione Internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate definisce la sparizione forzata come “l’arresto, la detenzione, il rapimento od ogni altra forma di privazione della libertà da parte di agenti dello stato o di persone o gruppi di persone che agiscono con l’autorizzazione, il sostegno o l’acquiescenza dello stato, seguiti dal rifiuto di riconoscere la privazione della libertà o dall’occultamento del destino o del luogo dove si trovi la persona scomparsa, condizione che colloca tale persona al di fuori delle protezioni di legge”.
La Convenzione interamericana sulle sparizioni forzate contiene una definizione molto simile: “l’atto di privare una persona o delle persone della sua o e della loro libertà in qualsiasi modo ad opera da agenti dello stato o di persone o gruppi di persone che agiscono con l’autorizzazione, il sostegno o l’acquiescenza dello stato, seguito dall’assenza di informazioni o dal rifiuto di ammettere la privazione della libertà o di fornire notizie sulla persona, impedendo dunque il ricorso di quest’ultima ai rimedi previsti dalla legge e alle garanzie procedurali”.
Nel settembre del 2018 l’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale ha avviato un’indagine preliminare su possibili crimini contro l’umanità commessi in Venezuela. Questo esame, iniziato su richiesta dello stesso procuratore, è stato sostenuto lo stesso anno da sei stati parte dello Statuto di Roma – Argentina, Canada, Cile, Colombia, Paraguay e Perú – cui si sono aggiunti l’Uruguay nel 2024 e l’Ecuador nel 2025. Nel 2020, l’ufficio del procuratore della Corte ha concluso che c’erano ragionevoli motivi per indagare su crimini contro l’umanità commessi a partire almeno dall’aprile del 2017.
Attualmente, la Corte penale internazionale sta indagando sui crimini contro l’umanità di privazione della libertà o altre gravi privazioni della libertà fisica, tortura, stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata e ogni altra forma di violenza sessuale comparabile per gravità, nonché persecuzione di un gruppo o di una collettività in ragione di una propria identità basata su ragioni politiche, razziali, nazionali, etniche, culturali, di genere o per altre ragioni universalmente riconosciute come inaccettabili.